I fantasmi di Ahmadinejad

di Christian Elia
da www.peacereporter.net

Sepolture senza nome a Teheran: un’inchiesta getta ombre sul secondo mandato del presidente iraniano, pressato anche dall’estero

Anche il municipio di Teheran conferma: nel cimitero cittadino di Behesht-e Zahra sono stati sepolti almeno 42 cadaveri senza nome. La notizia è stata pubblicata, nei giorni scorsi, dal sito Norooz.com, vicino all’opposizione iraniana. Foto e testimonianze di un dipendente del cimitero confermavano l’indiscrezione.

L’amministrazione comunale, pur confermando l’avvenuta sepoltura di salme non identificate, ha dichiarato che l’ordine è arrivato direttamente dal procuratore capo di Teheran che all’epoca dei fatti (le sepolture sono avvenute tra il 12 e il 15 luglio scorsi) era Said Mortazavi, oggi destituito. Il sospetto è chiaro: secondo le opposizioni nel campo 302 del cimitero di Behesht-e Zahra sono stati sepolti alcuni dei dimostranti arrestati e poi scomparsi nel nulla durante le proteste che hanno seguito le elezioni presidenziali di giugno. Il Comune, in realtà, pur ammettendo le sepolture, ha tenuto a specificare che ogni anno più di trecento corpi vengono sepolti senza che si riesca a identificarli. Solo che, dopo un sopralluogo degli stessi membri del consiglio comunale della capitale iraniana, sono stati rinvenuti altri 150 cadaveri anonimi sepolti nello stesso cimitero delle prime 42 salme. Si tratta, dunque, di 192 cadaveri nel giro di un mese. Una cifra di molto superiore alla media. Il direttore del cimitero è stato rimosso, ma le polemiche non si placano, perché sono migliaia le persone delle quali non si ha più notizia dopo i disordini che sono andati avanti per un mese. ”I dipendenti del cimitero non hanno fatto accertamenti sulle cause delle morti e neppure sullo stato dei cadaveri”, ha spiegato al quotidiano Etemad Hassa Beyadi, che ha guidato la commissione del Comune di Teheran, garantendo che i medici legali faranno chiarezza sulla causa della morte delle anonime salme.

Non tutte le vittime sarebbero anonime. Secondo il sito Mowjcamp, vicino ai riformisti, almeno uina delle salme sepolte in segreto a Teheran, avrebbe un nome. Si tratterebbe di Sahideh Aghai, una ragazza che sarebbe stata uccisa durante duri interrogatori nei quali non sarebbero mancate (secondo alcune testimonianze) stupri, torture e violenze di ogni tipo. La giovane donna sarebbe morta in una delle caserme dei basiji, i miliziani religiosi volontari, e la sua famiglia avrebbe appreso la sua sorte solo dopo la sepoltura segreta. Ai suoi parenti, sempre secondo lo stesso sito, sarebbe stato imposto il silenzio sulla vicenda. Sul caso di Sahideh e sugli altri indagherà la commissione parlamentare.

Un’inchiesta che potrebbe creare gravi imbarazzi all’esecutivo di Teheran, sospettato da molte organizzazioni non governative internazionali di avere usato il pugno di ferro contro i dimostranti.
Said Mortazevi, ex procuratore capo, è uno dei massimi indiziati per queste scomparse e, pur essendo un fedelissimo del contestato presidente iraniano Ahmadinejad, ha perso il posto. L’ayatollah Sadegh Larijani, nuovo capo della magistratura iraniana, secondo il quotidiano di area riformista Sarmayeh, avrebbe ordinato il rilascio di alcuni manifestanti arrestati durante i disordini post elettorali. ”L’ayatollah è pronto a liberare alcuni di loro”, ha dichiarato al quotidiano il deputato Kazem Jalali, portavoce della commissione parlamentare d’inchiesta sulle manifestazioni. ”Il nuovo capo della magistratura ritiene opportuno che vengano garantiti ai manifestanti i loro diritti”. Larijani è l’uomo che ha silurato Mortazevi e la sensazione è che il regime tenti di offrire un’immagine meno compromessa di sé, ma l’inchiesta sui cadaveri senza nome di Behesht-e Zahra potrebbe essere un colpo troppo duro per essere retto solo dal capro espiatorio Mortazevi.

Ahmadinejad, però, nonostante un tentativo del regime di dare l’immagine più trasparente possibile del comportamento delle forze dell’ordine durante i tumulti di giugno, continua a mostrare i denti. Anche l’ex presidente riformista Khatami è nel mirino dei falchi, tanto da essere definito ”un uomo che ha tramato per la destituzione della Guida Suprema Khamenei” dal comandante dei Pasdaran, le guardie della Rivoluzione, il generale Jafari. La tensione resta alta e il governo, in queste ore, ha silurato ben quaranta ambasciatori in giro per il mondo perché ritenuti troppo vicini ai riformisti. La tensione resta alta tanto che, secondo il canale satellitare al-Arabiya, centinaia di poliziotti sono stati schierati attorno agli edifici sensibili di Teheran e delle città più importanti del Paese in vista del voto di fiducia definitivo della Majlis (il parlamento iraniano) al governo di Ahmadinejad. Il presidente iraniano non avrà problemi ha ottenere la fiducia, ma il suo secondo mandato inizia sotto un cielo carico di nubi. In patria e all’estero.

Dopo aver incassato le dichiarazioni del presidente dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) Mohammed El-Baradei, che ha definito ‘gonfiata’ la minaccia nucleare di Teheran in un’intervista concessa al quotidiano britannico Times, l’esecutivo iraniano ha rilanciato la sua proposta al gruppo 5+1 (Francia, Russia, Gran Bretagna, Cina, Usa e Germania). Al gruppo, che si riunirà oggi a Francoforte per valutare nuove sanzioni all’Iran, il governo di Teheran presenterà un nuovo pacchetto di proposte, come ha annunciato ieri Saeed Jalili, negoziatore capo, in un’intervista alla televisione di Stato Irib. Ahmadinejad, dunque, tenta la carta del negoziato, ma non è solo l’Occidente a mettere pressione all’Iran.
Ieri Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba, in un’intervista al quotidiano kuwaitiano al-Jarida, ha espressamente invitato l’Iran a cessare le sue interferenze nei confronti delle comunità sciite in Yemen, Libano, Iraq e nei Territori Palestinesi. Un attacco diretto del mondo sunnita, che ha nell’Arabia Saudita il principale nemico ‘dell’imperialismo sciita’ che ha caratterizzato il precedente mandato di Ahmadinejad.