Piccole torture quotidiane

di Angelo d’Orsi
da www.micromega.net

Che il liberalismo sia ormai una farsa, e talora una tragedia, mi pare sotto gli occhi di tutti; che le democrazie siano senza democrazia (come recita il titolo di un libro ora apparso di Massimo Salvadori), sto cercando di dimostrarlo, su questo spazio; e che la nostra “democrazia” stia scivolando verso forme prerivoluzionarie, ossia antecedenti a quel 14 luglio che solo un paio di giorni fa qualcuno ha festeggiato, beh, anche questo almeno al sottoscritto appare evidente.

Questi nondimeno sono discorsi generali, a carattere macropolitico. Ma se guardiamo alla quotidianità, anche fuoruscendo dallo spazio pubblico, che cosa troviamo nella polis? Troviamo cittadini che se ne fregano di esser tali, e si accontentano di vivere da consumatori; o tutt’al più come cittadini passivi, rinunciando ad ogni forma di cittadinanza attiva (come si conquisti e come si realizzi quest’ultima è presto detto: attraverso la storia, che, sola, toglie il presente dalla sua piattezza, e ci può rendere consapevoli del nostro ruolo, dei nostri diritti e dei nostri doveri). Troviamo disinteresse per la “cosa pubblica”, lassismo nei comportamenti attinenti ad essa, furbizie e trucchi per elidere le norme, evadere le tasse, sottrarsi alle leggi. Da questo punto di vista, il famigeratissimo Lodo Alfano è lo specchio iperrealistico dell’italiano medio, che altro non sogna di essere immune da quel “fastidio” costituito dall’osservanza delle leggi, delle regole, dei tributi. Molti che intervistati ci dicono: “che schifo, quel decreto!”, in realtà, in cuor loro – ahinoi – vorrebbero avere per sé un simile scudo protettivo. (Qualcosa, faccio osservare, che nessun dittatore moderno ha mai pensato, né realizzato).

Ma se i cittadini mostrano scarso interesse alla partecipazione alla vita collettiva (al di là degli stadi, sia per partite di calcio, sia per concerti di stelle della musica leggera), è altrettanto vero che essi non sono incoraggiati in tale direzione. Anzi, tutto sembra ostacolare una retta percezione del rapporto fra i singoli e la comunità. E, soprattutto, il cittadino singolo – che non sia in grado di sostenere un’azione collettiva, all’interno di un gruppo organizzato: la class action, di cui si parla oggi, senza renderla possibile concretamente – è troppo spesso indifeso, in balia di poteri estranei, spesso non ben definiti, non identificabili in persone, e neppure in luoghi topografici.

Sali su un treno e non sai se e con quanto ritardo esso giungerà a destinazione. I cessi fanno schifo, ma non sai come rimediare. L’aria condizionata non funziona. I sedili sono sporchi. E dunque? A chi lo segnali? A un distratto ferroviere che capisci che ha ben altri problemi…? Ti dici “basta!”.E decidi:“la prossima volta prendo l’aereo”. Benissimo. L’aeroporto che frequento di più, Torino Caselle (intitolato, chissà perché, a quel galantuomo di Sandro Pertini), ha visto i voli della famigerata Cai ritardare, pesantemente, in quasi due terzi del totale, negli ultimi mesi. Per tacere dei voli cancellati all’ultimo momento (ma questo mi è capitato in vari aeroporti, anche fuori d’Italia; e questo capita anche con i treni, che misteriosamente, vengono “soppressi”; espressione più forte di quella aeronautica che parla di voli “annullati” o appunto “cancellati”). E, fermandosi all’esperienza personale, per risparmiare sul biglietto, ricorri all’e-ticket, il biglietto elettronico. Mentre hai fatto tutta la procedura, e comunicato i dati della carta di credito, il tuo pc va in tilt, e allora ricominci da capo, e rifai la procedura; ma scopri che il collegamento precedente era andato a buon fine e tu ti ritrovi con biglietto doppio. Provi ad annullarlo per via elettronica, ma è impossibile. Chiami il numero verde, ma devi rivolgerti a quello a pagamento, cosa che fai, dopo un rapidissimo calcolo costi/benefici. Dopo una lunga conversazione nella quale fornisci tutti i dati richiesti, ecco la sentenza: devi inviare un fax. Cosa che fai immediatamente. Ti avvertono che passerà qualche mese. A me è capitato tutto questo (con AirOne), tre anni fa. Anzi un po’ di più di tre anni fa. Nulla è accaduto, e la cifra era cospicua, trattandosi di un viaggio per due persone. Andata/ritorno…

