Il franchismo di ritorno

di Michele Paris
da www.altrenotizie.org

Nella Spagna odierna di Zapatero è possibile finire sotto processo per aver indagato sui crimini commessi durante la dittatura franchista. Questo é infatti ciò che sta accadendo al giudice investigativo Baltasar Garzón, salito alla ribalta delle cronache mondiali nel 1998, quando spiccò un mandato di cattura nei confronti di un Pinochet convalescente in Gran Bretagna. Alcune organizzazioni spagnole di estrema destra hanno ottenuto la citazione in giudizio del noto magistrato, colpevole, a loro dire, di aver cercato di rendere giustizia a centinaia di migliaia di vittime del regime di Francisco Franco, nonostante l’amnistia garantita dal governo di transizione nel 1977.

La Corte Nazionale spagnola ha accettato di aprire un procedimento a carico di Garzón su richiesta delle associazioni civiche di destra Manos Limpias e Libertad y Identitad, le quali sostengono che il giudice abbia abusato dei propri poteri nell’accusare formalmente il “Caudillo” e 34 suoi ex generali e ministri di crimini contro l’umanità. In base a queste accuse è stata successivamente ordinata la riesumazione di migliaia di vittime seppellite in fosse comuni.

L’indagine di Garzón era partita nell’ottobre dello scorso anno ed era stata immediatamente salutata da più parti, compresi parecchi esponenti del Partito Socialista al governo (PSOE), come un “processo simbolico a Franco”. Garzón da parte sua si era però affrettato a togliere qualsiasi connotato politico all’inchiesta, puntando esclusivamente a cercare di far luce sulla sorte delle persone sparite e finite negli ingranaggi del sistema di repressione franchista.

Il lavoro del giudice della Corte Criminale di Madrid non aveva tuttavia incontrato i favori del Partito Popolare (PP) all’opposizione né, soprattutto, della Chiesa Cattolica, entrambi preoccupati per le possibili conseguenze della riapertura di “vecchie ferite del passato”. In seguito a queste proteste, con una mossa a sorpresa, il Procuratore Generale dello Stato Cándido Conde-Pumpido decise di prendere una posizione ufficiale contro l’indagine aperta da Garzón, che avrebbe passato allora il caso, e la responsabilità degli scavi per riportare alla luce le fosse comuni del regime, ai vari tribunali regionali spagnoli.

L’offensiva nei confronti del magistrato troppo zelante ha finito per infiammare la destra spagnola. A febbraio di quest’anno così, il Ministro della Giustizia Mariano Fernández Bermejo è stato costretto alle dimissioni dopo essere finito sotto il fuoco incrociato delle polemiche per aver partecipato ad una battuta di caccia con lo stesso Baltasar Garzón, il quale solo pochi giorni prima aveva incriminato alcuni membri del PP nell’ambito di una inchiesta per corruzione su appalti pubblici. Pochi mesi più tardi, sarebbe toccato a Garzón finire sotto inchiesta – poi archiviata – per presunti compensi non dichiarati ricevuti da una Università americana tra il 2005 e il 2006.

La debolezza del governo di Zapatero di fronte alle pressioni dell’opposizione, ma anche del governo americano, si è manifestata infine con l’approvazione di una legge che ha posto dei limiti alla facoltà dei magistrati spagnoli di inquisire cittadini di qualsiasi nazionalità per crimini di guerra e contro l’umanità. Proprio grazie al principio della “giurisdizione universale” per crimini particolarmente gravi, Garzón aveva chiesto l’arresto dell’ex dittatore cileno e, più recentemente, si era cimentato con un’indagine ai danni di George W. Bush e di alcuni membri della sua amministrazione per aver autorizzato interrogatori con metodi di tortura a Guantánamo e nelle altre prigioni segrete della CIA.

Alla prima udienza in tribunale, Garzón ha sostenuto in maniera appassionata il suo dovere di “indagare i fatti e scoprire le responsabilità in nome delle vittime” del franchismo. A suo parere, i crimini commessi dagli autori della sparizione di oltre 100 mila persone non possono in nessun modo beneficiare di provvedimenti di amnistia. In suo favore è intervenuta anche la Commissione Internazionale dei Giuristi (ICJ), chiedendo l’annullamento del procedimento contro il giudice spagnolo che, in caso di condanna, rischia la sospensione e la rimozione dal proprio incarico. Secondo la Commissione, il tentativo di interferire nel processo giudiziario appare “particolarmente preoccupante”, in quanto si tratta di gravi crimini contro l’umanità che la Spagna ha il dovere di perseguire. Provvedimenti di amnistia per tali crimini, inoltre, sono resi nulli dalle leggi dell’Unione Europea sui diritti umani.

Per l’associazione Manos Limpias invece, il procedimento ai danni di Garzón appare a tutti gli effetti come il primo passo verso la delegittimazione del lavoro di un giudice che si riterrebbe “al di sopra della legge”. Dal suo sito ufficiale, addirittura, il gruppo di estrema destra definisce Garzón “un tumore maligno all’interno del sistema giudiziario” iberico e che deve essere rimosso a tutti i costi. Dal 1997, i vertici di Manos Limpias hanno presentato 18 denunce contro l’operato di uno dei candidati alla presidenza della Corte Penale Internazionale, tutte puntualmente archiviate.

La capacità di sollevare una simile questione da parte di un’organizzazione che conta appena 6.500 iscritti testimonia dell’influenza di cui gode l’estrema destra in Spagna a trent’anni di distanza dalla transizione del paese verso la democrazia. Manos Limpias è stata fondata da Miguel Bernard nel 1995, in seguito alla dissoluzione del suo partito, Derecha Española. Nostalgico franchista, Bernard ispira la sua azione politica a quella di Blas Piñar, ex parlamentare all’epoca di Franco e animatore del Movimiento Nacional, vero e proprio epicentro ideologico del fascismo negli anni della dittatura.

A sua volta fondatore di alcuni partiti di destra durante la transizione (Fuerza Nueva, Frente Nacional), Piñar può essere considerato inoltre come una sorta di padre spirituale di molti membri del Partido Popular di Aznar prima e ora di Rajoy, creato nel 1989 da un altro ex franchista, Manuel Fraga Iribarne, con il contributo dei fuoriusciti di varie formazioni di destra del dopo-Franco. Con l’apertura del processo a Baltasar Garzón, la Spagna rischia insomma di gettare nell’ombra la sorte di oltre 300 mila oppositori del franchismo assassinati, 500 mila detenuti per reati politici e 500 mila costretti all’esilio.