RICORDANDO SABRA E CHATILA

di Giulio Vittorangeli
da Minime 945 del Centro di Ricerca per la Pace

Ci sono avvenimenti storici che hanno segnato, nel bene e nel male, intere generazioni. Spesso con la loro drammaticita’ hanno rappresentato un vero spartiacque, un passaggio di stagione verso la maturita’ politica ed emotiva; una frattura tra prima e dopo, e niente e’ stato piu’ come prima. Ricordo ancora l’estate del 1982, l’Italia festeggiava l’imprevista vittoria dei campionati mondiali di calcio, ma a meta’ settembre il massacro di Sabra e Chatila avrebbe scosso le coscienze di molti. Tutto era iniziato qualche mese prima, con lo stato di Israele che cercava di spazzare via l’Olp da Beirut e dal Libano e privarla del terreno nel quale si era creata un apparato statale riuscendo a decollare fino a diventare un interlocutore internazionale.

Il 6 giugno l’esercito israeliano invadeva il Libano. L’operazione, ufficialmente, doveva limitarsi a una quarantina di chilometri, ma le truppe si spingevano rapidamente verso Beirut, che i falangisti avevano gia’ stretto d’assedio. L’assedio durera’ 88 giorni. A fine agosto i combattenti e la dirigenza dell’Olp partivano per disperdersi in diversi paesi, scortati dalla forza multinazionale americana, francese e italiana. Partiti i palestinesi se ne andavano anche le truppe occidentali. Il Libano veniva abbandonato al nuovo presidente, Bashir Gemayel, e agli israeliani. Il 14 settembre Bashir saltava in aria nel suo quartiere generale, all’alba del giorno seguente gli israeliani entravano a Beirut Ovest: rastrellavo, arrestavano, deportavano; impedivano l’accesso alla zona in cui si trovavano i campi di rifugiati palestinesi dove erano rimasti soltanto le donne, i vecchi e i bambini.

Il pomeriggio di giovedi’ 16, gli israeliani facevano entrare nei campi di Sabra e Chatila i camion delle milizie cristiane a cui si erano uniti anche musulmani sciiti. I miliziani massacravano senza sosta e senza affanno, fino all’alba del sabato. Di notte le truppe israeliane, che circondavano i campi, illuminavano a giorno con i razzi. Il sabato, all’alba, l’assedio ai campi veniva tolto. Entravano l’Onu, la Croce Rossa e i giornalisti.

Gli israeliani dopo qualche giorno lasciavano Beirut Ovest; ritornavano le truppe internazionali (della quale facevano ancora parte gli italiani) che, troppo in fretta, si erano lavate le mani del Libano. Il bel romanzo-reportage Il giorno che a Beirut morirono i panda (edito da Gamberetti), ambientato nel cuore del Libano dell’estate 1982, della giornalista Rita Porena, raccontera’ (undici anni dopo) la scandalosa normalita’ della vita degli assediati di Beirut (quella che era considerata la citta’ svizzera d’Oriente) e il macello insensato e inumano di Sabra e Chatila, vero oltraggio alla civilta’.

Il libro ha, in se’, una favola che spiega il titolo. “La favola della protagonista che immagina una scoperta dei panda in estinzione nel cuore del Libano per attirare l’attenzione del mondo, sempre piu’ accorto a difendere gli animali in estinzione che i popoli in diaspora e a rischio di scomparsa, quella favola inizialmente aveva un finale aperto: gli animali, i panda potevano vivere o morire, happy end o finale drammatico a scelta.

Poi in quel campo palestinese il cerchio si chiude (…) Rita Porena si congeda con un gesto simbolico, di pieta’ asciutta e non retorica, coprendo con il proprio giubbetto i corpi nudi e lividi di due donne palestinesi stuprate e poi uccise” (dalla recensione di S. Della Volpe, “L’indice”, n. 8, 1993). In Italia, il Comitato “per non dimenticare Sabra e Chatila”, fortemente voluto dal giornalista Stefano Chiarini (purtroppo prematuramente scomparso), ha cercato di tramandare la memoria di quanto successo; contemporaneamente di sostenere i diritti nazionali, umani ed economici dei profughi palestinesi in Libano, ogni giorno piu’ dimenticati e abbandonati a se stessi.

Molte cose a livello mondiale sono profondamente cambiate dall’estate del 1982, ma in Palestina la situazione e’ solo ulteriormente peggiorata. L’irrazionalita’ della guerra e’ sempre la stessa, come drammaticamente testimonia l’offensiva “Piombo fuso” compiuta dall’esercito israeliano tra dicembre 2008 e gennaio 2009. Per non parlare del muro che Israele sta ultimando all’interno dei Territori occupati, o del continuo espandersi degli insediamenti israeliani, (entrambi contrari al diritto internazionale), cosi’ come puntualmente (ed inutilmente) riaffermato dall’Onu.

Certo, nel 1982, i “confini” delle ragioni erano piu’ netti. Oggi sappiamo ancora chi ha ragione, ma sono ragioni o torti sempre parziali. Eppure, come persone che amano la pace, dobbiamo fare di tutto perche’ si avvii un vero negoziato che consenta una soluzione politica basata sul rispetto dei diritti dei popoli e che possa garantire nell’immediato confini sicuri per lo Stato di Israele e per lo Stato di Palestina.