Nicaragua: Sarà sempre 19 luglio

di Giorgio Trucchi
da Lista Informativa “Nicaragua y más” di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org

L’occasione era di quelle storiche: celebrare 30 anni della Rivoluzione Popolare Sandinista, un evento storico che ha caratterizzato la fine del secolo scorso e che ha coinvolto in modo diverso milioni di persone in tutto il mondo.

Per la prima volta in tanti anni l’attività centrale si è svolta di giorno, con un’insolita puntualità e con la presenza di poche personalità e nessun capo di Stato.
Alternando discorsi e canzoni che per decenni hanno raccontato le gesta eroiche del popolo nicaraguense e dei suoi miti guerriglieri, l’atto celebrativo si è concentrato soprattutto sulla condanna al colpo di Stato avvenuto tre settimane fa in Honduras e su alcuni temi lanciati dal presidente Daniel Ortega, come la proposta di cambiare la Costituzione, inserire la figura del referendum revocatorio e permettere la rielezione di qualsiasi carica pubblica, includendo quella presidenziale.

Tra gli invitati ha preso la parola Rigoberta Menchú, premio Nobel per la pace e leader indigena guatemalteca, la quale ha invitato la popolazione nicaraguense a dimostrare la propria solidarietà con i popoli originari. “Sono 30 anni di lotta e di vittorie ed è difficile potere sostenere un processo rivoluzionario per così tanto tempo. Voglio invitarvi a essere solidali con tutti quei popoli che sognano di poter essere trattati in modo equo nei loro paesi, soprattutto dove si vive il razzismo, la discriminazione e l’umiliazione”, ha detto Menchú davanti all’immensa folla giunta come tutti gli anni in Plaza La Fe a Managua.

Sono poi intervenuti il vicepresidente di Cuba, Estéban Lazo, il ministro degli Esteri venezuelano, Nicolás Maduro, e la sua omologa hondureña, Patricia Rodas. In tutti i discorsi è stata chiara l’intenzione di voler mettere al centro dell’attenzione quanto sta accedendo nella vicina Honduras e le ripercussioni che questa crisi sta avendo in tutto il continente latinoamericano.

“Voglio ringraziare il nostro coraggioso ed eroico popolo dell’Honduras che ha saputo resistere e lottare contro l’oppressione -ha detto Rodas tra gli applausi-.
La storia ci ha messo davanti a una prova molto dura, ma oggi, prima che cali il sole, sapremo davvero se chi ha usurpato la democrazia per perseguire i propri interessi deciderà di accettare e rispettare senza condizioni le risoluzioni degli organismi internazionali, le quali chiedono al regime golpista di abbandonare il posto che hanno usurpato. Oggi -concluso la ministra degli Esteri honduregna- inizia la marcia definitiva verso Tegucigalpa ed il popolo entrerà percorrendo i grandi viali di Salvador Allende e la Segovia di Sandino”.

Nicolás Maduro, ministro degli Esteri della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha salutato i 30 anni della rivoluzione ed ha attaccato con forza il coinvolgimento degli Stati Uniti nel colpo di stato in Honduras. “Qualcuno ha ancora dubbi sul fatto che nel colpo di stato ci sia stato l’intervento diretto del Pentagono, della CIA e di alcuni settori del Dipartimento di Stato? Il golpe è stato pianificato ed eseguito dai settori più reazionari che controllano gli Stati Uniti ed oggi vogliono far sedere allo stesso tavolo il governo che ha difeso con dignità il paese ed i golpisti.

La popolazione -ha concluso Maduro- ha saputo reagire, protesta per le strade e combatte, ed il governo golpista non se lo aspettava. A tutta questa gente va la nostra solidarietà militante, lealtà e senso di fratellanza”. Il discorso del presidente Daniel Ortega è durato circa un’ora ed ha toccato alcuni temi che sono destinati a generare forti ripercussioni sia a livello nazionale che internazionale.

Ha difeso la risoluzione della Corte di Giustizia della Aia che concede il diritto sovrano del Nicaragua sul Río San Juan, fiume che divide il paese dal Costa Rica e che per lunghi anni è stato elemento di contrasto tra le due nazioni. Pur riconoscendo al Costa Rica il diritto di navigazione per fini turistici e commerciali previa autorizzazione, la sentenza della scorsa settimana ha vietato i pattugliamenti della polizia costarricense, tema che aveva generato la crisi e che aveva spinto i due paesi a chiedere l’intervento del tribunale internazionale.

