Il silenzio delle donne

di Elettra Deiana
da www.elettradeiana.it

E’ stato il silenzio l’atteggiamento prevalente delle donne del nostro Paese di fronte alla “lurid”, come l’ha definita un giornale britannico, messa in scena di sesso e politica, sesso, soldi e potere, da parte del capo del governo. L’Italia rappresentata, in una simile occasione, da una maggioranza silenziosa fatta di donne e da un silenzio “al femminile”, cioè segnato dal tradizionale e ricorrente sottrarsi delle donne alle responsabilità della sfera pubblica: a questo abbiamo assistito e di questo siamo state parte, al di là di ciò che ciascuna ha voluto o potuto fare. Su questo silenzio, proprio per quello che rappresenta, non dovrebbe essere fatto calare altro silenzio.

Perché è un silenzio che segnala tante cose e dice di una storia di modernità “al femminile”, storpiata e zoppicante, piena di contraddizioni e ritardi; e parla, questo silenzio. di trasformazioni dei rapporti tra i sessi, tra il pubblico e il privato, tra il personale e il politico che hanno fatto sbarellare l’ordine delle cose senza però cambiarlo veramente, in radice, in troppe cose. Se è insomma un silenzio senza possibilità di equivoci, che potremmo etichettare con l’abusato ossimoro dell’assordante, nello stesso tempo è un silenzio che parla, denso di storie e di storia, di problemi, contraddizioni e interrogativi. Per questo va indagato, scomposto, messo sotto i riflettori nei suoi molteplici aspetti.

Intanto per come si presenta: abnorme, davvero fuori misura, come se non fosse successo nulla, come se l’indecorosa vicenda di sesso, soldi e favori e il combinato disposto tra offerta/auto-offerta di corpi femminili e politica; mercato/auto-mercificazione di corpi e potere maschile rientrasse o dovesse rientrare nel mean streaming culturale del Paese, nella sua antropologia umana, in inappellabili fondamenti che muovono per natura la relazione tra i sessi in tale oscena direzione. Alcune donne però hanno parlato, mi si fa osservare, e quasi solo donne hanno detto e scritto cose pertinenti. Qualcuna, aggiungo io, anche magistralmente. Vero.

E sono state donne a mettere in movimento la slavina che è sembrata là là per travolgere il premier ma è rimasta sempre su quel bilico che miracolosamente l’ha salvato. Veronica Lario, la moglie del premier, tra le prime lo ha fatto, e la prima mossa “al femminile” l’aveva già fatta il web magazine di “Fare futuro”, fondazione vicina a Gianfranco Fini, che per penna di una donna (Sofia Ventura) aveva sferrato negli stessi giorni, ma con qualche anticipo, un attacco frontale al velinismo in politica. Vero anche questo: sono state delle donne a aprire le danze. E allora? Basta questo a far considerare un capitolo chiuso – o neanche da aprire – il silenzio delle donne sulla vicenda? A me pare di no.

Se “Fare futuro” ha sferrato l’attacco, tra l’altro con argomenti ineccepibili, le donne della destra hanno poi, in pressoché totale compagnia di giro, brillato sul lato oscuro della vicenda: chi per silenzio, chi per compiaciuta complicità, chi con manifestazioni di affetto, solidarietà e vicinanza al leader. Donne che votano il capo e gridano al suo passaggio. Ce ne sono ancora molte. Vistosamente sotto traccia sono state poi, per lo più, le donne dell’opposizione, ripetendo tutt’al più la tiritera – della loro parte politica – del dover il premier riferire in Parlamento ex articolo 54 della Costituzione, quello che detta “la disciplina e l’onore” dei comportamenti per chi svolge funzioni pubbliche. Di questo si tratta? Ma soprattutto inesistenti sono, a oggi, le tracce di una “rivolta femminile”, avremmo detto una volta, di un civismo femminile, mi piace dire, di un rigetto politico che venga dal cuore femminile della società.

E’ qui che si registra quanto la storia della modernità per le donne italiane sia stata breve nel tempo del suo svolgersi, prigioniera di storici ritardi, circoscritta nelle ragioni scatenanti, radicale in alcuni punti, inesistente in altri. Di fronte allo scandalo esploso nei letti del sultanato di Arcore non si è messo in movimento, da parte delle donne, nulla che rendesse evidente, non occultabile tra le righe del domestico e del privato – solo un affare di letto – il significato invece densamente pubblico e politico-istituzionale, politico-culturale, simbolico e quello che volete voi, di un rapporto tra i sessi così ostentatamente costruito sullo scambio tra corpi femminili e poteri maschili, tra sesso e soldi, favori sessuali e politica. Un vero sistema, nato dal sistema di sopraffazione istituzionale e politica che dilaga: dal capo e dalle sue dimore, abilitate a funzione pubblica, e giù per li rami dei suoi accoliti e intermediari.

