CECENIA, LA TATTICA DELLA DISINFORMAZIJA

di Carlo Benedetti
da www.altrenotizie.org

La “disinformazija” al Cremlino è sempre di moda. Sulla Cecenia continuano ad imperversare le cortine fumogene della propaganda di Mosca. All’occidente e agli amici del grande capitale si annuncia ogni giorno che nell’area caucasica la situazione è sotto controllo e che quello che avviene (uccisioni, attentati..) è solo il risultato di “attività” di formazioni terroristiche clandestine che stanno tentando di far marciare indietro la storia del Caucaso. Per il resto, si annuncia, “è tutto tranquillo” e, contemporaneamente, non si spiegano le cause del fallimento geopolitico dell’area. E così la bugia epocale che viene diffusa è un vero monumento di ipocrisia, mentre intere popolazioni si battono per l’indipendenza e contro il prepotere di eserciti e gruppi dirigenti che prima si chiamavano “sovietici” e che ora, più semplicemente, sono “russi”.

Ed ecco il bollettino di questa guerra che molti vorrebbero dimenticare per far piacere all’amico di Berlusconi, Putin. Gli avvenimenti più recenti confermano, ad esempio, che prosegue la campagna anti-cecena portata avanti dalle squadre speciali russe appoggiate da Quisling locali. E tutto avviene mentre la dirigenza del Cremlino continua a rifiutare ogni eventuale mediazione di un organismo internazionale. Non accetta, di conseguenza, l’intervento di un soggetto terzo laddove i negoziati – un’eventuale contrattazione bilaterale fra russi e ribelli – hanno fallito. Le resistenze russe in tal senso sono notevoli.

Da una parte, Mosca rifiuta di riconoscere i ribelli come legittimo belligerante, definendoli emissari del terrorismo internazionale: da qui ogni dialogo è impossibile. Dall’altra, la mediazione aprirebbe le porte a un’amministrazione ONU nel Caucaso, considerata dal Cremlino come un’ingerenza inammissibile, poiché la Russia non accetterebbe mai la presenza di truppe straniere sul suo territorio. Quindi, da parte russa, il rifiuto delle proposte di mediazione è suggerito tanto da considerazioni di politica interna, quanto da timori di carattere geopolitico, temendo che un intervento dell’ONU in Cecenia possa ripetere la situazione serba.

Intanto, continua l’ondata di violenze. Ci sono stati in queste ultime ore rapimenti e uccisioni. Quattro componenti delle forze di polizia cecene e due ribelli sono morti nel corso di uno scontro a fuoco nei pressi della capitale Grozny. L’episodio si aggiunge al ferimento di cinque militari del ministero degli Interni sempre in uno scontro a fuoco in un’altra area della piccola repubblica caucasica. E a fare le spese di questa guerra a tutto campo sono anche le organizzazioni non governative che operano nel Caucaso a favore dei giovani emarginati. Ed ecco che la leader di una di queste Ong – Zarema Sadulayeva – viene trovata assassinata alla periferia di Grozny insieme al marito, Alik Umar Dzhabrailov. E tutto avviene mentre il quotidiano moscovita Novaja gazeta annuncia il ritiro dei propri giornalisti dalla Repubblica caucasica.

E non è un caso che a compiere questa scelta è proprio questo quotidiano: di opposizione per cui scriveva anche Anna Politkovskaya la giornalista il cui assassinio è ancora avvolto nel mistero. Il caso Politkovskaja non è l’unico. C’è anche quello di Natalya Estemirova, giornalista e membro della Ong russa Memorial, impegnata in un’inchiesta sui crimini compiuti in Cecenia, rapita e ritrovata senza vita in Inguscezia. La Estemirova era stata definita l’erede della Politkovskaja e come tale fatta fuori. Anche lei era una donna scomoda, così come Malik Akhmedilov, Zarema Sadulaieva e Alik Dzhabrailov, tutti uccisi in questi giorni.

Il primo era corrispondente del giornale Khakikat (La verità) in Daghestan, repubblica del Caucaso russo al confine con la Cecenia, diventato nuovo epicentro di tensioni: il suo cadavere è stato ritrovato con numerosi colpi d’armi da fuoco pochi giorni fa, in un’auto parcheggiata nel quartiere Palmira, zona di campagna alla periferia della capitale Makhackala.

Zarema e il marito Alik erano invece due attivisti di un’organizzazione non governativa operante in Cecenia: sono stati ritrovati morti il 12 agosto. In particolare la Sadulaieva era responsabile di “Salviamo la generazione”, associazione impegnata nella tutela dei diritti umani a Grozny, nel sostenere i giovani ceceni a inserirsi nella società ed evitare che prendessero la strada della lotta armata aderendo alle tante formazioni di militati islamici attive nella repubblica caucasica.

Di fronte a questi “casi” il presidente ceceno Kadyrov – un criminale messo da Putin al comando della repubblica – si è detto “sdegnato” per il nuovo duplice omicidio e si è impegnato a fare piena luce e individuare i responsabili. Ma è lui – sottolinea l’Ong Memorial – l’ispiratore dell’assassinio della Estemirova.

Intanto dal Daghestan (nel Caucaso del Nord) giunge la notizia che sono stati identificati alcuni guerriglieri che hanno bersagliato un posto di polizia e una sauna in una zona periferica della città di Buinaks. Un portavoce del ministero dell’Interno della Repubblica ha comunicato che praticamente tutti i banditi sono implicati nell’attività terroristica e degli assalti agli agenti degli organi di Pubblica Sicurezza e sono ricercati dal Servizio Federale di Sicurezza. Si sta indagando sull’incidente.

Sul fronte di questi scontri (che Mosca vorrebbe tener lontani dagli occhi dell’opinione pubblica mondiale) interviene il Presidente dell’Inguscezia, Junujs-Bek Evkurov, che ha trascorso un periodo di cura dopo l’attentato alla sua vita da parte dei guerriglieri. Ora ha ripreso a svolgere le funzioni di leader della Repubblica. Ma non passa giorno senza che in Inguscezia non avvenga un atto terroristico, un sequestro di persona o una clamorosa uccisione. Ieri nel suo studio di lavoro è stato ucciso il ministro dell’Edilizia della Repubblica Ruslan Amerkhanov.

L’impressione è che la guerriglia stia tentando di privare l’Inguscezia del potere e del Presidente eliminandolo fisicamente e silurando la fiducia verso lo stesso da parte del popolo. Le formazioni terroristiche clandestine intanto operano per costringere la società ad abbandonare ogni speranza. Analoga situazione nell’Ossezia del Nord. E secondo un esperto del Cremlino – Andrej Grosin – l’esplosione dell’attività “terroristica” che ultimamente si registra nella regione caucasica, dimostra l’esistenza di organizzazioni clandestine appoggiate anche da paesi stranieri. In pratica, la regione che Mosca, con la tattica della disinformazija, vorrebbe tenere nascosta e lontana dagli occhi dell’Occidente, si sta sempre più “internazionalizzando”.