Ortega ha poi reso omaggio a tutte le persone che hanno contribuito all’abbattimento della dittatura somozista ed al trionfo rivoluzionario nel 1979, includendo gli internazionalisti giunti da varie parti del mondo. Ha inoltre ricordato come la rivoluzione abbia permesso un cambiamento della struttura economica, politica e sociale del paese, evidenziando come l’esercito e la polizia siano nati dal ventre della rivoluzione e che per questo l’oligarchia nazionale non ha mai potuto controllarli, “perché sono al servizio del popolo e della nazione e non di oligarchie economiche che vogliono destabilizzare questo governo”.

Si è poi addentrato in un’analisi del colpo di stato in Honduras.

“In queste ore sta continuando il processo di mediazione in Costa Rica. Un processo che serve per dilatare nel tempo la ricerca di una soluzione. Quando mai si è visto che dei golpisti si siedono a trattare con chi garantisce l’ordine democratico in un paese? -ha chiesto alla folla il presidente nicaraguense-.

L’unica soluzione possibile è che il presidente Manuel Zelaya venga reintegrato alla presidenza e ciò avverrà grazie alla mobilitazione della popolazione e non con interventi esterni. Sono sicuro -ha continuato Ortega- che il presidente Obama nemmeno si è accorto di quanto stava accadendo e come nazioni hermanas, come paesi dell’Alba chiediamo il rispetto senza condizioni delle risoluzioni delle organizzazioni internazionali”.

Il presidente ha poi lanciato un appello alle Forze Armate honduregne, affinché riflettano ed abbandonino il comportamento repressivo fino ad ora adottato contro la popolazione, “smettendo di essere uno strumento in mano ai golpisti”.

Colombia di nuovo nel mirino

Ortega non si è fatto scappare l’occasione per un nuovo attacco al governo colombiano di Alvaro Uribe.

“Il golpe in Honduras avviene qualche giorno prima dell’annuncio da parte del governo colombiano di voler accettare l’apertura di cinque nuove basi militari nordamericane. Questo paese si sta convertendo in una base statunitense, violando la sovranità della Colombia e dell’America Latina e dei Caraibi.

È una minaccia per l’intera regione -ha continuato Ortega- e non è possibile che gli Stati Uniti continuino questa corsa armamentista. Piuttosto che si dedichino a finanziare la produzione nei nostri paesi. A costruire scuole, ospedali, case. Noi abbiamo sempre detto che vogliamo mantenere buone relazioni, ma all’interno di un rispetto reciproco. Quello che invece sta accadendo in Colombia è un segnale evidente di voler creare pressione contro paesi come il Venezuela, l’Ecuador, la Bolivia e tutti quei paesi che stanno spingendo per un cambiamento reale nel continente”, ha detto durante il suo intervento.

Durante la parte finale del suo intervento, il presidente Daniel Ortega ha nuovamente toccato temi di carattere nazionale. Prendendo spunto dalla proposta dei movimenti popolari honduregni di potersi esprimere in un referendum, per chiedere la creazione di una assemblea costituente, Ortega ha lanciato un appello alle forze sociali e politiche per lavorare insieme in vista di una riforma sostanziale dell’attuale Costituzione.

“Bisogna includere nella Costituzione la figura del referendum revocatorio, affinché la popolazione non possa solo eleggere, ma anche togliere presidenti, sindaci, deputati e funzionari in generale.

Il problema -ha continuato- è che i politici hanno paura del popolo, ma noi continueremo a insistere su questo punto. I deputati dicono di essere contrari alla rielezione, ma loro si rieleggono continuamente, mentre ai sindaci ed al presidente non viene permesso. Chiediamo che il diritto di rieleggersi sia per tutti e che sia il popolo a p
remiare o castigare i candidati. Questo è ciò che dobbiamo difendere.

Potremmo mettere una scheda in più (nelle prossime elezioni) come era stato proposto in Honduras e qui la gente può stare sicura che non verrà repressa dall’esercito o dalla polizia”, ha concluso in mezzo agli applausi delle decine di migliaia di persone presenti alla celebrazione.