In compenso, quando vado in automobile sono un guidatore prudente e soprattutto disciplinato. Un giorno però ho sforato le ore del posteggio a pagamento. Mi fermo, insomma, oltre la sosta pagata: trovo il simpatico avviso sotto il tergicristalli. Vado ipso facto in tabaccheria a pagare. E pago senza batter ciglio: 71 euro. Mi pare un po’ caro, trattandosi di venti minuti scarsi, e poi è la prima multa del genere della mia carriera di automobilista rispettoso di segnali d’ogni genere; dunque non sono edotto sulle tariffe sanzionatrici. Scopro per caso il giorno dopo che la “sanzione amministrativa” era di soli 21 euro, e la gerente della tabaccheria, per la fretta e la disattenzione, ha letto 71. Provo a chiedere agli addetti dell’azienda che si occupa di questo “lavoro sporco” e dopo varie consultazioni mi rinviano alle guardie municipali, che mi rinviano all’Azienda. Che mi rinvia alla tabaccheria. La proprietaria gentilmente invia un fax, seguendo la procedura. Sto ancora aspettando il rimborso (sono solo passati tre anni…, i tre anni regolamentari!). Intanto, però, sono diventato un cittadino fornito di telefono palmare con contratto Tim. Peccato che alla prima bolletta mi trovi addebitato il costo di due utenze. Protesto. Mi chiedono il solito fax. Anche in questo caso è trascorso il biennio minimo, di prammatica. Di rimborso non se ne parla. Ho deciso semplicemente di chiudere il contratto. Tim, addio!

E l’elenco potrebbe esser continuato e implementato da ciascuno dei miei lettori. Centinaia di piccoli soprusi, che ci sfiancano e ci deprimono; migliaia di vessazioni inutili, quanto fastidiose, che subiamo quotidianamente; il potere che ci si palesa solo per intimidirci o chiederci qualcosa, mai per proteggerci contro le tante prepotenze che su di noi esercitano le banche, i trasporti aerei e terrestri, le società telefoniche, quelle del gas e dell’energia elettrica, gli “addetti al traffico”, e via seguitando, in un catalogo di persecutori che ci angustiano l’esistenza. Che senza di loro non sarebbe certo più felice, ma, magari, un pochino più serena, sì. E soprattutto, non ci farebbe troppe volte sentire estranei nelle nostre città, nelle nostre strade, sui nostri treni, nei nostri uffici delle imposte, negli uffici postali, nelle sedi di polizia, o aggrappati alla cornetta di un telefono nella vana attesa di una voce umana con cui si possa dialogare, spiegando la disfunzione di cui il nostro elettrodomestico soffre.

Se il liberalismo è la dottrina che teorizza e difende la libertà dei singoli, possiamo già darlo per morto. Altro che trionfo liberale dopo la caduta del Muro! Certo, il socialismo è defunto ancora prima; ma pur continuando a credere (fermamente) che un altro socialismo sia possibile, forse sarebbe intanto il caso di pensare di attuare almeno un vero, decente e conseguente liberalismo. A prenderlo sul serio (come invitava Paolo Flores d’Arcais qualche anno fa, in un suo libro). Ma ci sono liberali, in questo Paese?