Il ministro Maria Rosaria incassa i ringraziamenti alla presidenza italiana del G8

di Giovanna Romualdi ⋅
da www.womenews.net

G8 e la violenza contro le donne: due giorni di conferenza internazionale a Roma (9 e 10 settembre) promossa dal Dipartimento delle Pari opportunità in collaborazione con il Ministero degli esteri.

Perché fra gli interventi programmati per quanto riguarda l’Italia non figura nessuna donna della Rete dei Centri antiviolenza o dell’Udi che dal 25 novembre scorso porta avanti fino alla stessa data di quest’anno la “staffetta” contro la violenza (il 25 novembre è data stabilita a livello internazionale come giornata contro la violenza sulle donne)? La denuncia circolava fra le donne italiane presenti fra le osservatrici (stampa, Ong e altro) all’inizio dei lavori e l’interrogativo si sarebbe potuto porre nei brevi spazi d’intervento possibili, ma non si è posto perché – via via che le due giornate si sono dipanate – gli apporti delle donne venute da tante parti del mondo hanno fatto diventare questa conferenza spazio di confronto e proposte di strategie politica che ha messo – come spesso accade – in sordina la miseria politica italiana.

Alcune di noi si sono date da sole la risposta (anche in linea con quanto espresso dall’Udi Napoli), altre non hanno voluto che queste giornate ricadessero in quella miseria. Né, d’altro canto, si è voluto rilevare che il linguaggio della brochure “programma” era tutta un ministro e consigliere (e quando Emma Bonino ha interpellato qualche “madame la ministre”, la traduttrice si è preoccupata di stare all’ordine traducendo in “ministro” magari saltando signor).

L’intervento d’apertura della conferenza del presidente della Repubblica è nel segno dell’era dei diritti e la riaffermazione che “la violenza nei confronti delle donne e delle bambine rappresenta un’inaccettabile forma di violazione e privazione dei diritti umani” costituisce l’asse portante delle conclusioni, eppure molti degli interventi delle straniere sono andati più in là non soltanto evidenziando – a partire dalla loro esperienza anche tragica – la complessità del problema, giungendo a collocare le sue radici trasversalmente alle varie culture e alle varie religioni nel potere degli uomini sulle donne. Ma si sa che in una conferenza internazionale le conclusioni – scritte sempre prima – finiscono e devono finire in una dichiarazione di buoni intenti lasciando nascosti fra le pieghe tanti aspetti o nominandoli nel modo più generico possibile.

Torno a dire che dalla miseria italiana ci hanno salvato le altre, chiamando in causa anche con posizioni diverse il ruolo del femminismo (mai nominato nel banale “bignamino” di storia delle donne in Occidente da parte della “consigliere del presidente della Camera”), delle religioni (la loro gestione patriarcale, nominando perfino il Vaticano e non una generica religione cattolica) e degli uomini(una questione di potere degli uomini sulle donne?. Perché a tre quarti della conferenza, non importa da chi in sede di dibattito, è venuto fuori l’interrogativo: non sarà il caso che comincino a parlare gli uomini? E su questa scia si è data, imprevista, la parola a Palumbo dell’associazione “maschile plurale” che – cogliendo al volo l’occasione – ha posto come cardine il ripensamento della mascolinità “a partire dal presidente della Repubblica, dal presidente del consiglio ….” tanto per restare in Italia.

La presenza delle donne che sono impegnate nei loro paesi e/o nelle organizzazioni internazionali o che hanno subito la violenza sulla loro pelle, ha reso valido l’evento anche con momenti emotivamente forti: “non ho titoli intellettuali, solo la mia storia, quella della tratta” ha detto Isoke Aikpitanyi (Associazione “Le ragazze di Benin city”) che ha interrotto fra le lacrime il suo intervento in cui ha voluto anche evidenziare come sia diverso parlare di violenza fra che l’ha subita o la deve subire per sfuggire alla miseria reale del suo paese e chi no. Significativi sono stati anche gli interventi del Presidente dell’associazione Smileagain, impegnata nell’ospedale di Udine a ridare un volto a donne sfregiate dal vetriolo in Pakistan (la ministra Carfagna si è impegnata personalmente a individuare il modo per sostenere il progetto), e del Direttore Istituto nazionale promozione salute migranti di Roma, reduce dal Centro di prima accoglienza di Lampedusa.

Le donne degli altri paesi, soprattutto quelle impegnate a livelli istituzionali, hanno voluto cogliere un’occasione tutta politica: è la prima volta che il G8 pone in agenda la violenza di genere, e per questo tutte hanno ringraziato “ministro” e presidenza del G8 anche se, come ha ricordato la rappresentante afghana di Actionaid tutto il G8 era affare di donne. Hanno ricordato quanto già si è fatto o si fa a livello internazionale, in particolare Onu, ma a partire da ciò voglion dai paesi del G8 rispetto degli impegni già presi e in particolare il sostegno finanziario alla cooperazione allo sviluppo e, attraverso il coinvolgimento della società civile, il recupero delle pratiche e delle competenze già in atto. Il problema è complesso – è stato detto – ed ha bisogno di strategie d’intervento complesse. Una prima occasione che deve trovare gambe per andare avanti: il ministro agli esteri Frattini ha preannunciato la proposta agli altri ministri degli esteri di una riunione specifica collaterale ad una assemblea dell’Onu.

Le conclusioni vanno nella direzione delle raccomandazioni “per una nuova epoca di cooperazione internazionale e di una grande alleanza fra tutti i Governi e la società civile per affrontare la sfida comune di porre fine ad ogni forma di violenza contro le donne”, puntando sull’empowerment delle donne, sull’educazione delle bambine.

Ai media, l’appello a svolgere il loro ruolo d’informazione abbandonando “sterotipi sociali degradanti” e promuovendo “l’immagine della donna come protagonista ed artefice del progresso della comunità”. Il governo con questo evento segna un punto a suo favore, si tratta di vedere se all’evento seguiranno pratiche politiche adeguate. Si tratta di tallonare la ministra senza pregiudizi, a partire dagli spot televisivi annunciati.