Colombia, basi militari per gli Usa

di Alessandro Grandi
da www.peacereporter.net

La decisione presa da Washington e Bogotà di apporre le firme sull’accordo per lo sfruttamento di basi militari nel paese sudamericano da parte degli Usa sta già generando polemiche nell’area.

Alla fine, dopo mesi di incontri, polemiche e ingerenze da parti di stati esterni alla vicenda, l’accordo è stato raggiunto: gli Stati Uniti potranno utilizzare le basi militari colombiane per i prossimi dieci anni. Scopo dell’accordo: dare maggiore impulso alle attività di lotta al narcotraffico e ai cartelli che lo controllano. Circa 40 milioni di dollari (poco meno di 30 milioni di euro) saranno versati nelle casse colombiane dall’amministrazione statunitense e in più saranno messi a disposizione dai soldati di Bogotà conoscenze e tecnologie di ultima generazione.
Ora il testo dell’accordo passerà alla revisione tecnica nei rispettivi paesi e solo dopo l’approvazione dei due governi potranno essere definitivamente firmati.

L’accordo fra il Paese latinoamericano e gli Usa ha scatenato una serie infinita di polemiche, soprattutto nei paesi limitrofi alla Colombia. Hugo Chavez, presidente del Venezuela, si è detto molto preoccupato per questa firma che giudica “molto simile a un’aggressione militare”. Ovvie e immediate le reazioni statunitensi. “La nostra presenza in Colombia ” ha detto l’assistente alla Difesa per gli affari esteri Frank Mora, “non significa che andremo a incrementare la nostra presenza in quel Paese. Stiamo solo formalizzando ciò a cui stiamo lavorando da anni”.
Intanto, però, la presenza di militari aumenterà da 250 a più di 400 unità. Inoltre, nell’accordo è prevista un’apertura a tutti i paesi della zona che avessero voglia e interesse a impegnarsi nella lotta alla droga e al narcotraffico. “Tutto avverrà nella massima trasparenza. Siamo consapevoli che il progetto potrebbe destare preoccupazioni nei paesi dell’area” ha subito fatto sapere il generale Usa James Cartwright. Avvertenze e spiegazioni quelle di Cartwright che sono un evidente segno del nuovo corso della presidenza di Obama che ha abbandonato (sembra) i metodi utilizzati nei decenni passati quando i paesi dell’America Latina erano considerati “il giardino di casa” e per questo la trasparenza era l’ultima cosa a cui si pensava.

Chavez e Correa, rispettivamente presidenti di Venezuela e EcuadorI Paesi dell’area intanto si interrogano. Dall’Ecuador il presidente Correa , ha già fatto sapere che il contratto per l’uso della pista dell’aeroporto militare della base di Manta da parte dei soldati Usa, in scadenza nel novembre prossimo, non verrà rinnovato. L’accordo valido per dieci anni era stato firmato nel 1999. Sembra, però, che all’amministrazione Usa e quella colombiana la questione non interessi molto. Da Bogotà ci tengono a far sapere che la lotta alla droga e al narcotraffico (e tutti gli accordi che la riguardano) è un affare regionale e quindi tutti i Paesi, soprattutto quelli amici, saranno invitati a dialogare e a partecipare al progetto. “Ecuador e Venezuela sono nostri fratelli” dicono a Bogotà “e accordi di questo tipo li vorremmo avere anche con il Brasile”.

Questo genere di discorso è poco convincente secondo il presidente del Venezuela, Chavez. “Questo patto militare – ha detto il leader bolivariano – inizia a far soffiare venti di guerra”. D’accordo con lui anche il presidente dell’Equador Correa. A smorzare i toni, però, ci ha pensato Alvaro Uribe che dalla capitale colombiana ha voluto pronunciare parole distensive e ha chiesto nuovamente scusa al presidente ecuadoriano per l’intrusione nel territorio controllato da Quito avvenuta nel marzo 2008. In quella circostanza l’esercito colombiano riuscì a colpire una colonna di guerriglieri delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) che si era rifugiata in territorio ecuadoriano. “Ci hanno chiesto ancora di accettare le loro scuse” ha detto Correa “e noi le accettiamo con tutto il cuore”.