VERSO IL G8 CON UN MILIARDO DI AFFAMATI

di Elena Ferrara
da www.altrenotizie.org

La fame avanza in tutto il mondo. Nessuno colma i vuoti e le tragedie annunciate divengono crude realtà. Gli ultimi bollettini di questa globalizzazione della miseria riferiscono di un fronte che si va sempre più estendendo. Secondo le nuove stime diffuse da Jacques Diouf, Direttore Generale della Fao (l’agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), nel 2009 gli affamati saranno oltre un miliardo, un sesto dell’umanità. Questo vuol dire che avremo cento milioni di persone in più rispetto a quelle conteggiate nell’ultimo rapporto della stessa Fao.

Intanto continua il fiume di parole e di promesse mentre si prepara il famoso G8 dell’Aquila che dovrebbe avere al centro dei suoi lavori anche quello della “sicurezza alimentare”. Ma si sa già che l’equilibrio sociale è alle corde e il nuovo “record” annuncia solo tragedie. Perché siamo in presenza del più grande incremento mai registrato su base annuale delle persone finite oltre la soglia della denutrizione.

C’è, quindi, una micidiale sovrapposizione della recente crisi finanziaria con la crisi alimentare cominciata nel 2006. Si certifica così, purtroppo, l’inversione di una tendenza che aveva visto il tasso di malnutrizione diminuire dal 1969 al 2004 e si scopre sempre più che sono in ballo interessi vitali.

Tra i dati più significativi, c’è quello che evidenzia come nessuna parte del mondo sia immune dall’aumento dell’insicurezza alimentare. Il dato che al momento appare come il più significativo – tocca il 15,4 per cento – si è infatti registrato proprio nei Paesi sviluppati, mentre nell’Africa subsahariana è stato dell’11,8 per cento e nell’America latina del 12,8 per cento. Come dire che si è in tilt.

Le statistiche, se lette in un ambito geopolitico, fanno emergere un quadro quanto mai desolante. Perchè tredici anni dopo il vertice mondiale sull’alimentazione – tenutosi a Roma nel 1996 e nel quale tutti i Governi del mondo assunsero l’impegno di portare entro il 2015 sotto i 500 milioni le persone che soffrono la fame – non si sono registrati i successi annunciati. E’, quindi, impossibile coniugare politica e morale.

Secondo Diouf non bisogna comunque gettare la spugna, ma, anzi, moltiplicare gli sforzi perché il problema della fame nel mondo divenga una priorità nelle agende internazionali. Quindi ancora parole, ammonizioni, annunci apocalittici in vista del summit dell’Aquila. “La governance della sicurezza alimentare mondiale – ribadisce il direttore della Fao – deve restare un pilastro insostituibile”.

La questione, però, è soprattutto politica dal momento che l’aumento della fame a livello planetario non è la conseguenza di raccolti non soddisfacenti, ma della crisi finanziaria ed economica mondiale che ha ridotto i redditi, ha aumentato la disoccupazione e ha ulteriormente ridotto le possibilità di accesso al cibo per i poveri e in questo contesto le ostilità sono di ordine planetario. Sempre Diouf rileva che questo aumento senza precedenti del numero degli affamati è frutto della pericolosa combinazione della recessione economica mondiale e dei persistenti alti prezzi dei generi alimentari in molti Paesi. E la situazione potrebbe complicarsi ulteriormente.

Indipendentemente dalle percentuali statistiche dell’aumento degli affamati nelle diverse aree del mondo, a pagare la crisi restano soprattutto i Paesi in via di sviluppo, nei quali è concentrata la quasi totalità della popolazione sottonutrita. In questi Paesi, infatti, i trasferimenti monetari degli emigrati sono diminuiti drasticamente, insieme ai fondi dell’assistenza allo sviluppo e degli investimenti esteri, con conseguenze da un lato sulla produzione e dall’altro sulla sicurezza e la protezione sociale.

Diouf sostiene che il problema della fame nel mondo oggi non riguarda più la mancanza di mezzi, tecnologie o programmi, ma è esclusivamente politico: “I leader mondiali – dice – dovrebbero mettere la lotta alla fame in cima all’agenda internazionale, per avviare programmi che consentano di assicurare il diritto fondamentale, quello all’alimentazione, a una popolazione che nel 2050 supererà i 9 miliardi di persone”. In merito, Diouf ricorda come questa crisi alimentare costituisca un serio rischio per la pace e la sicurezza.

“Abbiamo urgentemente bisogno – nota il Direttore Generale della Fao – di creare un largo consenso riguardo al totale e rapido sradicamento della fame nel mondo, e di intraprendere le azioni necessarie ad ottenerlo. L’attuale situazione dell’insicurezza alimentare nel mondo non ci può lasciare indifferenti”.

Le valutazioni della Fao sono condivise dalle principali agenzie mondiali del settore. Secondo Mattew Wyatt, vicepresidente del dipartimento per gli Affari esteri del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), la strada da seguire non può che essere quella di puntare sull’agricoltura.

“In periodi di crisi – nota Wyatt – c’è sempre la tendenza a ridurre gli investimenti pubblici nel settore agricolo, ma la storia ci insegna che proprio in queste situazioni il sostegno all’agricoltura andrebbe aumentato”. Secondo il dirigente dell’Ifad, bisogna sostenere i piccoli agricoltori, da cui dipende l’alimentazione della metà della popolazione mondiale e la quasi totalità di quella dei Paesi in via di sviluppo. Wyatt sottolinea che fornendo loro l’accesso ai mezzi di produzione e alle tecnologie, la resa dei raccolti può essere triplicata, con benefici immediati sulla popolazione e impulsi alla crescita economica nel lungo periodo.

Su questa linea si esprime anche Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu, che ha lanciato un monito ai leader dei Paesi sviluppati, anche in merito agli allarmi provocati in molti di tali Paesi dall’aumento dei flussi migratori: “Se vogliamo ridurre l’emigrazione – dice – dobbiamo combattere la fame”.

E’ su questo punto che i paesi sono chiamati a fare quadrato; lasciando da parte, per esempio, il vecchio armamentario retorico. Perché, per ora, sono i fattori negativi ad avere ragione. La fame non si combatte con le parole quando si parla di oltre un miliardo di affamati. Un sesto dell’umanità.