“Noi” e “Loro”

di Loredana Biffo
da www.aprileonline.info

Il razzismo, disse Michel Foucault, consiste precisamente “nell’introdurre una separazione, quella tra ciò che deve vivere e ciò che deve morire”. Questo è esattamente quello che si ottiene con i respingimenti in Libia dove gli immigrati verranno uccisi, o nei ghetti come la clinica S. Paolo dove si può morire di malattie o incidenti, nell’indifferenza della cosiddetta civiltà occidentale

Lo scottante tema dei respingimenti dei barconi carichi di immigrati, e il modo concitato e paranoide con cui il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi affronta la questione, mette in evidenza il vero focus di un problema che ha origine in una politica di scellerato razzismo, che ha origini antiche ma, purtroppo, sempre attuali. E non è certo Berlusconi il solo colpevole dello strazio a cui stiamo assistendo, pari responsabilità ha la Lega che ha fatto di tale razzismo una bandiera nazionale.

Del resto gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della discriminazione come salvezza dalla contaminazione delle “culture altre”. Lo hanno accettato, ma sono davvero in grado di realizzarlo?

No, o perlomeno lo realizzano solo in parte, diventandone la caricatura, o lo realizzano in una misura così minima da diventarne vittime inconsapevoli, che non si vergognano della propria ignoranza (voce del verbo “ignorare”) specifica. Non a caso il Commissario Barrot, responsabile dei problemi dell’immigrazione, ha giustamente detto che il respingimento indiscriminato delle barche di immigrati pone un problema, perchè tra questi possono esserci persone che hanno titolo per chiedere e ottenere asilo, e che per questo motivo, la Commissione ha chiesto spiegazioni alle autorità italiane, che ora hanno due mesi di tempo per rispondere”.

In realtà si pone un problema ancor più grave: la violazione dei diritti di chi è già in Italia come rifugiato politico, e in possesso quindi di carta di identità italiana.

Questo è ciò che accade in una città come Torino, dove nel novembre del 2007, i centri sociali hanno occupato uno stabile (ex caserma vigili del fuoco), e ne hanno fatto un rifugio per rifugiati politici sudanesi, che viene poi in seguito sgomberato, dando origine ad una nuova occupazione nei locali di una ex casa di cura privata “Clinica San Paolo” di C.so Peschiera; un luogo assolutamente inadatto ad ospitare 300 persone in totale stato di indigenza, che vivono praticamente senza i servizi igienici minimi per garantirne l’incolumità e lo stato di salute. Ci sono fili della corrente agganciati con mezzi di fortuna a qualche casa circostante, tre tubi dell’acqua per 300 persone, di cui molte donne in stato avanzato di gravidanza, bambini piccoli e malati.

Alcune associazioni si stanno occupando della questione, tra cui il Gruppo Abele, Non solo Asilo, l’associazione Adelaide Aglietta e molte altre, che si pongono l’obiettivo di dare asilo a rifugiati politici somali, etiopi e sudanesi che si trovano in Italia, ma il Governo e il Comune, nonostante la situazione che rivela lo stato d’urgenza, tergiversano rimandando il problema perchè i rapporti tra le parti sono pessimi. Nel gennaio 2009 ci sono dei disordini, tutte le associazioni sostengono gli immigrati, mentre il Comune continua a rimandare la decisione di trovare una collocazione dignitosa ai rifugiati. Nel giugno 2009 il Prefetto decide di spostarli in Via Asti alla Caserma Lamarmora, e il Sindaco Chiamparino ordina lo sgombero della ex clinica S. Paolo, ma solo dopo si rendono conto che i rifugiati sono 340, e che nella caserma Lamarmora ci sono solo 200 posti.

A questo punto esplodono le proteste dei Radicali e delle Associazioni, pertanto il trasferimento viene rimandato, la data prevista è l’ 11 settembre 2009 (complimenti per la scelta), e le persone che non rientrano nella capienza massima della caserma, verranno trasferite “in qualche altro posto” da definire (notare che manca poco alla data dell’ 11).

