Fmi, finanza contro persone

di Michele Paris
da www.altrenotizie.org

Nonostantela variazione dei toni, il Fondo Monetario Internazionale non sembraaver cambiato di molto la propria politica nei confronti del sempremaggior numero di paesi in affanno, costretti a chiedere prestiti perfronteggiare le conseguenze dell’emergenza economica in atto. Come hamesso in evidenza un recente rapporto di alcune ONG europee edamericane, l’organo uscito dagli accordi di Bretton Woods continuainfatti a produrre effetti negativi in termini di protezione sociale elivelli di povertà in quegli stessi paesi che dovrebbe piuttostoaiutare ad uscire dalla crisi, stimolando una crescita sostenibile dilungo periodo.

Le reti di organizzazioni non governative SOLIDAR,Eurodad e Global Network hanno condotto uno studio prendendo inconsiderazione i danni causati a tre paesi campione – El Salvador,Etiopia e Lettonia – dalle condizioni imposte qualche mese fa dal FMIper elargire ad essi prestiti di emergenza. La pubblicazione delrapporto è giunta in concomitanza con il meeting annuale tenuto aIstanbul dal FMI e dalla Banca Mondiale e si concentra, appunto, suglieffetti dei tagli alla spesa pubblica e della politica fiscalerestrittiva determinati dagli interventi di questi organismiinternazionali.

Il presunto nuovo corso del FMI, inaugurato loscorso mese di marzo con l’introduzione di una nuova Linea di CreditoFlessibile, consentirebbe in realtà margini appena più ampi per unapolitica espansiva, anche se ciò sta riguardando paesi che vantano unreddito interno medio, come la Colombia, il Messico o la Polonia.Decisamente diversa è, al contrario, la situazione dei rapporti con ipaesi più poveri destinatari di prestiti, gravati tuttora daimposizioni che in molti casi hanno finito con il peggiorare unasituazione economica già molto precaria.

L’attenzione delle ONGautrici del rapporto si è rivolta principalmente all’analisi dellamisura in cui i programmi d’intervento del FMI nell’ambito della crisiplanetaria hanno previsto misure  per incoraggiare una crescita equa edautonoma dei paesi interessati, ma anche l’espansione della spesa perle protezioni sociali e l’implementazione dei principi della cosiddetta“Decent Work Agenda”, fissata dall’Organizzazione Internazionale delLavoro.

Malgrado un qualche allentamento dei tradizionaliobiettivi di rigore fiscale del FMI siano stati riscontrati negliultimi tempi, la concessione ai paesi interessati di margini di deficitdi bilancio leggermente superiori rispetto al passato – almenotemporaneamente – non ha comunque permesso l’adozione di provvedimentiefficaci a lungo termine. In tutti e tre i paesi oggetto dello studio,l’agenda dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, volta agarantire il diritto all’assistenza sanitaria e la sicurezza di unposto di lavoro, è stata totalmente ignorata o comunque quasi mai alcentro dell’interesse dei governi.

Quanto alla spesa pubblica,seppure in certi casi sia aumentata proprio dietro incoraggiamento delFondo, ha finito per essere pressoché vanificata dai tagli al bilancio,che hanno impedito l’espansione delle protezioni sociali el’approvazione di piani anti-crisi adeguati. Nel caso dell’Etiopia, laspesa sociale è risultata invariata dopo il prestito del FMI, mentreper quanto riguarda la Lettonia è stata invece drasticamente tagliata.Per entrambi i paesi, d’altra parte, la scadenza per riportare i lorodeficit ai livelli precedenti la crisi è stata fissata già entro il2011.

L’impegno richiesto dal Fondo appare sempre eprincipalmente quello di assicurare bilanci equilibrati sul pianomacroeconomico e di creare riserve monetarie adeguate, così dairrobustire la condizione economica di questi paesi in caso di crisifuture. L’attuazione di politiche economiche più flessibili, combinatecon interventi specifici che prevedano investimenti nel sociale,facilitazione nell’accesso al credito per le piccole e le medie impresee una tassazione progressiva, appare invece completamente esclusa.

