G8, un buco nell’acqua

di www.aprileonline.info

Nuovi principi, ma dove sono i cambiamenti reali? Dietro le parole si nascondono nuove, pericolose, liberalizzazioni. La coalizione Help Local Trade dà appuntamento a Roma e a Ginevra per i vertici di Fao e Wto dove movimenti e ong sventeranno ogni nuovo tentativo di svendere i diritti di tutti

Il G8 de L’Aquila si è chiuso con un fallimento rispetto agli obiettivi prefissati. Sulla lotta ai cambiamenti climatici i Paesi più industrializzati non sono stati in grado di produrre un’offerta convincente, così da coinvolgere le economie emergenti, mentre in ambito economico e finanziario non si è riusciti a far avanzare misure concrete in vista del prossimo G20 di Pittsburgh. I grandi si sono poi ritrovati a fare nuovi vaghi impegni per l’Africa e contro la fame nel mondo. Impegni che mancano della necessaria credibilità, dal momento che numerose promesse del passato non sono state mantenute.

L’incertezza sul passaggio dal formato attuale a un ipotetico G14 non fa che certificare l’obsolescenza di questo tipo di incontri, al di là dei gravi attacchi diretti del premier Silvio Berlusconi alle Nazioni Unite.

Il G8 non ha alcuna intenzione di rimettere in discussione il fallimentare modello di sviluppo imposto al resto del pianeta negli ultimi decenni. Oggi la crisi economica generata dal ricco Nord ha impatti devastanti sui Paesi più poveri e il G8, dopo aver snobbato la conferenza ONU sulla crisi di due settimane fa, manda segnali contraddittori e poco chiari ai più poveri. Da un lato parla per la prima volta di un maggior sostegno ai piccoli contadini africani ed ai mercati locali per far fronte alla crisi alimentare, dall’altra chiede maggiori liberalizzazioni proprio alle realtà del Sud del mondo e promuove sempre più gli investimenti delle proprie multinazionali in nome del rafforzamento del mercato globale oggi in crisi. Per fortuna questo forum è arrivato al capolinea ed è sempre meno ascoltato da coloro che nel Sud del mondo cercano un diverso percorso di sviluppo.

Il documento finale sulla sicurezza alimentare redatto e approvato da G8+5, più alcuni Paesi africani più un pattuglione di organizzazioni internazionali – FAO, IEA, IFAD, ILO, IMF, OCSE, UN High Level Task Force on the Global Food Security Crisis, WFP, World Bank, WTO a alcune realtà private e miste come Alliance for a Green Revolution in Africa (AGRA), Bioversity/Consultative Group on International Agricultural Research (CGIAR), Global Donor Platform for Rural Development, Global Forum on Agricultural Research (GFAR), non può fare a meno di riconoscere e di assumere le parole d’ordine e le richieste dei movimenti. I Grandi hanno riconosciuto che una sicurezza alimentare sostenibile, un’alimentazione sufficiente e un’agricoltura anch’essa sostenibile devono essere affermate come priorità nell’agenda politica, e per assicurarle debbono essere coinvolti tutti gli attori sociali rilevanti, – dalle istituzioni, ai piccoli produttori, al settore privato, a livello globale, regionale e nazionale.

La cattiva notizia, secondo la coalizione Help Local Trade – che coordina ong Crocevia, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Fair, Mani Tese, ong Mais e Servizio Civile Internazionale e lavora per la promozione delle economie locali e solidali in risposta alla crisi della globalizzazione – è che questo testo mantiene al centro, in parallelo, i vecchi attori e modelli: una nuova spinta al libero commercio e alla WTO per risolvere la crisi, che Berlusconi stesso ha indicato come strumento strategico per permettere ai paesi poveri di battere la povertà, annunciando una mini-ministeriale per i primi di settembre che dovrebbe portare la WTO fuori dalle secche presenti.

“Leggendo la dichiarazione dei G8 – sottolinea Antonio Onorati dell’ong Crocevia – ci è chiaro che il recupero delle parole d’ordine che il movimento contadino ha prodotto negli ultimi 15 anni, a partire dal protagonismo dei piccoli produttori e dei mercati locali, nasconde la loro impotenza a pensare ricette autonome. Tentano sotto questa coperta di rilanciare la WTO che è tra i principali responsabili, insieme agli aggiustamenti strutturali della Banca Mondiale dei 100 milioni di nuovi affamati registrati nell’ultimo anno, una buona parte dei quali sono, per la prima volta, abitanti dei paesi OCSE, cioè del cosiddetto “primo mondo”.

“Il tentativo, emerso nelle prime bozze del documento, di dare ancora alla volta alla Banca mondiale la gestioni dei fondi per l’agricoltura e la sicurezza alimentare – rivela Antonio Tricarico, di Campagna per la Riforma della banca Mondiale – è stato per il momento bloccato, e questo è un segnale positivo che oramai dimostra come non è più soltanto il G8 a decidere le sorti del pianeta. Oggi la sfida diventa quella del rafforzamento di quelle agenzie delle Nazioni Unite che, a differenza delle istituzioni finanziarie internazionali possono essere riformate a favore degli interessi dei piccoli contadini e del’agricoltura familiare”.

“Le liberalizzazioni commerciali già in corso dalla fine degli anni Ottanta – ha aggiunto Monica Di Sisto dell’organizzazione equosolidale Fair – come abbiamo imparato dai piccoli produttori risollevati dalle economie solidali, non hanno evitato la crisi, anzi l’hanno accelerata, e voler chiudere gli occhi su questa realtà rischia di condannare a morte certa altre centinaia di milioni di cittadini. Per questo a settembre e a novembre prossimi, in occasione dei vertici di Wto e Fao, le nostre organizzazioni lavoreranno per sventare ogni tentativo di liberalizzare diritti essenziali come agricoltura, servizi e investimenti”.