Aquila, la rabbia di Cialente

di Red.
da www.aprileonline.info

Non solo “non è giusto”, ma “è impossibile” per gli aquilani pagare le tasse più gli arretrati dal primo gennaio prossimo, perché la città è all’anno zero, e nessuno lavora. “Qui facciamo i conti ogni giorno con la paura di non farcela”: non denuncia soltanto, lo giura su quanto ha di più caro, il sindaco dell’Aquila che per protestare contro la norma fiscale è “pronto a restituire la fasci a tricolore nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”

“Sono pronto a restituire la fascia tricolore al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”, è il grido di dolore e rabbia del primo cittadino dell’Aquila, che aggiunge, quasi a scusarsi: “E sono mortificato di essere stato costretto a tirare in ballo anche il presidente Napolitano, da un punto di vista istituzionale mi pesa molto”. “Lo giuro – aggiunge accorato – la mia gente non è in grado di affrontare queste tasse. Niente è tornato alla normalità, siamo all’anno zero con l’economia. I cittadini, gli imprenditori, gli artigiani non hanno nemmeno un posto dove lavorare. E ora sono nel panico per i soldi che gli viene chiesto di restituire”.

“Sto impazzendo – confessa il sindaco dell’Aquila – per organizzare la città temporanea dove far aprire le attività, dai dentisti ai notai alle farmacie. Mi sono dovuto inventare una nuova pianta organica delle farmacie perché qui ne sono cascate la metà”. La zona rossa è tutto il centro storico, ricorda il sindaco, che avverte: “I lavoratori autonomi non sono in grado di pagare le tasse quando nulla è tornato alla normalità. Qui siamo all’anno zero”. Gli abruzzesi – sottolinea Cialente – non chiedono ‘favori’ ma tempo, così come è stato dato ad altri, ad esempio come per l’Umbria, che dopo il sisma ha dovuto pagare solo il 40% e dopo 12 anni.

“Far restituire agli aquilani – ribadisce Cialente – il 100 per cento al primo gennaio 2010, tra meno di sei mesi, i mutui, l’Ici per la seconda casa distrutta, è impensabile. Vedo i miei autonomi, soprattutto i commercianti, che hanno perso tutto, nel panico”. “Non sanno nemmeno dove andare a lavorare. E’ tutto distrutto, anche io non ho l’ufficio del sindaco, e ricevo la gente per strada, sul piazzale, nel chiosco all’aperto per questo – aggiunge quasi a volere aggiungere pur nella disperazione un sorriso – sono abbronzato, ma solo le mani e dal collo in su”.

Tasse, contributi, Ici sulla seconda casa, mutui, dna casa, quando “qui non lavora nessuno. Gli unici sono quelli che hanno aperto in posti impensabili chioschi dove vendono arrosticini e birra. I supermercati che hanno riaperto incassano 300 euro al giorno. Non cela gente. L’università su tre giorni a settimana fa un turno di 12 giorni. Non arrivano i soldi della Cig, nei campi la gente non ha più un soldo, ci sono donne sole con figli ridotte alla disperazione. Se non si viene qua non si capisce quello che è successo. Qui non c’è più L’Aquila oggi, c’è solo una città fantasma”. Eppure “alcune banche stanno richiedendo agli imprenditori di rientrare dal primo di agosto”.

E ora i terremotati devono anche fare i conti con la paura di non farcela: “L’impatto sulla gente della notizia di dover pagare le tasse – racconta Cialente – ha diffuso il panico”.

“Non siamo in condizioni di pagare le tasse, io capisco le difficoltà del Paese, ma ci sentiamo abbandonati”, dopo la solidarietà e la commozione del dopo terremoto è ora che gli aquilani chiedono non aiuto ma la possibilità di ricostruire davvero il loro territorio, “ma così uccidono il tessuto sociale: molti commercianti stanno decidendo di andare via. Ho ancora 30mila persone fuori dalla città, 20mila nelle tende, ci sono 12.900 famiglie che non hanno una casa dove rientrare, perché quel che è rimasto è da abbattere. E come può – denuncia Cialente – ripartire la città, i cittadini iniziare a pagare i mutui. Mi sento abbandonato dal Paese: noi abbiamo perso l’appiglio e stiamo appesi nel vuoto, se la camera, che è l’Italia, decide di ‘tagliare la corda’, dicendo siete tornati alla normalità pagate le tasse, noi non ce la possiamo fare”.

Di fronte a questo “io non mi dimetterò – prosegue il sindaco – mi devono cacciare, ma non posso far altro che l’atto più doloroso, per me, per un ex deputato: consegnerò la fascia ufficiale di sindaco nelle mani del presidente della Repubblica e indosserò mai più la fascia tricolore”. Quello di Massimo Cialente è quindi un appello “al Paese perché si renda conto” ma anche una dura protesta: “Farci pagare le tasse, così come è previsto dalla norma allo stato attuale, è un tale atto di ingiustizia. Avrò perso l’orgoglio di essere un pezzo di questo Paese, non potrò più indossare quella fascia”.

Il premier Silvio Berlusconi ha promesso che troverà il modo per non far pagare le tasse agli aquilani: lunedì prossimo la Commissione congiunta di finanze e bilancio discuterà gli emendamenti presentati in Parlamento, ma allo stato attuale i terremotati oltre a dover pagare i mutui, devono restituire il 100% delle tasse e degli oneri previdenziali arretrati e sospesi per il terremoto in 24 rate a partire da primo gennaio 2010.