Unadelle ragioni dell’inflessibilità del FMI, secondo il rapporto, è lamancanza di coinvolgimento dei parlamenti, delle associazioni sindacalie in generale della società civile nelle negoziazioni dei prestiti daerogare ai vari paesi. La carenza di una visione a lungo termine diMinistri delle Finanze, interessati solo al pareggio di bilancionell’immediato, fanno poi il resto. Il Fondo d’altronde lavoraesclusivamente su un obiettivo di bilancio prefissato, senza curarsi diquali tagli i singoli governi vadano ad operare.

Alle critichedelle ONG si sono aggiunte poi quelle di un think tank di Washington,il Center for Economic and Policy Research, il quale ha fatto notarecome 31 dei 42 prestiti erogati dal FMI durante la crisi, abbianoprodotto risultati dannosi per i paesi beneficiari. Le misure diausterità che vengono richieste in cambio del denaro concessorappresenterebbero un clamoroso errore nella formulazione delle propriepolitiche da parte del Fondo, tuttora immerso in una ortodossiaeconomica che aveva già evidenziato tutti i suoi effetti negativi oltreun decennio fa con la crisi dei paesi asiatici.

La discrepanzanell’approccio verso i paesi ricchi e quelli più poveri è evidente.Mentre da un lato s’incoraggia la spesa pubblica, l’allargamento deldeficit e le misure di stimolo all’economia, dall’altra si predical’esatto contrario, con tagli alla uscite e aumento dei tassi diinteresse. Con conseguenze spesso devastanti sul fronte dell’assistenzasanitaria pubblica, dell’educazione e dell’accesso al credito per leaziende. In piena recessione, così, i paesi già in difficoltà sonocostretti a moltiplicare i loro sforzi per rispettare le condizioni deiprestiti internazionali.

In molti casi inoltre, il FMI ha fallitodel tutto le proprie previsioni sull’andamento della situazioneeconomica dei paesi finanziati, nonostante i segnali dell’esplosionedella crisi fossero già evidenti ben prima del 2007. Negli ultimi mesiil Fondo ha così dovuto rivedere le clausole dei prestiti concessi a 26paesi, per undici dei quali aveva sopravvalutato la crescita del PIL diben tre punti percentuali. Per tre paesi, addirittura, la sovrastimadel prodotto interno lordo era stata addirittura di sette puntipercentuali. Una posizione difficilmente giustificabile per unorganismo internazionale che dispone di uno dei centri di ricercateoricamente più qualificati del pianeta.

Composto da 186 membri,con quote di voto diverse a seconda del peso di ogni paese (16,79% pergli USA, 32,07% per i 27 membri dell’UE), il Fondo MonetarioInternazionale dovrebbe essere oggetto in questo periodo di importantitrasformazioni. Ad esempio, nel corso del recente G20 di Pittsburgh èstato annunciato che al FMI sarebbe stato assegnato il ruoloprecedentemente riservato al gruppo del G8, cioè quello di principaleprotagonista della pianificazione e del finanziamento delle iniziativeeconomiche in tutto il pianeta. I leader dei paesi più ricchi hanno poipromesso nuovi fondi per un totale di 750 miliardi di dollari,destinati all’assistenza dei paesi più poveri e maggiormente colpitidalla crisi.

Nonostante i proclami, quasi nessun cambiamento si èvisto però finora nella gestione delle attività del Fondo, che rimaneancora ben lontano da quel ruolo prospettato per esso dal Segretario alTesoro americano, Tim Geithner, proprio nel corso del recentissimomeeting di Istanbul: “Una rinnovata attenzione al multilateralismonella distribuzione dell’assistenza per lo sviluppo, così da garantiresufficienti risorse e consentire adeguate politiche economiche pervenire incontro ai bisogni dello sviluppo di lungo termine di ognisingolo paese”.