Molti colpevoli, ma ignoti e coperti. Come si archivia uno sgombero violento

di Pino Cabras
da www.megachip.info

Era il 6 dicembre 2005 a Venaus, in Val di Susa, quando il presidio del movimento NO TAV venne sgomberato dalla pubblica sicurezza. Nell’esercizio dell’operazione di sgombero furono commessi dei reati.

La sentenza depositata dal giudice delle indagini preliminari Dante Cibinel lo dice ora in modo inequivocabile, nonostante l’archiviazione: «Pacifici e inermi cittadini sono stati trattati come violenti teppisti». È «assodata la commissione di atti di violenza ingiustificata da parte di pubblici ufficiali nei confronti di pacifici cittadini», violenza riconducibile a «reati di lesioni personali volontarie (talora concorrenti con il delitto di violenza privata)».

Non vale nemmeno la solita conta dei feriti delle due parti: il giudice ricorda che «tutti gli agenti ai quali sono stati rilasciati certificati medici risultano essere stati feriti in altre circostanze».

E allora perché l’archiviazione? Il fatto è che «non sono identificabili le persone [agenti] che hanno individualmente inferto le lesioni ai danni dei manifestanti». Il giudice spiega che non c’era altra scelta che archiviare. I picchiatori non hanno un volto. E la responsabilità penale invece lo deve avere, personale e distinto dal mucchio.

Anche se non ci sono sanzioni a carico degli agenti, qualche responsabilità viene indicata ugualmente, specialmente in capo alla catena di comando: le violenze sembrano rispondere a «indicazioni operative espressamente date» e soprattutto «le dichiarazioni (…) dei dirigenti e funzionari della Polizia [risultano] nel loro complesso sostanzialmente contrastanti con l’accertamento di quei fatti». Si stanno contestando bugie e omissioni.

Amare le considerazioni del giudice «si faticherebbe a scegliere se preferire una categoria di funzionari tanto sprovveduti [da non vedere l’evidenza] (…) o una categoria di funzionari che mentono all’autorità giudiziaria».

In vista del G8 si accrescono le preoccupazioni, perché quel che viene segnalato dalla sentenza sulle violenze contro gli oppositori all’Alta Velocità in Val di Susa è in realtà un modo di operare più esteso, coperto da uno spirito di corpo che spesso nasconde i fatti e copre importanti reati.

Nella notte di Venaus avvennero dunque delle violenze non commisurate alla resistenza dei presidianti, queste violenze furono perpetrate da agenti di polizia e dirigenti della Questura di Torino, che però non possono essere individuati come responsabili perché bardati da caschi e passamontagna i primi, reticenti e menzogneri i secondi, conclude il GIP.

In quella occasione lo sgombero era stato pianificato qualche ora prima in una riunione nell’aula magna del Reparto Mobile. Anche se l’ordine era di limitare le manganellate, la cosa non valeva per gli esponenti dei centri sociali presenti, sui quali non sarebbe stato risparmiato l’uso dello sfollagente.

I feriti di quella notte non mentivano, quando raccontavano che le botte erano tutte dovute all’azione di polizia, perché «alla luce dell’estensione delle violenze non può non evocarsi, di uno scarso livello di professionalità, tecnica e/o sotto il profilo della cultura democratica, del personale operante». Un tipo di impreparazione che ricalcava quello del G8 di Genova del 2001, quando il clima dell’ordine pubblico era già troppo “cileno” di suo.

Sebbene la catena delle responsabilità resti un garbuglio, Cibinel disapprova comunque una complessiva inadeguatezza delle autorità a controllare gli «eccessi di violenza» nel mantenimento dell’ordine pubblico.

Questo è il massimo di verità ottenuto in un tribunale. Nessuno paga, ma si può comunque vedere che questa verità comincia a collimare con la storia raccontata ormai in molte pubblicazioni, in svariati filmati e nei racconti di chi a Venaus c’era.