La Senatrice Rita Bernardini, in seguito alla petizione dell’ Associazione Radicale Adelaide Aglietta, chiede conto al Ministro Maroni attraverso una interrogazione parlamentare, di assumersi la responsabilità a livello nazionale e trovare sistemazione per tutti, tenendo conto anche dei nuclei famigliari. Il governo tergiversa, e il problema rimane; le associazioni continuano la loro battaglia nell’indifferenza generale; si pensi che l’Assessore alle Politiche Sociali Borgione, ha detto che “la città ha fatto fin troppo” (sic!), il Sindaco Chiamparino è stato invitato allo stand dei Radicali alla festa del PD, a visionare un video girato all’interno del tugurio in cui vivono questi “esseri umani”, ha detto tra l’imbarazzato e il seccato che qualcosa verrà fatto; il giorno dopo questo incontro con i Radicali, è stato mandato in onda un servizio sul Tg 3 in cui si diceva che si sarebbero presi provvedimenti, ma vorrei aggiungere che in qualità di Sindaco è pienamente responsabile di come lavorano i suoi assessori che fino ad ora non hanno risolto il problema; inoltre la caserma Lamarmora sarebbe comunque un luogo provvisorio per 6 mesi, perchè poi arriverebbero gli alpini, quindi si ricomincerebbe tutto da capo.

La cosa sconcertante in questo rimpallo di responsabilità, è che Torino rischia di essere il caso migliore nel Paese, perchè in base a quanto ne sappiamo nelle altre città, i rifugiati politici potrebbero essere tranquillamente alloggiati sotto i ponti o sui marciapiedi, mentre secondo la Convenzione di Ginevra, il protocollo di New York e la Costituzione Italiana, avrebbero diritto di asilo.

In materia di immigrazione e cittadinanza, l’articolo 13, 2^ comma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dice che: “ognuno ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio”, è un diritto universale, conferito a tutti gli esseri umani, che evidentemente comporta il diritto di immigrare in paese diverso, e perciò il dovere della comunità internazionale di garantirne in qualche forma l’esercizio.

Il razzismo istituzionale racchiuso nel “reato di clandestinità” è il riflesso di una nuova, radicale asimmetria tra “noi e “loro”, concepita dalle attuali politiche dell’Occidente, orgoglioso di celebrare i propri trionfi e la propria superiorità rispetto al resto del mondo. La materializzazione di questa asimmetria attraverso le legislazioni contro l’immigrazione, la possiamo chiaramente riconoscere nel nostro “bisogno di sicurezza”, nella nostra incontaminabile “identità culturale”, anche a costo di far finta di nulla di fronte alla morte di milioni di esseri umani, che avvertiamo come “diversi”, e che in quanto tali, nemici, o comunque inferiori.

La costruzione di questo immaginario, è servito inoltre a cambiare il senso comune rispetto al concetto di devianza e al diritto penale, creando allarme sociale non già contro i delitti dei potenti – le corruzioni, i peculati, le grandi bancarotte, le devastazioni ambientali, le mafie, che a detta di qualcuno, la “magistratura politicizzata” si ostina a voler perseguire, bensì gli scippi, i delitti di strada le violenze sessuali commesse da immigrati (quelle degli italiani passano in secondo piano anche se sono numerose e all’interno delle famiglie), che non a caso riempiono le cronache televisive, e ancor più le carceri italiane.

Il razzismo, disse Michel Foucault, consiste precisamente “nell’introdurre una separazione, quella tra ciò che deve vivere e ciò che deve morire”. Questo è esattamente quello che si ottiene con i respingimenti in Libia dove gli immigrati verranno uccisi, o nei ghetti come la clinica S. Paolo dove si può morire di malattie o incidenti, nell’indifferenza della cosiddetta civiltà occidentale.