La ragione della democrazia

di Paolo Flores D’Arcais
in “il manifesto” del 23 agosto 2009

Vito Mancuso ha portato il suo prezioso sostegno di teologo progressista (e perfino in odore di eresia) all’ennesima offensiva di Papa Ratzinger contro la modernità nata dall’illuminismo, il cui peccato originale – capitale e inescusabile – è indicato dal Pastore tedesco nella pretesa dell’uomo alla autonomia. Questa pretesa, in effetti, è la carta d’identità dell’illuminismo, il suo tratto essenziale: autos nomos, darsi da sé la propria legge. In questo orizzonte risuona poi il “sapere aude!” di Kant, e la ragione come tribunale supremo anche di ogni fede.

Contro questa pretesa, che è a fondamento anche della democrazia liberale, come è ovvio (visto che essa poggia sulla sovranità dei cittadini, non su quella di Dio) si è rinnovato nei giorni scorsi lo sguaiato “vade retro Satana!” di Benedetto XVI. Il suo anatema, che coinvolge democrazia e modernità. E che Vito Mancuso ha deciso di spalleggiare.

Papa Ratzinger ovviamente non prende di petto democrazia e modernità, bensì le demonizza obliquamente, a partire dall’equivalenza che prova ad instaurare tra umanesimo ateo e nichilismo (e poi tra nichilismo e nazismo, ma su questo il teologo progressista si dissocia, benché proprio su questo il ragionamento di Ratzinger diventi semmai logico).

L’evoluzione non ama il mistero

Qui ci interessa la difesa filosofica che Mancuso imbastisce della prima equazione ratzingeriana, tra umanesimo ateo e nichilismo. Mancuso definisce nichilismo “la negazione di un fondamento razionale ed eterno della natura e della storia” cioè dell’essere nella sua totalità, fondamento “comunemente chiamato Dio”, come giustamente sottolinea. Ma un tale fondamento non ha bisogno di essere negato, semmai deve essere dimostrato. L’onere della prova spetta a chi lo afferma, per negarne l’esistenza è sufficiente che tale prova non venga offerta, al di là di ogni ragionevole dubbio.

In altre parole: che l’evoluzione dell’universo dal big bang ad oggi, e poi la nascita della vita in quel frammento di sputo di una dei pianeti di uno dei miliardesimi soli di una delle infinite galassie, e poi il suo evolvere dai protozoi a quella scimmia bizzarra la cui neocorteccia apre la cogenza degli istinti ad una ampiezza e contraddittorietà di comportamenti…, che tutto questo sia razionale, cioè dovesse avvenire proprio come è avvenuto, anziché essere il frutto della contingenza (quello che Monod riassumeva nello splendido titolo del suo capolavoro: il caso e la necessità) non è cosa che vada da sé.

Confligge, anzi, con tutti i dati empirici di cui disponiamo. Di modo che va dimostrata da chi la sostiene, contro le “apparenze” che ci dicono esattamente il contrario. Il che significa dimostrare che al di sotto di tali “apparenze” agisce una entità invisibile che indirizza questo apparente caos verso uno scopo, che anima il cosmo e la storia verso il suo culmine, che è l’amore – attraverso l’amore. Come sostiene Mancuso concludendo il suo articolo.

E’ dimostrabile questa razionalità, questo finalismo, questo anelare all’amore (le tre cose, si faccia attenzione, per Mancuso sono indisgiungibili e si chiamano spirito) che dovrebbe informare l’intero corso del cosmo e infine dell’intera avventura di homo sapiens? No. Non si può dimostrare. Si può credere, volendo. Per fede, e contro ogni ragione.

Sotto il profilo filosofico non si può neppure ipotizzarlo, infatti. A proibirlo non è un qualche fanatismo ateo ma la scoperta filosofica di un religioso francescano di parecchi secoli fa, Guglielmo di Occam, che segna un caposaldo cruciale nella storia del pensiero, e stabilisce che non si debbano avanzare ipotesi esplicative aggiuntive (inevitabilmente di tipo metafisico occultistico) quando di un insieme di fenomeni abbiamo già una spiegazione adeguata.

E’ proprio il nostro caso. Alla conoscenza scientifica sfugge per ora solo quel fantastiliardesimo di secondo che precede il big bang. Per il resto, “sappiamo tutto”. E i meccanismi darwiniani dell’evoluzione della vita su questa terra (ovviamente aggiornati e perfezionati dai successivi studiosi darwiniani, fino ad oggi) hanno spiegato perfettamente tutte le differenze che zoologia e botanica ci squadernano, e tutte le testimonianze fossili delle specie estinte. E continuano a farlo, e sono puntualmente confermati dai nuovi rilievi che la scoperta del dna ha consentito e moltiplica. Non c’è dunque mistero alcuno sul come siamo venuti al mondo, e introdurre questo benedetto “Spirito” nelle vicende del cosmo e dell’evoluzione non le rende più intelligibili, le complica e oscura, spaccia “mistero” dove vi è già conoscenza.

