Il testamento biologico tema cruciale per la laicità delle istituzioni

di Paolo Bonetti
da www.italialaica.it

La Germania di Angela Merkel, dopo un dibattito civilissimo che ha coinvolto partiti politici, chiese e associazioni culturali, ha una legge sul testamento biologico. È stata votata il 18 giugno di quest’anno ed è entrata in vigore dal 1 settembre. Chi volesse averne un’informazione dettagliata e precisa può andare sul sito online di Micromega dove si trova un articolo di Marlis Ingenmey che riassume bene l’intera vicenda.

Va detto subito che la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, pur non approvando il testo definitivo della legge proposto da un deputato socialdemocratico e approvato da una maggioranza che ha compreso tutti i gruppi politici ad eccezione di CDU e CSU, hanno partecipato alla discussione con grande attenzione e rispetto verso le tesi della maggioranza parlamentare, manifestando anche una certa disponibilità verso l’autodeterminazione del paziente, seppure non nelle forme previste dal disegno di legge approvato alla fine.

D’altra parte, anche i due partiti democristiani avevano presentato proposte di legge certamente più aperte di quella votata dal Senato italiano qualche mese fa. Marlis Ingemey scrive che “la spinta decisiva a legiferare” si era manifestata già nel marzo del 2003, quando la Cassazione tedesca aveva sancito “la legittimità e il carattere vincolante” delle “disposizioni anticipate del paziente”.

Ora una legge del Bundestag, modificando le disposizioni del Codice civile, ha stabilito che “se un maggiorenne capace di prendere decisioni in merito ha dichiarato per iscritto, in previsione della propria eventuale futura incapacità, di dare o negare il suo consenso a determinati trattamenti diagnostici, terapeutici o chirurgici, all’epoca non ancora imminenti, il tutore verifica se tali dichiarazioni riguardano realmente la situazione venutasi a creare(stato di salute e trattamenti possibili). In caso affermativo il tutore deve rendere nota e far rispettare la volontà del suo assistito.

Le Disposizioni del paziente possono, in qualsiasi momento, essere revocate senza alcuna formalità”. Inoltre, in mancanza di disposizioni scritte da parte del paziente, “il tutore deve appurare i desideri riguardo ai trattamenti o la volontà presunta del suo assistito e decidere di conseguenza se dare o negare il consenso” alle cure mediche previste nel caso in questione. La volontà presunta del paziente dovrà essere accertata “in base a elementi concreti. Sono da considerare in particolare affermazioni, a voce o scritte, fatte in precedenza dall’assistito, suoi convincimenti etici o religiosi ed eventuali altri suoi valori di riferimento”.

Dunque, la legge tedesca dichiara esplicitamente che le disposizioni del paziente debbono essere “vincolanti” per il tutore, per i medici e per il personale paramedico. E fra i trattamenti medici che è possibile rifiutare attraverso questo testamento biologico, ci sono anche la nutrizione e l’idratazione artificiali che, per le modalità con cui sono messe in atto, è ben difficile non considerare come pienamente appartenenti a terapie mediche che sono, in questo caso, di particolare invasività.

Anche in Italia, in materia di volontà del paziente (compresa quella non manifestata per iscritto) e di trattamenti medici come la nutrizione e l’idratazione artificiale, ci sono state, in occasione del caso Englaro, chiare pronunce da parte della Corte d’Appello di Milano e della Cassazione a sezioni civili unite.

D’altra parte, ci sono ben quattro articoli della nostra Costituzione (il 2, il 3, il 13 e il 32) che renderebbero perfino superflua l’approvazione di una legge sul testamento biologico. I giudici milanesi e quelli della Cassazione, contrariamente a quello che hanno affermato i critici delle due sentenze, non hanno per nulla indebitamente legiferato, usurpando le funzioni del Parlamento; si sono semplicemente limitati ad applicare principi e norme della Costituzione italiana, che chiaramente riconoscono il diritto di ogni cittadino a curarsi o non curarsi come meglio crede, a meno che i suoi comportamenti e le sue condizioni di salute non pregiudichino la salute degli altri.

In un articolo comparso recentemente sul “Corriere della Sera”, Angelo Panebianco ha deprecato l’iper-regolamentazione in una questione così delicata e ha invocato il rispetto di quella “zona grigia tra vita e morte” in cui lo Stato non dovrebbe entrare e che andrebbe lasciata a coloro, familiari, amici e medici, che conoscono davvero il paziente e la sua personalità e possono prendere responsabilmente una decisione che tenga conto della situazione, sempre diversa e particolare, in cui si consuma il dramma della malattia e della morte.

È certamente vero che in una società liberale lo Stato deve entrare il meno possibile nelle faccende intime dei suoi cittadini. Anche se lo fa con la speciosa pretesa di renderli più sani e felici, questi interventi vanno sempre valutati con la necessaria prudenza e diffidenza. Ma nel caso del testamento biologico è in gioco il fondamentale diritto del cittadino di essere indipendente, nel momento della decisione più radicale che egli possa prendere, da ogni potere politico, fondamentalismo religioso e tecnocrazia medica.

Sul suo diritto all’autodeterminazione non ci possono essere compromessi e sotterfugi: o gli si concede davvero la libertà di scegliere o lo si sottomette a un regime di paternalismo morale che è l’esatto contrario dell’etica della libertà. La Costituzione potrebbe bastare, ma poiché il potere politico, in un paese come il nostro, è continuamente attraversato dalla tentazione di ignorarla e stravolgerla, ecco che una legge ben fatta potrebbe fornire ulteriori garanzie alla libertà dei cittadini e migliori indicazioni ai giudici che debbono decidere sulle questioni controverse.

Ma questa legge non può essere un pasticcio giuridico in cui si proclama l’autodeterminazione nel momento stesso in cui la si nega. Sul testamento biologico si gioca quel tanto, o piuttosto quel poco, di laicità che ancora appartiene al nostro Stato. La tanto sbandierata libertà di coscienza non può essere usata per coartare le coscienze altrui.