Ma non è più il tempo delle parole e le promesse del premier non bastano: “Ammettiamo che come dice Berlusconi un sistema per non farle pagare si trovi, ma se lunedì la norma passa, come devo credere che poi verranno tolte a novembre? Gli imprenditori come programmano la loro vita economica? Come dormono la notte?”. E allora “non si indosserà più nel comune dell’Aquila la fascia tricolore, neanche per i matrimoni, se la legge ci obbliga, allora non li faremo o li faremo altrove. E chiederò agli altri sindaci del cratere di fare altrettanto. Chiederò al presidente della Repubblica Napolitano di ricevermi, e gli consegnerò la fascia tricolore. Se non mi riceverà, la lascerò davanti a uno dei corazzieri: lo devo fare, perché così non è giusto”.

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COME VOLETE CHE SI STIA QUI…MA LO SAPPIAMO SOLO NOI

di Laura Tarantino
da http://alessandrotauro.blogspot.com

La gente mi chiede come sto. Come volete che stia? DI MERDA. Stiamo tutti di merda, 70.000 persone stanno di merda. Senza casa, senza la città, senza tessuto sociale, senza gli uffici. Molti di noi non rientreranno nella loro casa se non tra molti anni (me compresa), molti di noi non ci rientreranno più, perché la casa la hanno già perduta, o perché gliela stanno per abbattere. Tutti non rivedremo la città ricostruita prima di 7/8 anni, almeno. Le persone anziane rischiano di non rivederla mai più.

Tra parentesi: non viene neanche data comunicazione ai proprietari che le case vengono abbattute, ci si aspetta che siano loro ad informarsi. Che so, una cosa tipo: “scusi, che per caso state per abbattermi la casa? ah no? allora che faccio, ripasso tra qualche giorno e magari me lo dite?”

E intanto che facciamo? Chi può lavora, lavora 100 volte più di prima, lavora in condizioni disastrate e disperate. Anche perché tutti gli aspazi agibili in città sono stati occupati dalla Protezione Civile, obbligando altri operatori cruciali per la ripresa della città, come l’Università ad esempio, ad andare altrove. Una Protezione Civile che, con le parole del rettore Di Orio «ha una visione dell’occupazione degli spazi inquietante», parole su cui non posso essere più d’accordo.

Non tutti però riescono a lavorare, neanche in condizioni disastrate. E’ il caso dei dipendenti della Transcom, 360 persone poste in mobilità. La direzione generale spiega di non essere più in grado di pagare gli stipendi perché non più competitiva anche a causa del terremoto del 6 aprile, che ha reso inagibile la sua sede.

E’ il caso dei dipendenti della Technolabs – uno dei più importanti Centri di Ricerca e Sviluppo del centro-sud Italia a capitale esclusivamente italiano – 100 (su 160) dei quali hanno s
olo la prospettiva di 13 settimane di cassa integrazione a partire dall’inizio di agosto.

A fronte di questa drammatica situazione, qual è la risposta del governo per rilanciare l’economia? Ad esempio quella di richiedere ai residenti del 49 comuni del “cratere”, a partire da gennaio 2010, la restituzione dell’IRPEF non versata a seguito del terremoto, da effettuarsi al 100% in 24 rate. Per darvi un parametro di confronto, nei paesi colpiti dal terremoto dell’Umbria, l’Irpef non venne versata per 24 mesi, e viene restituita ADESSO, dopo dieci anni e più, al 40% e in 120 rate (situazione analoga si verificò per gli alluvionati in Piemonte).

Cosa passa invece dai mezzi di comunicazione “istituzionali”? Passa la voce di un Presidente del Consiglio che grida al miracolo per la costruzione di alloggi per circa 13.000 persone, quando allo stato attuale solo il 54% delle abitazioni fuori del centro storico è agibile. Se la stessa percentuale fosse valida anche per il centro storico i conti sono presto fatti: circa 35.000 sfollati (tralasciamo poi l’incresciosa situazione del centro storico di cui posso dare testimonianza diretta: del nostro futuro a tutt’oggi non sappiamo nulla, nulla di nulla al di là di poche parole del premier: «nel centro storico il tempo sarà contato non in mesi ma in anni»).

E basta. Questo è il suo miracolo. E ad agosto il premier vuole prendere casa all’Aquila per seguire i lavori di queste casette perché, parole sue, «l’occhio del padrone, come si dice, sappiamo cosa produce..» (padrone? Padrone? siamo noi i padroni della nostra città, caro premier).

Racconto queste cose, fuori dal “cratere” e la gente sembra non credermi. Abbiamo tutti la sensazione di essere stati abbandonati.

Ma anche qui, tranne in rare eccezioni, le informazioni sulla situazione dei terremotati continuano ad essere condivise solo dai terremotati stessi. E così continuiamo a parlarci addosso.E il resto d’Italia continua a non sapere niente.

E voi, che pensate di fare? Continuare a guardarci come poveri animali allo zoo, che forse stanno anche diventando un po’ noiosi a fare e dire sempre le stesse cose da tre mesi? Bè, temo proprio che la noia continuerà per qualche anno …