Piergiovanni Palminota

COMUNITA’ CRISTIANE DI BASE
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Segreteria Tecnica Nazionale

Carissime/i,
ieri mattina (11 luglio, ndr) alle 11.00 è tornato alla casa del Padre un caro amico delle comunità di base: Piergiovanni Palminota.
Era una persona che parlava poco della sua vita professionale di magistrato e della sua vita privata, ma che nei nostri incontri liturgici si faceva apprezzare molto per la precisione e la profondità dei suoi interventi di un uomo fortemente impegnato nel dissenso cattolico, di limpida rettitudine e di grande fede.

Per la Segreteria Tecnica Nazionale
Rosario Carlig

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(11 luglio) Questa mattina alle 11.00 é morto Piergiovanni Palminota: uno dei soci che hanno fondato l’associazione del Guado una ventina di anni fa; una delle persone che ha sempre accompagnato con il suo sostegno e la sua simpatia le iniziative che il gruppo ha portato avanti; uno dei pochi esponenti del Guado che non ha avuto paura di esporsi in prima persona per dare voce al nostro tipo di esperienza; l’unico italiano che ha mai presieduto il Forum Europeo dei gruppi di omosessuali cristiani quando si é svolto ad Agape nel 1989.

Oltre che per il suo lavoro di magistrato Piergiovanni Palminota si é fatto conoscere per la sua attività giovanile all’interno del movimento per la Pace e per la sua continua testimonianza di prossimità nei confronti delle esperienze cristiane vicine alle comunità di base e, più in generale, al dissenso cattolico. Ecco perché mi pare giusto ricordarlo con questa email che mando a tutti voi.

Piergiovanni Palminota era una persona che parlava poco della sua vita professionale o della sua vita privata. Ogni tanto scoprivamo che era partito per qualche viaggio eccentrico, come quello che l’aveva portato, una decina di anni fa, a Tristan de Cuna, l’isola sperduta in mezzo all’Atlantico e raggiunta solo due volte al mese da un piroscafo che viene dall’isola di Sant’Elena, dove 274 abitanti giurano su una costituzione dove è scritta una frase che a Piergiovanni era piaciuta moltissimo: «Nessuno prenderà superiorità alcuna su un altro e ciascuno sarà considerato come un uguale sotto tutti gli aspetti».

Anche questa volta Piergiovanni ha deciso di intraprendere il suo ultimo viaggio da solo, senza dare troppa pubblicità alla cosa. E anche questa volta speriamo di incontrarlo ancora un giorno e di sentirci raccontare dalla sua voce, i momenti più significativi della sua ultima umana avventura.

I funerali si svolgeranno martedì 14 Luglio alle 10.00 presso la clinica Santa Rita di Paderno Dugnano.

Gianni Geraci

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Il testamento spirituale di Piergiovanni Palminota

Compiendo oggi, per grazia di Dio, il mio cinquantesimo anno di età, revoco ogni testamento procedo con la nomina di un erede universale di mia cugina ……… , sicuro che si prenderà cura, così come fecero sua mamma e sua nonna, della nostra tomba di famiglia a Ventimiglia, dove sono stati e saranno sepolti i nostri cari e dove io pure voglio essere sepolto, nel loculo contiguo a quello in ove giace mia Mamma, Silvia Laurina Odetto. Sulla lapide dovrà scriversi solo il nome e cognome, la data di nascita e quella di morte.

Nei limiti consentiti dalla legge rifiuto ogni consenso al trapianto di organi e ad ogni altra manomissione delle mie spoglie.

A tutti i parenti e a tutti gli amici, esprimo affetto e gratitudine senza limiti, su tutti invoco la benedizione dell’altissimo.

Professo la fede in Gesù Cristo e intendo morire in comunione con la chiesa cattolica, ma rifiuto i cosiddetti funerali religiosi i quali sono, a mio avviso, nell’attuale momento storico e soprattutto in Italia, segno di una religione ridotta, nella maggior parte dei casi, a un fenomeno meramente esteriore e di convenienza sociale. Funerali religiosi, matrimoni religiosi, prime comunioni, battesimi dei bambini sono tutte cerimonie alle quali pochi sanno sottrarsi, anche fra i non praticanti. Questa situazione nuoce all’autenticità e credibilità dell’annuncio evangelico. Essa contribuisce a consolidare il potere politico e sociale delle istituzioni ecclesiastiche in un paese che, stando alle statistiche dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali, appare religioso e cattolico nella quasi totalità dei suoi abitanti, mentre invece la realtà è ben diversa.

Per quanto ho potuto, mi sono impegnato nella lotta per una chiesa libera e senza potere in una società dalla quale fossero banditi ingiustizie e compromessi. Non voglio che il mio funerale sia in contraddizione con la mia vita. Perciò, se qualche persona delle comunità cristiane di base ( i cosiddetti «cattolici del dissenso»), l’impegno delle quali ho condiviso, vorrà leggere qualche passo della Sacra Scrittura, recitare qualche preghiera, suonare e cantare qualche pezzo, il tutto con la convinta partecipazione di alcuni almeno dei presenti, sarà ben fatto. Se ciò non fosse possibile, si metta soltanto la croce e non si compia alcun rito, salvo qualche preghiera. Meglio, comunque, il silenzio, piuttosto che qualcosa di inappropriato. In nessun caso, poi, ministri di culto, eventualmente presenti al funerale, potranno indossare paramenti o stole, impartire benedizioni, compiere aspersioni. In nessun caso, infine, il funerale potrà svolgersi dentro una chiesa o cappella.

