Palermo, raid contro la scuola Falcone

di Mila Spicola
da www.micromega.net

Ci sono due scuole a Palermo che portano il nome di Falcone, una è proprio di fronte la città universitaria e l’altra si trova allo Zen. Hanno vite diverse pur essendo nella stessa città. Una nel mezzo della città della cultura e una che tenta di galleggiare nella tempesta dell’incultura e del degrado che la circondano.

E’ così che io vedo la “nave-scuola” Falcone allo Zen, come l’antica Zattera della Medusa, in cui insegnanti volenterosi tentano di evitare l’abisso. Volenterosi, come potete ben arguire, è un eufemismo. La scuola Giovanni Falcone, che si trova allo Zen, è stata ancora una volta assaltata dai vandali. Appena due settimane fa infatti, e precisamente lo scorso 13 luglio, una banda di teppisti aveva fatto irruzione nei locali dell’istituto con un chiaro obiettivo: distruggere tutto quello che incontravano. E così si erano aggirati nel cuore della notte tra le aule, escogitando qualcosa che lasciasse il segno.

Un segno inevitabilmente negativo, che ha portato al grave danneggiamento degli infissi e all’annerimento delle pareti di tre classi. In quel caso infatti, i vandali avevano fatto razzia di carta e cartoni all’interno della scuola per mettere in piedi montagne di materiale, tra cui anche mobilio e sterpaglie – a cui dare fuoco. E l’hanno fatto due volte, prima in un’aula della scuola materna, e poi in una del plesso dell’elementare.

L’indomani, lo scenario che si è presentato agli occhi del personale scolastico era stato a dir poco terribile: locali dell’istituto messi completamente a soqquadro e l’odore di fumo ancora presente. Le pareti annerite, danni ovunque. Poche ore prima un raid vandalico aveva distrutto di tutto e i poliziotti e i vigili del fuoco hanno raccolto più elementi possibili per risalire ai responsabili, che sembrano ormai puntare la scuola appositamente.

La banda che ha preso di mira la scuola Falcone infatti, perde sempre più le sembianze di un gruppo di semplici vandali. Stavolta ha preso d’assalto la palestra. Ho letto una dichiarazione del preside Domenico Di Fatta su un giornale locale, nel quale sostiene come si tratti di “un segnale rivolto a una scuola che agisce sul territorio togliendo i ragazzi dalla strada e dai vicoli dello Zen dove invece qualcuno impone che si facciano cose ben diverse che educare al senso civico e alla legalità”.

Un quartiere critico quello in cui si trova la scuola, tristemente noto, buono per documentari insomma, ma ostico alle azioni istituzionali, dove anche un solo bambino sottratto alla strada rappresenta un successo.

Ed è proprio questo l’aspetto da sottolineare: «Occorre l’impegno di tutti per opporsi a gesti così gravi, perché anche la distruzione della palestra è un segnale ben preciso. Per il prossimo anno scolastico – precisa Di Fatta – avevamo infatti in programma di organizzare una scuola calcio, ma evidentemente qualcuno ha preferito lasciare il segno a chi, come la scuola, si pone nel territorio con altre logiche e altri valori».

Fatto sta che la palestra della scuola dello Zen è stata praticamente devastata: i canestri sono stati distrutti e lo stesso destino è stato riservato agli attrezzi. Altre logiche e altri valori. Rotte anche le finestre. In realtà, se anche fosse un atto vandalico, cambierebbe poco. Anzi sarebbe peggio. Sarebbe il segno della peggiore sconfitta dei tentativi educativi se, artefici del danno, fossero proprio i ragazzi, e chi conosce quei luoghi lo sa bene con quali difficoltà, quali assenze esterne, quali dimenticanze delle istituzioni locali, si lavora tra quelle mura.

Le scuole non sono tutte uguali, a maggior ragione queste, e lo dico riaffermando a gran voce ciò che diceva don Milani e che tante “prof” citano a memoria: non si divide in parti eguali tra diseguali. E questi diseguali hanno le briciole delle briciole di quelle pochissime parti uguali in cui quest’anno hanno stanziato i fondi per le scuole.

Eppure, il nome di questa scuola meriterebbe tutt’altro. Non tanto e non solo risorse economiche, ma risorse umane, presenze costanti, continue e massicce. Da quelle professionali di personale docente specializzato, motivato e sostenuto in un ruolo cruciale, a quelle proprio di vigilanza. Sì. Vigilanza.

Io mi chiedo: il Comune di Palermo ha appena stanziato dei fondi incredibili per far vigilare un sottopassaggio, uno, di pochi metri, sulla circonvallazione a 40, ripeto 40 precari. Dieci di loro non sarebbe il caso di destinarli più opportunamente alla Falcone? Anche la scuola media Padre Puglisi a Brancaccio è stata oggetto di un raid vandalico la scorsa settimana.

Chi vigila su quei mondi? Che presenza assicura lo Stato centrale? Se non quella dei test INVALSI per decretare le insufficienze culturali di quei ragazzi: anno dopo anno, come un pugnale inesorabile. E’ forse questo il senso della scuola? E qual è il senso dello stato che apprende, da quello che vive, un alunno allo Zen? Quello dell’assenza. O della presenza del giudizio e del disprezzo.

Eppure sarebbe necessaria una presenza diversa. Fosse anche in via simbolica. La polizia cerca i vandali che hanno distrutto la scuola. E chi si batte contro altri vandali in tailleur che stanno smantellando in ben altro modo quella scuola? Togliendole fondi, risorse, importanza.
Quei vandali lì chi li cerca? Chi li interroga? Chi li sottopone a test INVALSI per saggiarne l’ignoranza certificata dai fatti? Ben peggiore perché volontaria e non colposa.

Sparlandone a sproposito, “perchè sai… i docenti siciliani… è ben altro il vero sudore della fronte”. Beh, io condannerei piuttosto i secondi che i primi. Perché, a differenza dei primi, non hanno scusanti al loro far finta di non sapere e non vedere. Non ne hanno.

Ma cos’è la lotta alla mafia in questa città? Cos’è la lotta per la legalità in questo paese? Un’agenda rossa levata al cielo per qualcuno che viene da fuori in questa città “splendida e fascinosa”? E noi?

Per noi che stiamo in quelle scuole, per quei ragazzi, per quelle strade, per evitare il continuo sprofondamento nell’ignoranza e nel degrado economico, che agende si levano in alto?

Bene, che sia chiaro, noi non ci stiamo. E saremo presenti, ancora non sappiamo come o in che modo. Ma ci siamo e ci saremo. Davanti quella scuola. O dentro le nostre classi.

C’è un bellissimo brano di Giovanni Sollima, “Sogno ad occhi aperti”, ecco, io sogno ad occhi aperti che almeno una volta al mese si osservasse un minuto di silenzio contro le ipocrisie e contro le ignoranze, che di quelle ipocrisie sono figlie.

Sui quartieri a rischio, sulle scuole di quei quartieri, sulle azioni rivolte a sostegno del degrado culturale di quei ragazzi ipocrisie ne vediamo troppe.