Cittadini autonomi non sudditi

Ma, ammonisce Mancuso in perfetto sincrono teologico con Ratzinger, se rinunciamo a questo “fondamento razionale ed eterno dell’essere, comunemente chiamato Dio” precipitiamo nell’abisso di “idiozie, di odio e di morte” proprio in virtù (in vizio!) di quella pretesa all’autos nomos con cui l’uomo si sostituisce a Dio.

Questa è però – in primo luogo – la condizione umana ineludibile, se vogliamo essere razionali, cioè almeno non rifiutare le conoscenze scientifiche di cui disponiamo. In secondo luogo, come già richiamato all’inizio, l’autos nomos è la condizione perché si possa perfino parlare di democrazia, visto che fa tutt’uno con la sovranità dei cittadini (se essi dovessero obbedire ad una legge voluta da Dio non sarebbero sovrani, ma sudditi, obbedienti o disobbedienti, della Sua legge, per noi eteronoma).

In terzo luogo, se anche facessimo “come se Dio ci fosse” le cose non cambierebbero affatto, e il rischio del nichilismo resterebbe tale e quale. Quale Dio, infatti? Solo a prendere i tre monoteismi, le morali eterne e trascendenti che il Dio unico ha stabilito prevedono un matrimonio divorziabile (Jhavè), un matrimonio indissolubile (Gesù), un matrimonio con quattro mogli (Allah). Se poi allarghiamo all’intera storia del Sacro, troveremo norme che impongono come dovere etico-religioso l’antropofagia, i sacrifici umani, la tortura dei prigionieri, l’infanticidio, l’incesto… Lo aveva notato già il cristianissimo Blaise Pascal (o è anche lui un ateo nichilista?), sottolineando la vanità della pretesa di individuare con la ragione una morale naturale (anche per questo chiedeva di scommettere per la fede).

Il fatto è che Dio o il Sacro parlano sempre e solo attraverso la voce di uomini, i quali hanno proclamato legge eterna e trascendente le norme più diverse e tra loro incompatibili. E la cosa non cambia affatto se al posto di Dio mettiamo una maiuscola Ragione (quella cui fa riferimento Mancuso). Prendendola per esistente, io considero morale (cioè obbediente a tale Ragione) che un individuo condannato a morte dalla malattia e la cui condizione sia ormai di tortura, abbrevi tale tortura, perché disumana.

Il cardinal Bagnasco considera invece che sia morale l’opposto, e che anche quella tortura vada vissuta “à bout de souffle”, perché evidentemente umana, anziché disumana. Di più: come meta-etica (procedura per risolvere un conflitto etico) io sostengo che ciascuno abbia diritto a decidere sulla propria vita come preferisce, Bagnasco che la sua preferenza morale vada imposta a tutti.

Scelte di vita e di morte

Mancuso dovrebbe prendere atto che non se ne esce. Se per caso avesse ragione Dostoevskij, “se non c’è Dio tutto è permesso”, sarà altrettanto vero il reciproco, che anche “se Dio c’è tutto è permesso”, perché ciascuno può farsi interprete di Dio (o della Ragione metafisica, che ne è un surrogato) e attribuire a Lui la propria scelta morale. Con una differenza inquietante. Che se io avanzo come mia scelta morale l’eutanasia, non sarò tentato di imporla agli altri. Ma se spaccio una qualsiasi morale come Volontà/Ragione del Sacro mi verrà inevitabile e conseguente l’imporla a tutti, per il loro stesso bene (la Salvezza).

E
tuttavia il rischio del nichilismo, sotto il profilo gnoseologico inaggirabile, sotto il profilo pratico non è affatto un destino (che sarebbe comunque comune, abbiamo visto, all’umanesimo ateo e ad ogni forma di Sacro). Ogni società è costretta a “decidere” un insieme di norme che ne regolino la vita e la riproduzione. Quali norme? Qualsiasi, purché funzionino. Ma sotto questo profilo (che ha dato luogo a infinite varianti di “idiozie, di odio e di morte”), la società democratica è particolarmente avvantaggiata.

Ha “deciso” per l’eguale dignità di tutti i suoi cittadini, dunque per il loro eguale potere (almeno politico). Questa “decisione” fa tutt’uno con la democrazia perché fa tutt’uno con l’autonomia. Di tutti e di ciascuno. E’ semmai la negazione di questo principio democratico in seno alle democrazie “realmente esistenti” che dà luogo alla fenomenologia di iniquità quotidiane richiamate da Mancuso a prova dell’odierno nichilismo. Ma da esse non sarà un qualche “Spirito” a salvarci, solo la democrazia presa sul serio. Se ne saremo capaci.