E’ questo che ha segnato, l’italianissima, ahinoi, vicenda politica del premier“papi”, con risonanze e dileggi internazionali a vasto raggio. Il rapporto tra i sessi in altre parole, che è elemento fondamentale delle relazioni sociali, non solo dentro ma soprattutto fuori dei recinti domestici, da noi oggi tracima da tutte le parti e valica i patri confini unicamente nella versione e nella rappresentazione che ne ha dato Berlusconi. Dovrebbero parlare gli uomini, mi si dice. Perché? Quando mai gli uomini hanno parlato e parlano quando si tratta di affrontare il lato politico e simbolico dei rapporti tra i sessi? Che il femminismo ha posto come chiave di volta della politica e loro, per la stragrande maggioranza, continuano a considerare affare privato? Anche questo detto e ridetto dal femminismo. E dunque? Caso mai dovrebbero parlare anche loro ma saremmo a un’Italia che oggi non c’è proprio.

E inoltre – diciamolo francamente – siamo di fronte alla rappresentazione di un mondo e di un modo di essere del mondo che chiama direttamente in causa le donne, per quello che in questa vicenda hanno detto, fatto e taciuto. E’ una storia di donne la storia di “papi” e le sue pupe: la signora Lario dal suo lato, Noemi Letizia, Patrizia D’Addario dal loro, col seguito di escort, debuttanti, show girl col book in cerca di casting, aspiranti onorevoli con annesso cursus honorum nel talamo del capo. E’ la loro dirompente voglia di acchiappare qualcosa a fare la storia in questione.

Capaci, quelle in gioco, di giocare duro, di muoversi negli spazi della realtà fattasi reality e della politica diventata spettacolo con l’ardire corsaro di femmine emancipate, improvvisandosi agenti segreti in ricognizione delle dimore del potere, rompendo le righe, accumulando materiale scottante e non guardando in faccia nessuno, neanche il presidente del consiglio. Presidente del consiglio: importa a qualcuna? A nessuna probabilmente. Importano invece l’occasione, i favori, gli euro, i salotti, la villa in Sardegna, i possibili altri incontri. Il “giro” insomma. Il “papi”, insomma, uno di quelli e tra quelli che riempiono l’immaginario a paillettes delle fanciulle in fiore e meno in fiore protagoniste della storia.

Una storia di donne e un silenzio di donne che entra nella vicenda e fa problema. Se il “lurid” sistema di scambio nelle forme descritte impedisce di catalogare la storia di sesso del premier sotto il titolo “niente di nuovo sotto i cieli”, tentazione interpretativa al ribasso che circola anche in ambienti di sinistra, è il silenzio delle donne che aggiunge problema ai problemi. Fa problema perché è un silenzio segnato dalla storia delle donne del nostro tempo, dalla vicenda sociale e politica delle donne in Italia, dai modi come si è dipanata. Dalle lotte, dalle tantissime, mitiche lotte delle donne.

E’ il silenzio delle donne che per almeno tre generazioni hanno vissuto la e della “rivoluzione più lunga”, scoperto la libertà, messo sotto scacco il patriarcato e in crisi l’identità maschile. Un silenzio del “post” e dei “post”: post emancipazione, post movimenti per l’autodeterminazione, post quote e pari opportunità, post azioni positive e q
uant’altro. Ma anche post femminista. Il silenzio della parte femminile della società – di una parte amplissima, vera e propria maggioranza – che non è più quella di una volta ma che all’improvviso – e forse da sempre – si scopre vicina per molti versi a quella di una volta: nel familismo, nella riduzione a fatto domestico di tutti i risvolti della sfera personale, nella debolissima propensione pubblica, nella ritornante vocazione a essere complice silente del maschile.

Donne spettatrici a latere, che preferiscono o fanno finta di occuparsi di altro, perché magari hanno veramente altro da fare, i problemi di sempre, lo Stato poco generoso nell’aiuto, i maschi in famiglia idem, o perché le priorità che si sono costruite nella vita sono altre. In un mondo che cambia troppo velocemente e voracemente torna il silenzio delle donne, mentre si moltiplicano storie di donne. Un volta era un silenzio gravido di rivolta e di parole tra donne già politiche. Oggi tutto si è capovolto.