Oltre a ciò, voglio che il funerale si compia nel modo più semplice, con pochissimi fiori, e che in esso sia data lettura, pubblicamente ed ad alta voce, del presente testamento dalla prima all’ultima parola. Inoltre una copia integrale del testamento dovrà essere consegnata a tutti i presenti, oppure, se ciò non fosse possibile, si provvederà in un momento successivo a spedirla per posta. In ogni caso si spedirà tale copia a tutti i miei parenti, amici e conoscenti che non siano intervenuti al funerali i cui nomi e indirizzi si riusciranno a ricavare dalle mie carte.

Mi sia permesso ora di esprimervi alcune considerazioni conclusive.

Magistrato, credo di non aver commesso ingiustizie e di non aver mai prestato ascolto a voci di lusinga o di minaccia, né assecondato calcoli politici. Se ho commesso errori, per ignoranza o negligenza, ne chiedo perdono a Dio e a chi ne ha subito danno.

Uomo non immune da debolezze e da difetti, ho saputo accettare il mio destino. Credo di avere, non tanto offeso, quando piuttosto infastidito e sconcertato molti con le asperità e le eccentricità del mio carattere, nonché con la mia pedanteria. Mi si voglia, se è possibile, compatire e perdonare, pensando che mai, in nessun caso, ho voluto male a qualcuno e che, quando erano in gioco beni primari, ho saputo superarmi.

Esprimo infine la mia speranza con le seguenti frasi (che mi riescono più familiari in latino) tolte dalle sacre scritture o dalla liturgia..

«Vita mutatur, non tallitura et, dissoluta terrestri huis incolatus domo, aeterna in coelis habitatio comparatur»«Dilexi iustitiam, odi iniquitatem» «In te Domine speravi, non confundar in Aeternum»

Scritto interamente di mia mano e sottoscritto in Roma, addì quindici gennaio millenovecentoottantotto. Piergiovanni Palminota “

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(17 luglio) Ho parlato con il medico che l’aveva in cura a Paderno Dugnano, dove era stato trasferito dopo due mesi di degenza a Voghera.

Mi ha detto che la situazione di Piergiovanni era disperata a causa di un mieloma che non era stato mai diagnosticato. La cosa che lo meravigliava era il fatto che una malattia così semplice da diagnosticare non fosse stata individuata se non per caso.

La cosa che avrebbe dovuto insospettire il medico curante di Piergiovanni avrebbe dovuto essere l’incidente che gli era capitato nel Novembre scorso, quando ha iniziato ad accusare problemi alla gamba dopo, questo quello che diceva Piergiovanni «essere s
alito in modo maldestro su un treno».

Hanno pensato a un problema osseo dovuto a un movimento infelice, invece non era altro che una conseguenza di un malattia che, come il mieloma, rende fragili le ossa (il medico mi ha detto testualmente: «E’ come se le ossa diventassero di cristallo»). Piergiovanni è andato avanti per diversi mesi a curare questa lussazione andando regolarmente dal fisioterapista, ma le cose non sono mai migliorate. Visto che le condizioni generali non miglioravano, verso la fine di marzo, ha deciso di fare le analisi del sangue e ha scoperto che il mieloma che gli hanno diagnosticato, non solo era in fase molto avanzata, ma aveva compromesso anche la funzionalità renale.

A questo punto Piergiovanni è stato ricoverato all’ospedale di Voghera dove ha iniziato la dialisi. Le sue condizioni generli, però, non miglioravano, anche perché aveva bisogno di sottoporsi a una terapia riabilitativa per riprendere a camminare. Di qui la scelta di trasferirlo a Paderno Dugnano, in un centro specializzato per la riabilitazione che sta all’interno dell’ospedale San Carlo, dove avrebbe potuto comunque continuare la dialisi e, soprattutto, dove l’avrebbero curato per il mieloma.

L’ictus che l’ha ucciso, a detta del medico, è una complicazione che qualche volta insorge nei pazienti dializzati ed è arrivato tre settimane dopo il suo arrivo a Paderno Dugnano. L’agonia è durata poco più di cinque giorni e la morte é arrivata in un momento in cui sembrava che Piergiovanni si stess per riprendere.

In ogni caso il medico che l’ha seguito mi ha detto che la situazione di Piergiovanni era comunque compromessa e che sarebbe comunque mancato in poco più di un anno dopo quella che ha definito «una via crucis».

Sulle cause della morte direi che è tutto.

Quanto ai funerali direi che sono stati come li ha voluto lui. Non ho capito perché hanno deciso di farli nella cappella dell’ospedale, visto che era disponibile anche una sala incontri, ma non mi pare un grande problema. La scelta di non avere funerali religiosi e la richiesta di pregare in maniera semplice e senza paramenti è stata rispettata.

Durante gli interventi che alcuni dei presenti hanno fatto per commemorare la figura di Piergiovanni è emersa la profonda coerenza che l’ha comunque caratterizzato: anche se i suoi collaboratori del tribuntale sapevano molto poco della sua vita privata e noi non conoscevamo quasi nulla della sua attività professionale ci siamo accorti che in Piergiovanni era presente in maniera molto forte il desiderio di servire la verità. Da questo punto di vista Piergiovanni si colloca agli antipodi rispetto al pensiero debole: lui era convinto che la vertà non solo ci fosse, ma che fosse anche alla nostra portata. L’ha servita e l’ha seguita con un’intransigenza, accettando di pagarne le conseguenze in prima persona.

Abbiamo capito che quel suo sorriso da bambino scoperto a fare una marachella che, qualche volta spezzava il profilo arcigno del volto, non era altro che l’emergere di quel bambino che, in Piergiovanni, non ha mai finito di vivere. Quello stesso bambino che lo spingeva a non accettare compromessi nella sua ricerca delle risposte. Quello stesso bambino che l’ha spinto a chiedere di essere sepolto di fianco alla sua mamma nella tomba di famiglia.

Gianni Geraci