Abruzzo/2 Sisma, Onna e gli altri

di C.R.
da www.aprileonline.info

La consegna delle prime case agli sfollati del terremoto è una notizia ed un fatto importante. Sono passati 5 mesi dal terribile sisma che ha sconquassato l’Abruzzo alle 3.30 del mattino del 6 aprile. Cinque mesi di tenda, di alternanza di freddo e caldo, di tensioni ed emozioni, di promesse, speranze e sofferenze. Da oggi Onna ha 47 casette nuove di zecca: nulla a che fare con le pietre e le strade di un tempo, nessun antico portale, nessuna storia certo. I nuovi Map (moduli abitativi provvisori) portano nel loro stesso nome il senso di tante vite ancora sospese tra un passato che difficilmente tornerà ed un futuro un po’ anonimo, asettico. Ma un tetto è sempre un tetto e, con l’inverno alle porte, è importante uscire dalle tende, dalle stanze d’albergo o dalle palestre.

Un destino che divide gli sfollati abruzzesi: se poco più di 200 persone godranno nelle prossime ore di una casa con le pareti rigide, ci sono ancora più di 11 mila cittadini che sono nelle tende a temperature inaccettabili. E dalle tende questi sfollati non entreranno nelle case ma vanno negli alberghi.

Torniamo ad Onna. Le case che il 15 vengono inaugurate dal presidente del consiglio non erano previste e sono state individuate dopo una mobilitazione dei cittadini di Onna che non volevano spostarsi, non sono dunque le case del progetto del governo che non sono ancora pronte, sono casette realizzate dalla Provincia di Trento con i fondi della Croce Rossa, dopo che gli onnesi hanno rifiutato di essere deportati in qualche new town e di lasciare le proprie macerie e tombe.

Queste case di legno sono esattamente il contrario di quello che Berlusconi e Guido Bertolaso hanno imposto al resto de L’Aquila: gli orrendi, permanenti, costosi moduli C.a.s.e. che, peraltro, sono ampiamente insufficienti rispetto al numero di persone da alloggiare. Lo avevano previsto tutti e il vice di Bertolaso, Bernardo De Bernardinis è stato costretto ad ammetterlo dalla semplice evidenza dei fatti: i moduli, quando saranno pronti [e non lo sono], basteranno sì e no per metà delle persone che hanno perso tutto.

Nei campi è iniziata una tragica lotteria per la costituzione delle «graduatorie»: si deve stabilire chi ha diritto ad andare subito nei C.a.s.e. e chi, invece, dovrà arraggiarsi tra caserme, hotel [non quelli sulla costa, già saturi] e comuni più o meno limitrofi. Il governo non ha mai preso in considerazione soluzioni alternative ai C.a.s.e., progettati, appaltati e pagati dalla Protezione civile. Non sono i C.a.s.e. che andranno in onda stasera, ma le gentili casette che il governo non ha voluto usare per il resto della città abruzzese. Bertolaso ha messo la Protezione civile al servizio del governo, non degli aquilani.

E non è un caso che anche oggi non sono mancate le proteste all’indirizzo del premier: i cittadini di Tempera, frazione di Paganica, quando dovranno abbandonare le tendopoli non sanno ancora dove verranno spostati. Per questo hanno esposto uno striscione con scritto “Dove andremo a settembre? No alla deportazione”. Stessa preoccupazione per un gruppo di cittadini di Castelnuovo. Non vogliono essere “terremotati di serie B”. E temono un inverno da nomadi, sballottati tra un albergo e l’altro. In più con la beffa di divenire ostaggi mediatici di chi come Vespa, per ironia, di “porte” ne ha addirittura due.

Per questo è sacrosanto il richiamo ad una maggiore sobrietà lanciato, ancora oggi, dal presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane: “Perché siamo ancora lontani dalle promesse fatte dal governo”. Mentre il premier passeggia per Onna, depone corone di fiori e inaugura il nuovo asilo nido, il tutto condito da un’esibizione mediatica a senso unico, noi aspettiamo e ci auguriamo che entro novembre, come promesso da Bertolaso, “le case ci saranno per tutti”.

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UNA VOCE DALL’ABRUZZO
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