L’isolamento colombiano

di Antonio Marafioti
da www.peacereporter.net

E’ attesa a momenti la firma del patto militare tra Colombia e Stati Uniti che sancirà il nuovo atto di contorno al Plan Colombia. Ottocento soldati dell’esercito statunitense verranno schierati in tre basi dello Stato sudamericano, con le regole d’ingaggio imposte da Washington.

Le condizioni. Gli Stati Uniti non hanno mai accettato un rifiuto né alcun compromesso che inficiasse i propri piani politici e militari. E anche questa volta il governo a stelle e strisce è riuscito a evitare che fosse inserita l’ultima, e accettabile, condizione avanzata da Bogotà per concludere l’accordo sulla cooperazione militare: la non immunità dei soldati statunitensi. Il testo finale, che verrà firmato dai due presidenti Alvaro Uribe e Barack Obama, rimarrà dunque invariato rispetto all’inizio dei negoziati di luglio e prevederà che in caso di delitti commessi dal personale dell’esercito Usa e delle persone a suo carico – i familiari dei soldati – le autorità colombiane dovranno verificare lo status d’immunità e “le metteranno a disposizione delle autorità diplomatiche o militari competenti degli Stati Uniti nel minore tempo possibile.

Da parte loro – continua il testo – gli Stati Uniti seguiranno tutti i passi necessari per assicurare che il personale del quale tratta il presente accordo sia indagato con la cooperazione delle autorità colombiane per i presunti crimini commessi nel territorio colombiano e, se le circostanze lo ammettano, processati nel pieno rigore della legge”. In pratica la Colombia permetterà che quasi mille soldati dell’esercito più potente e organizzato del mondo usino le loro basi garantendo agli stessi e alle loro famiglie un trattamento riservato, secondo la Convenzione di Vienna del 1961, esclusivamente agli agenti diplomatici stranieri e ai loro congiunti.

L’immunità diplomatica. L’unica concessione, dunque, è quella di garantire alle vittime di possibili crimini che questi non passeranno impuniti, ma la modalità e la forma delle indagini e dei processi saranno totalmente coperti dal manto statunitense. Il possibile rischio è proprio quello di perdersi nella linea di confine tra immunità e impunità. Come avvenne nel caso di Michael J. Cohen e César Ruiz, due membri dell’esercito Usa, accusati di aver stuprato una dodicenne dopo averla fatta ubriacare.

Era il 27 agosto del 2006 quando i due incontrarono la ragazzina in un ristorante e la obbligarono a consumare un drink e condurla fino al loro dormitorio, nella base aerea colombiana di Melgar, dove la violentarono, la filmarono tutta la notte per poi abbandonarla priva di sensi il giorno dopo in un parco vicino. Dopo aver denunciato il fatto alle autorità locali e ai superiori dei due militari, Olga Lucía Castillo, madre della bambina, ha ottenuto reiterate minacce e la comunicazione che il processo contro i due, ancora in corso dopo tre anni, sarebbe stato trasferito negli Stati Uniti, dal momento che in Colombia in quanto militari godevano di immunità diplomatica.

La sovranità territoriale. La questione dell’immunità diplomatica dei soldati statunitensi nelle basi colombiane rappresenta solo una parte della gran debaclè diplomatica di Uribe il quale, oltre al diritto di processare i colpevoli nel suo territorio, sembrerebbe aver perso anche il comando del territorio stesso. “In conformità con gli accordi bilaterali e multilaterali dei quali Colombia e Stati Uniti sono parte – recita l’accordo – in particolare quelli relativi alla lotta contro il narcotraffico e il terrorismo […] le parti si accordano nell’approfondire la loro cooperazione […] col fine di affrontare le minacce comuni alla pace, la libertà e la democrazia”.

Nonostante la doverosa premessa sulla specificità dell’azione di cooperazione, rivolta contro il narcotraffico e il terrorismo, due elementi essenziali senza i quali gli Usa non avrebbero più la scusa per restare in Colombia, il patto allarga il campo d’azione degli States, e lo fa a dismisura, quando parla di minacce comuni alla pace, libertà e democrazia. Il che significa nient’altro che avere un cannone puntato contro tutto ciò che sta intorno alla Colombia: leggi Venezuela, Brasile, Perù ed Ecuador, fra gli altri. Ecco perchè durante la scorsa estate nell’ambito delle riunioni dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) il piano è stato più volte visto dai paesi della regione come una improbonibile “cessione della sovranità” da parte della Colombia agli Usa.

Proprio il Congresso ha approvato ieri il bilancio per la Difesa 2010 che prevede lo stanziamento di 46 milioni di dollari per potenziare la base di Palanquero dalla quale, grazie alla dotazione di un aereo C-17, i militari Usa potranno raggiungere in breve tempo ogni parte del Sudamerica.
Alla luce di queste misure e dopo gli attacchi dei presidenti Hugo Chávez, Luiz Inácio Lula, Michelle Bachelet e Rafael Correa, ai quali si sono poi affiancati tutti gli altri sudamericani, sembra che Uribe abbia fatto terra bruciata dietro di sé, isolando ancor più la Colombia nel proprio contesto continentale.