Siamo già l’oblio che saremo?

di Peppino Coscione
Comunità Oregina – Genova

“Tu che cammini, non c’è la strada, la strada si fa andando, colpo su colpo, bacio su bacio, la strada si fa andando” è la strofa affascinante di un’intensa canzone di Joan Manuel Serrat, che ben si addiceva ( si addice ancora? ) all’andare delle cdb che cercavano ( o intercettavano? ) solo compagne e compagni con cui sperimentare la sequela di Gesù sulle strade della Galilea, quelle strade che egli percorreva come profeta di giustizia, come banditore di uguaglianza, come guaritore di malattie, manifestazione della impedita possibilità per le donne e gli uomini di vivere la loro corporeità con serenità se non con felicità. Erano, e lo sono ancora, tanti i veleni iniettati dai poteri costituiti del tempo e molti di essi riuscivano a penetrare ( e penetrano ancora ) anche inconsapevolmente nelle vive vene di donne e di uomini.

Le strade non le parrocchie e le canoniche anche quelle più progressiste, le strade non i cenacoli chiusi compresi quelli costituiti da riviste o da reti informatiche, le strade non metaforiche ma quelle camminate, vissute assieme alle persone dannate della terra, ai corpi sfregiati dalla violenza di un cinico e sadico potere, possono dare nuove indicazioni, nuove spinte al nostro andare.

Quando nelle comunità, nelle persone che si riuniscono in comunità, non si trova più tempo, non c’è più passione per stare nelle strade, la comunità diventa o rischia di diventare continua ripetizione di una cosa che fu, di una cosa che si può fingere che sia ancora ma che di certo non esprime più profezia.

Tentare di leggere il cammino fatto dalle cdb è una cosa egregia, un impegno importante ma da solo i libri rischiano di essere simulacri di ricordo, una protesi per ricordare, forse un disperato tentativo di rendere più durevole ciò che è irrimediabilmente finito o sta per finire. Per questo usare l’arte e la virtù della distanza per andare oltre il passato e forse anche oltre una certa memoria del passato può essere la migliore medicina perché non si dica di noi, come scrive Borges, che già siamo l’oblio che saremo.