L’80 per cento degli italiani vuole una finanza diversa

di Carta
da www.carta.org

Trasparenza, investimenti in progetti sociali e ambientali, rifiuto del commercio delle armi. Sono alcuni dei risultati di una ricerca su etica e finanza curata dal sociolologo Ilvo Diamanti, per Banca Etica.

Il 92 per cento degli italiani ritiene fondamentale o importante che la propria banca sia trasparente nell’indicare i settori in cui investe, l’81,2 per cento considera essenziale o importante che la propria banca investa una parte degli utili in progetti sociali o ambientali, mentre il 73,9% reputa fondamentale o importante che la propria banca non investa nel settore delle armi.

Gli italiani mostrano anche uno spiccato senso di realismo: il 75,2 per cento afferma che fino a oggi lo spazio per l’etica nel mondo dell’economia e della finanza è stato poco o nessuno, e solo il 26,5% si dice convinto che il superamento della grave crisi economica e finanziaria in corso poterà a una finanza più giusta.

Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dalla ricerca «Voglia di Etica, cittadini, banche e finanza in tempi di incertezza» curata da DemosΠ in collaborazione del sociolologo Ilvo Diamanti, per Banca Etica e presentata oggi a Roma.

«I risultati di questa ricerca – ha detto il presidente di Banca Etica, Fabio Salviato – ci incoraggiano a impegnarci ancora di più per rendere gli strumenti di finanza etica più facilmente accessibili a un numero sempre maggiore di cittadini. Un obiettivo che intendiamo perseguire non solo attraverso la crescita della nostra Banca Etica ma anche potenziando l’azione di contagio verso l’intero sistema finanziario. Auspichiamo che anche le istituzioni prendano atto delle potenzialità concrete degli

strumenti di finanza etica. Sarebbe opportuno prevedere una fiscalità agevolata che premi i cittadini che scelgono gli strumenti di finanza etica, così come proposto dal ministro Tremonti per la Banca del Mezzogiorno. Da tempo invochiamo anche una normativa ad hoc per il microcredito: oggi i costi che una banca sostiene per erogare un finanziamento da 500mila o da 5mila euro sono gli stessi e questo rende il microcredito molto oneroso».

«Noi – ha concluso Salviato – siamo fiduciosi che la costante crescita delle pratiche di economia sostenibile non solo in campo finanziario, ma anche nel consumo dei prodotti biologici e del commercio equo e solidale, così come il diffondersi di comportamenti di consumo, produzione e governo sempre più attenti alla tutela dell’ambiente riusciranno a scalfire anche questa patina di rassegnazione contagiando i cittadini sfiduciati e convincendoli che alcuni comportamenti concreti praticati dal basso possono portare a un reale cambiamento nella direzione di quell’economia etica che 8 cittadini su 10 vorrebbero vedere tradotta in realtà».

Secondo Ilvo Diamanti sarebbe sbagliato considerare solo buoni propositi i risultati di questa ricerca. «Il problema è che i buoni propositi e i buoni sentimenti – ha commentato – oggi non sono di moda. L’aggressività, l’in-flessibilità, l’utilitarismo, l’individualismo: per avere successo, oggi, non ci si deve richiamare al bene comune, all’altruismo, alla solidarietà. Si rischia di non venire presi sul serio. Eppure, la domanda di buoni sentimenti è diffusa e fondata. Non solo perché ad essere “buoni”, ogni tanto almeno, male non fa. Ma perché, al contrario, fare del “bene” fa bene anche a chi lo fa.

Perché, inoltre, il bene comune, l’etica hanno effetti sociali e soggettivi non solo rassicuranti, ma efficaci e concreti. Tant’è vero che, come dimostrano numerose indagini, la diffusione di azioni e pratiche altruiste e solidali, nel nostro paese, è molto ampia. A livello individuale e associativo. Solo che, come abbiamo detto, si stenta ad ammetterlo, a riconoscerlo.

Questa indagine sottolinea, in modo molto chiaro, che i valori, l’etica hanno smesso da tempo di essere considerati in modo esclusivo alla stregua di virtù “gratuite” e “altruiste”. L’etica, al contrario, serve. Deve essere coltivata e anzitutto riconosciuta, dichiarata, senza reticenze. Perché è “utile” e necessaria, alla vita sociale e delle persone. E agli interessi delle banche».