LE RAGIONI DI BENEDETTO XVI SU ATEISMO E NICHILISMO

di Vito Mancuso
da www.repubblica.it

Martedì Adriano Sofri ha esordito d i c e n d o c h e avrebbe voluto provarea descrivere “lo sconcerto” col quale ha letto le parole di Benedetto XVI domenica nell’ Angelus, in particolare “il sobbalzo” provato nel vedere “la naturalezza e quasi la distrazione con la quale il Papa ha accostato nazismo e nichilismo”. Sofri è riuscito perfettamente nel suo intento perché chiunque abbia letto il suo articolo ne è uscito con la convinzione che il Papa ha sbagliato nell’ equiparare nazismo, nichilismo contemporaneo e umanesimo ateo. È veramente così? Si tratta di una conclusione azzardata, infondata, magari persino nociva per la convivenza sociale?

La questione si può affrontare dal punto di vista storiografico oppure dal punto di vista filosofico-esistenziale. Lasciando a Benedetto XVI la responsabilità storiografica dell’ equiparazione tra nazismo e nichilismo contemporaneo, io affronterò l’ equiparazione tra umanesimo ateo e nichilismo, specificando dapprima che cosa intendo per nichilismo. Definisco nichilismo la negazione di un fondamento razionale ed eterno della natura e della storia, dalla quale consegue la negazione di un punto fermo a cui il singolo debba sottomettere il suo agire e prima ancora il suo pensare. In questa prospettiva si profila il nocciolo del problema: l’ umanesimo ateo (che in quanto ateismo nega l’ esistenza di un fondamento razionale ed eterno dell’ essere comunemente chiamato Dio) è necessariamente nichilista, tale cioè da negare ogni orizzonte di valori a cui l’ uomo debba piegare il suo arbitrio e sottomettere la sua volontà? Per Benedetto XVI la risposta è sì, per Adriano Sofri la risposta è no.

Per Benedetto XVI i lager nazisti (ai quali peraltro, a mio avviso, andrebbero sempre associati i gulag comunisti, espressione di un’ ideologia non inferiore quanto a produzione di idiozie, di odio e di morte) furono la conseguenza estrema ma logica “dell’ inferno che si apre sulla terra quando l’ uomo dimentica Dio e a lui si sostituisce”. Per il papa l’ umanesimo ateo, quello secondo cui “homo homini Deus” (per riprendere una massima classica cara a Spinoza), è inevitabilmente destinato a produrre arbitrio e violenza, per il semplice motivo che l’ uomo è corrotto e instabile, e per lui vale semmai l’ altra massima classica, questa volta cara a Thomas Hobbes, secondo cui “homo homini lupus”.

L’ antropologia agostiniana, basata su una visione dell’ uomo che ha nel peccato originale il principale punto di appoggio, emerge in modo chiaro in Benedetto XVI e spiega la sua equiparazione tra nazismo e nichilismo contemporaneo (altre volte chiamato individualismo o relativismo). Ora la questione è: si può dare, come sostiene Sofri, un umanesimo ateo che non sia nichilista dal punto di vista etico? Si può dare un umanesimo senza trascendenza che riconosca un valore più grande del singolo, un primato dell’ etica in base al quale il singolo superi se stesso e la sua volontà di potenza (che spesso si declina in modo casereccio sotto forma di adulteri, menzogne, furberie, narcisismi di varia sorta)?

Se la risposta è sì, Sofri ha perfettamente ragione nel contestare l’ equiparazione papale. Si tratta di una questione enorme, che occupa gran parte delle ricerche della filosofia morale di tutti i tempi e che non è certo risolvibile nelle poche battute di un articolo. Qui mi limito a sottolineare il luogo in cui a mio avviso si gioca la partita, cioè nell’ individuazione in base alla sola ragione di un punto fermo su cui costruire il primato dell’ etica. È possibile per la coscienza contemporanea individuare tale punto fermo? Ovvero: è possibile costruire un’ etica laica? Ovvero: è possibile un umanesimo ateo non nichilista? Nel tentativo di rispondere mi pongo in una prospettiva del tutto laica, come un uomo pensante che guarda la vita a prescindere dalla tradizione religiosa nella quale è stato educato, la guarda in modo disincantato, il più possibile scevro da passioni e ideologie, come un immenso esperimento di cui ignora il risultato finale.

