Sole e vento da Est

di www.peacereporter.net

La Cina vuole diventare il Paese leader delle fonti rinnovabili. Perché soffoca nell’inquinamento, ma soprattutto per affari

Ha appena superato gli Stati Uniti diventando il principale produttore di emissioni nocive, continua a costruire centrali elettriche a carbone al ritmo di una ogni dieci giorni e non sembra avere intenzione di venire imbrigliata da limiti dettati da un trattato mondiale sul clima, ritenendo che sia un suo diritto svilupparsi come meglio crede. Ma se da una parte la Cina continua a essere vista come un mostro affamato di energia, a qualunque costo per l’ambiente, dall’altra il gigante asiatico si sta muovendo per diventare il principale produttore di energia pulita al mondo. Ed è già sulla buona strada.

Dopo aver importato le sue prime installazioni dai Paesi inizialmente leader del settore, come la Germania e la Spagna, la Cina è già ora il primo produttore mondiale di pannelli solari, che al 95 percento esporta verso l’Europa e gli Stati Uniti. Inoltre, ha appena sorpassato gli Usa come maggiore mercato per l’energia eolica, di cui sta costruendo sei centrali: la capacità produttiva di energia nata dal vento è raddoppiata in ognuno degli ultimi quattro anni.

Certo, l’80 percento dell’elettricità cinese è ancora generata da centrali a carbone, contro il 38 percento della media mondiale. E le città sono costantemente avvolte da una nuvola di smog, tanto che l’inquinamento – insieme alla corruzione – è forse la lamentela più comune dei cinesi contro il sistema di governo. Ma se la volontà politica di non “turbare l’armonia” (leggi: contenere le manifestazioni di protesta) è probabilmente uno dei fattori, la progressiva svolta “verde” della Cina è anche maturata da considerazioni di puro business. Lo sa anche Barack Obama. “I posti di lavoro e le industrie del 21esimo secolo saranno centrati sulle energie pulite. Il solo dubbio è: quale Paese creerà questi posti di lavoro e queste industrie? Io voglio che siano gli Usa”, ha detto recentemente invitando il Congresso a sostenere il suo piano energetico.

Pechino, però, non ha intenzione di rimanere indietro. “La Cina sta cercando di recuperare terreno nella corsa globale per trovare alternative ai combustibili fossili”, ha scritto recentemente il China Daily. Con il 90 percento delle aziende produttrici di elettricità in mano allo Stato, le autorità cinesi stanno finanziando la corsa all’elettricità pulita con i più cospicui sussidi al mondo per l’energia solare: 3 dollari a watt. Gli osservatori stranieri denunciano anche un plateale favoritismo delle autorità di Pechino nei confronti delle aziende energetiche nazionali, nel tentativo di consolidare un settore ritenuto strategico. A maggio, 25 contratti per l’installazione di nuove turbine eoliche sono stati assegnati tutti a sette aziende cinese, mentre le offerte delle sei multinazionali che hanno partecipato alla gara sono state bocciate.

L’obiettivo di Pechino è di arrivare, entro il 2020, a consumare energia per almeno il 15 percento prodotta da fonti rinnovabili, una quota che gli esperti del settore prevedeono verrà presto alzata al 20 percento. Gli obiettivi per l’energia eolica sono già stati portati da 30 a 150 gigawatt di capacità produttiva entro il 2020, e per l’energia solare si prevede che il governo li aumenterà da 1,8 a 20 gigawatt, sempre entro la fine del prossimo decennio. Dei 585 miliardi di dollari del piano di stimoli fiscali predisposto nei mesi scorsi, Pechino ha già destinato 31 miliardi alle energie rinnovabili. Ma la svolta vera e propria potrebbe arrivare con l’approvazione di un programma tra i 440 e i 660 miliardi di finanziamenti esclusivi per il settore, che gli esperti del settore prevedono verrà annunciato a breve. In tal caso, più che recuperare terreno, sarà confermato che la Cina ha tutta l’intenzione di staccare gli altri concorrenti.