Strategia dell’occultamento

di Franco Bianco
da www.aprileonline.info

Ancora ieri il Presidente del Consiglio, spalleggiato dal Ministro dell’Economia, ha ripetuto che la crisi finanziaria si è ormai, a suo dire, “sfogata” (strano modo di esprimersi), che quello che di male poteva succedere è già accaduto, che le imprese che dovevano fallire sono fallite, e che ormai si deve pensare alla ripresa che non mancherà e perciò ri-assumere i comportamenti che avevamo prima della crisi: consumare, andare in vacanza (“possibilmente in Italia”, ha precisato), non essere ossessionati da una crisi che sta cominciando ad uscire dal nostro orizzonte, “non aver paura della paura” (povero Roosevelt, se vedesse come sono usate male ed a sproposito le sue famose parole, lui che per dare loro un fondamento aveva dato luogo a quella cosuccia di intervento sull’economia che prese il nome di “New Deal”). Davvero i due governanti italiani credono a quello che dicono, o persistono nella loro strategia dell’occultamento della realtà, come se gli italiani non avessere elementi oggettivi dai quali capire se la crisi si è allentata o se non tende, invece, addirittura a peggiorare nei suoi effetti?

Proprio ieri il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) esprimeva le sue preoccupazioni, poiché stima nell’anno una perdita di posti di lavoro tra le 350mila e le 540mila unità lavorative, aggiungendo che il tasso di disoccupazione potrebbe collocarsi nella peggiore delle ipotesi poco al di sotto del 9%, in una forbice tra il 7,9% e l’8,6%. Questo, nelle previsioni del Cnel, porterebbe il “monte salari” (il complesso dei salari percepiti dai lavoratori e dei contributi sociali versati dai datori di lavoro con riferimento all’intero sistema economico) dei dipendenti a registrare una contrazione di circa l’1% (sarebbe la prima volta nella storia d’Italia, secondo i ricercatori del Cnel, che il monte salari complessivo registra una riduzione). Di conseguenza, il Cnel stima che nel 2009 il Pil italiano potrà segnare un crollo (e non è la stima peggiore) fino al -5,7%.

La domanda sorge immediata: ma non è irresponsabile, da parte dei responsabili della politica economica (e della politica “tout court”) dell’Italia mostrare tanto superficiale ottimismo, invece di mettere in campo misure adeguate alla bisogna? Il nostro Paese è quello che, fra i suoi omologhi, ha speso meno (in percentuale di Pil, come risulta da tutti i dati disponibili) per fronteggiare la crisi e per predisporre misure adeguate che vedano il nostro sistema produttivo preparato alla ripresa, quando questa – come tutti auspichiamo – si presenterà (il che non avverrà prima del 2° semestre 2010, secondo gli osservatori più qualificati). Da dove ritengono, i nostri ineffabili governanti, che la ripresa possa venire?

Non v’è ripresa se non c’è da un lato un aumento degli investimenti (sia pubblici che privati) e dall’altro un aumento dei consumi (anche qui: sia pubblici che privati). Per quanto riguarda i consumi interni, le cifre che vengono propalate dallo stesso Ministro Tremonti non fanno presagire nulla di buono. Il Governo sostiene che la caduta del Pil nel 2009 sarà del 5,2%: non è vero, è una stima largamente insufficiente, ma ammettiamo pure che sia vera. Poi, aggiunge il Governo per bocca del suo Ministro dell’Economia, la crescita sarà dello 0,5% nel 2010 e del 2% all’anno per i due anni successivi: anche queste stime sono del tutto inadeguate, non condivise né dalla Banca d’Italia, né dall’Istat, né dalla UE, né dal FMI. Ma ammettiamo pure che sia vero. Se il Pil cala come è stato detto e seguono poi anni di crescita nella misura che si è richiamata, vuole dire che nel 2009 l’economia sarà al 94,8% (-5,2%) del suo valore nel 2008 (ne sarà lo 0,948). Se seguono anni di crescita nelle misure indicate vuole dire che nel 2013 non avremo ancora raggiunto il livello di partenza, quello del 2008 (se siamo a 0,948 nel 2009, nel 2013 saremo a 0,948 x 1,005 x 1,02 x 1,02 = 0.99. Cioè nel 2013 saremo ancora al 99% di quanto siamo stati nel 2008).

E allora la domanda è: che fine faranno, in tutti questi anni che ci aspettano, coloro che hanno perso il lavoro nel 2009 e che, stanti quei livelli di (presunta) ripresa, non riusciranno a rientrare nel mercato del lavoro, poiché i livelli produttivi continueranno ad essere drammaticamente inferiori a quelli del 2008? E coloro che arriveranno per la prima volta sul mercato del lavoro come faranno ad accedervi? Se il monte salari, di conseguenza, resta depresso come potranno aumentare i consumi privati? E con quali soldi tante famiglie che non hanno lavoro andranno in vacanza, per la soddisfazione del Presidente Berlusconi?

E guardiamo pure ai mercati di esportazione. Secondo Berlusconi e Tremonti la “ripresa” – quando verrà – riporterà le cose al punto di prima, e chi esportava certi prodotti in certi mercati riprenderà automaticamente a farlo? Non c’è né ci può essere visione più sbagliata di questa. Ha scritto Federico Rampini (che non è un bolscevico, ma una persona di grande ragionevolezza, un “liberal” che conosce bene le cose di cui parla, poiché da oltre un decennio vive all’estero, prima negli Usa ed attualmente a Pechino) nel suo gradevolissimo e molto interessante ultimo libro, intitolato “Le dieci cose che non saranno più le stesse” (intende: quando la crisi sarà passata): «Il Paese più spendaccione del mondo [parla degli Usa] ha cominciato dolorosamente a stringere la cinghia. Aprendo così un grosso interrogativo sul futuro dell’economia Usa e mondiale: senza il traino dei consumatori statunitensi, dove si troverà il prossimo motore dello sviluppo? Esisterà ancora una crescita vigorosa all’orizzonte, se gli americani mettono la testa a posto? ».

Ed aggiunge Rampini: «Proprio perché quell’interrogativo non ha ancora una risposta, c’è chi tenta di eluderlo con una scorciatoia: tentando di rilanciare l’economia come se nulla fosse successo». Rampini non parlava del duo Berlusconi-Tremonti, ma questi sono certamente fra quelli che o per strategia (negare sempre, fino all’evidenza: la regola che assumono tutti coloro che tradiscono i patti, e cercano di occultare o mistificare la realtà per non doverne sopportare le conseguenze. Ma il gioco non può durare all’infinito), o per insipienza, o per tutt’e due, tentano di “eludere l’interrogativo” sulla crescita futura tentando, come dice Rampini, di fare “come se nulla fosse successo”. Sarebbe opportuno che sia l’uno che l’altro leggessero il libro di Rampini, come anche qualcun altro dei molti libri che circolano sull’argomento “crisi-ripresa”, e che consultassero e non facessero finta di ignorare i dati che vengono forniti dalle varie istituzioni italiane (Banca d’Italia, Istat, Cnel, insieme a parecchie altre).

Quello che è successo, e quello che ancora succederà, richiederanno ben altro che le superficiali affermazioni nelle quali si producono Berlusconi ed il suo sodale Tremonti: e, purtroppo, a farne le spese saranno gli italiani.