MITTELEUROPA, IL VENTO DEL NAZIONALISMO

di Carlo Benedetti
da www.altrenotizie.org

Gli anni dell’Austria-felix, il lungo periodo della supremazia culturale dell’area danubiana, i circoli di Budapest e di Bratislava, la Praga degli intellettuali: tanti e tanti i ricordi storici e culturali di un’area di influenza germanica al centro del nostro continente. Oggi rimane ben poco di questo spirito mitteleuropeo. Tanto più che tornano ad esplodere nazionalismi di ogni sorta accompagnati da precise rivendicazioni autonomiste. C’è una “guerra” tra magiari e slovacchi dove entrano in ballo rivendicazioni di ogni sorta. E Budapest e Bratislava, che potevano sperare in una fase di tranquillità dovuta alle nuove relazioni intereuropee, si ritrovano così a fare i conti con una storia lontana. Si torna a parlare di confini, di terre, di rivincite mentre nelle pianure danubiane tornano i venti dell’estremismo e della violenza.

Ecco la Slovacchia. Con i suoi oltre cinque milioni di abitanti confina a sud con l’Ungheria. E con Budapest sembrava che tutto fosse in regola. Eppure la storia dei rapporti magiaro-slovacchi non è mai stata semplice. Gli avvenimenti di questi ultimi tempi confermano che quanto covava sotto la cenere sta venendo fuori e sta scaldando l’atmosfera politico-diplomatica. A Bratislava c’è, ad esempio, un forte calo di popolarità del Partito nazionalista slovacco di Jàn Siota e del Movimento per una Slovacchia democratica di Vladimir Meciar che, approfittando di questa situazione di transizione, soffiano sui contrasti con la minoranza ungherese per riconquistare terreno. E il problema non va sottovalutato.

La popolazione locale, infatti, pur essendo composta in prevalenza da slovacchi (86% del totale) deve sempre essere messa in relazione con una forte minoranza rappresentata dagli ungheresi (10%), che abitano soprattutto le regioni meridionali e orientali. E questo senza tener conto che in Slovacchia si trovano rom (1,7%), cechi, rumeni, ucraini, tedeschi e polacchi.
La situazione del rapporto tra le diverse componenti nazionali è poi aggravata dal fatto che Siota e i nazionalisti rappresentano agli occhi degli slovacchi un baluardo contro una Budapest che viene accusata di attuare politiche nazionaliste. Trovano, in questo anche pezze d’appoggio nella crescente popolarità dell’ungherese Viktor Orbàn, capo del partito d’opposizione ungherese Fidesz, che è stato il grande vincitore del voto europeo (56,37%) e probabile futuro primo ministro di Budapest. Orbàn sostiene apertamente le ambizioni autonomiste della minoranza magiara che vive in Slovacchia e punta a rappresentare gli interessi di tutte le comunità ungheresi fuori dai confini nazionali. In questo contesto il campo di azione dei nazionalisti ungheresi – che fanno sempre pesare quelle mutilazioni territoriali imposte dalle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale – si presenta quanto mai vasto.

I magiari, che rappresentano il 92,3% della popolazione dell’Ungheria, costituiscono anche il 10,7% in Slovacchia (nella fascia meridionale); il 6,6% in Romania (e qui in Transilvania rappresentano il 19,6% della popolazione e addirittura l’84,9% nel distretto di Harghita e il 73,81% nel distretto di Covasna); il 3,9% in Serbia, soprattutto nella Vojvodina, a Backa, nel Banato e in vari villaggi in Sirmia; meno dell’1% in Croazia; lo 0,3% in Ucraina (dove nella Rutenia sono il 12% della popolazione indigena); lo 0,2% in Austria.

Ed ora mentre in Ungheria ci si prepara al ritorno al potere del populista Viktor Orbàn, a Bratislava il partito di Siota, partner di governo dei socialdemocratici di Robert Fico, è in difficoltà. Sembra che la popolazione locale, che a lungo ha tollerato il linguaggio volgare di Siota e la sua tendenza all’ostentazione della ricchezza, mostri segni di stanchezza.
Eppure il leader resiste perché rappresenta agli occhi degli slovacchi un baluardo contro le politiche nazionaliste degli ungheresi. Da tempo, infatti, gli slovacchi seguono con preoccupazione la crescente popolarità di Viktor Orbàn il quale sostiene apertamente le ambizioni autonomiste della minoranza magiara che vive in Slovacchia.

Intanto a Bratislava la questione dell’autonomia degli ungheresi viene messa in sordina. E a porre il silenziatore sull’intera questione nazionale e nazionalista è lo stesso partito Smk. Una formazione dichiaratamente moderata che da voce alla popolazione di origine magiara. Da qualche tempo, però, il movimento è lacerato da forti tensioni per ora sotterranee. L’ex leader Bela Bugàr potrebbe, infatti, fondare una nuova formazione che accentuerebbe il disaccordo con la dirigenza del partito sulla questione dell’autonomia. E in questo contesto i rappresentanti della minoranza ungherese stanno cercando di capire come conciliare la cittadinanza slovacca con la loro identità magiara. Si rivelano così due nuove correnti. Da un lato il moderato Bugar cerca partner ed appoggi politici a Bratislava, mentre il partito Smk – con il suo presidente Pal Csaky – guarda a Budapest.

E così non è ancora chiaro dove si andrà a finire. Una cosa è certa ed è che nel frattempo – come scrive il settimanale liberale Magyar Narancs – “le violenze razziste e le manifestazioni d’odio sono all’ordine del giorno, e nei villaggi s’incontrano sempre più spesso le camicie nere della Guardia ungherese”. Gli slovacchi temono quindi un ritorno al passato. E c’è chi in Ungheria ricorda l’ammiraglio Horty che, con la sua autocrazia conservatrice, cercava di riconquistare i territori persi dopo la Prima guerra mondiale. E allora, in questa parte dell’Europa, non è più il tempo di quell’Austria-felix e di una Mitteleuropea da invidiare.