Che cosa vede chi guarda la vita così? Rispondo a partire dallo stesso numero di “Repubblica” in cui è apparso l’ articolo di Sofri. A parte le note vicende su chi usa il suo potere e il suo denaro per comprare donne giovani e belle, e a parte le molte donne giovani e belle che si vendono più che volentieri a chi ha potere e denaro (leggo persino di un sito Internet per insegnare alle bambine come diventare veline), il mondo che emerge da “Repubblica” dell’ 11 agosto 2009 è fatto di morti per incidenti stradali (“cinque vittime a Caserta”), di tragedie in montagna (“precipita mentre cerca funghi, muore 15enne”), di bambini che se ne vanno nel pieno dell’ infanzia (“giallo sulla morte di una bambina ricoverata per una crisi di vomito”), di chi perde la vita per futili motivi (“rissa al bar, ucciso con un pugno”), di violenze sessuali (“stupro in branco a San Felice Circeo: massacrata, lesioni agli organi interni”).

E questo per limitarsi alla cronaca italiana di una sola giornata, che va moltiplicata chissà per quanto per avere un’ idea delle tragedie che gli uomini esperiscono. La cronaca non è materia accademica e per questo non c’ è il rischio che menta. Si potrebbe però obbiettare che la vita dell’ uomo non è solo cronaca nera. Ed è vero, è anche cronaca rosa, e poi politica, cultura, esteri, spettacoli, sport, economia. Ma si profila forse qui un punto fermo sul quale costruire stabilmente il primato dell’ etica? Sono passati più di vent’ anni da quando un grande laico quale Norberto Bobbio attestò, seppure in forma dubitativa, il fallimento dell’ etica laica, cioè l’ incapacità della semplice ragione di rispondere alla domanda sul perché si debba fare sempre ciò che è giusto anche quando per il singolo sarebbe più conveniente fare il contrario, quando in un saggio del 1983 intitolato Pro e contro un’ etica laica concludeva: “Sembra dunque che ogni tentativo di dare un fondamento razionale ai principi morali sia destinato al fallimento”.

Lasciando quindi a Benedetto XVI la responsabilità storiografica dell’ equiparazione tra nazismo e nichilismo contemporaneo (associazione, mi limito a dire, che non mi convince), rimane comunque quanto mai vera a mio avviso la sua critica dell’ antropocentrismo moderno. Sono i nostri stessi giorni a rivelare che un umanesimo ateo si rivela alla lunga teoreticamente impossibile. Attenzione, non sto sostenendo che non vi siano atei dal comportamento eticamente cristallino; so bene che ce ne sono, io stesso ne conosco non pochi. Sto sostenendo piuttosto che persone così manifestano con la loro assolutezza etica un livello dell’ essere che non è conforme con la loro negazione di un’ assolutezza a livello ontologico. E quanto alla prospettiva specifica dell’ umanesimo, io ritengo che sia possibile sostenere un primato dell’ uomo all’ interno della natura solo da una prospettiva spirituale, solo cioè da parte di chi riconosce lo spirito quale dimensione dell’ essere non riducibile alla materia, perchéè esattamente lo spirito ciò che fa dell’ uomo qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri esseri viventi.

Io ritengo che l’ umanesimo o è spirituale o non è, a prescindere poi da quale nome si dia a questa dimensione spirituale tra le molteplici religioni e filosofie che intendono rappresentarla. Alla fine del suo articolo Sofri ricordava Edith Stein e padre Kolbe, da lui associati ad altri “testimoni dell’ umanità” di fedi diversi e anche privi di fede. È proprio questo valore, l’ umanità, il tesoro più alto. Nel De senectute Bobbio scriveva di non aver avuto “le soddisfazioni più durature della vita dai frutti del mio lavoro… Le ho tratte dalla mia vita di relazione, dai maestri che mi hanno educato, dalle persone che ho amato e mi hanno amato”. Sono parole che testimoniano che il senso della vita umana è l’ amore.

E l’ amore, per essere custodito, richiede un’ adeguata visione del mondo. Precisamente per custodire la verità d
ell’ amore, smentita quasi regolarmente dalla cronaca e dalla politica, gli uomini hanno sentito e sentiranno sempre il bisogno di parlare di spirito, di una dimensione interiore che non si può comprare con le ricchezze di questo mondo e che mai si vende alle ricchezze di questo mondo. Già Bobbio aveva ammesso l’ incapacità della semplice razionalità a rispondere alla domanda sul perché si debba sempre fare ciò che è giusto L’ umanesimo non può essere che spirituale, anche se poi questa dimensione può essere rappresentata da molteplici religioni o filosofie