L’Aula sorda e grigia

di Franco Astengo
da www.aprileonline.info

Nella sostanza la Camera chiude perché manca il lavoro da fare, se quel lavoro non arriva dall’alto. Una situazione che non esitiamo a giudicare gravissima, che mette in evidenza uno stato di cose che sta venendo avanti da anni, stravolgendo di fatto il nostro impianto costituzionale, quello fondato sull’indicazione (di togliattiana memoria) del “Parlamento come specchio del Paese”

Vale la pena riprendere una notizia, a nostro giudizio di particolare importanza, forse insufficientemente amplificata dal gran concerto dei mezzi di comunicazione di massa: il Presidente della Camera, ascoltata la conferenza dei capigruppo, ha deciso di chiudere la sessione parlamentare ed aggiornare i lavori al prossimo 9 Novembre.

La ragione di questa iniziativa, che ci ricorda le lunghe vacanze del Parlamento Subalpino, risiede nel fatto che l’iniziativa parlamentare ormai appartiene di fatto al governo, ed i progetti elaborati dall’Aula non possono andare avanti mancando la “copertura finanziaria”. Nella sostanza la Camera chiude perché manca il lavoro da fare, se quel lavoro non arriva dall’alto.

Una situazione che non esitiamo a giudicare gravissima, che mette in evidenza uno stato di cose che sta venendo avanti da anni, stravolgendo di fatto il nostro impianto costituzionale, quello fondato sull’indicazione (di togliattiana memoria) del “Parlamento come specchio del Paese”.

Il presidenzialismo strisciante, l’assegnazione all’esecutivo – di fatto – di gran parte dei poteri del legislativo (tra decreti, che naturalmente non possono essere tutti assegnati alle ragioni di contingibilità ed urgenza, e “leggi delega”, dall’ampiezza sproposita sotto l’aspetto temporale, pensiamo ai due anni assegnati a quella relativa al federalismo fiscale) hanno provocato il rovesciamento della nostra consolidata realtà parlamentare causando, di fatto, una restrizione della democrazia, sotto l’aspetto fondamentale della rappresentatività.

Il concetto di rappresentatività, infatti, al riguardo del quale intendiamo dedicare questa breve riflessione si compone di diversi elementi, i principali dei quali, in una Democrazia Parlamentare, quale continua ad essere, formalmente, l’Italia possono essere così riassunti: quello della rappresentanza come relazione che comporta una responsabilità del rappresentante nei confronti del rappresentato; in questo senso l’iniziativa legislativa che – di fatto – passa al Governo costituisce una grave violazione di questo principio fondamentale, in quanto il Governo non ha responsabilità nei confronti delle elettrici e degli elettori, ma la deve – interamente – alle Camere da cui riceve la fiducia.

Il secondo punto è quello, già accennato, della Camera come rappresentanza “o specchio” o, ancora, come l’abbiamo definita finora, rappresentatività: la rappresentanza deve essere intesa come riproduzione dei soggetti rappresentanti, o per meglio dire, delle caratteristiche di questi.
Il riferimento all’istituzione parlamentare in questo caso è d’obbligo: la sua natura assembleare consente, infatti, di concepirla come una sorta di microcosmo che rifletta i caratteri del corpo politico.

La chiusura forzata, come nel nostro caso, di questo ” corpo politico” (perché Camera e Senato sono, innanzi tutto, “organi politici”) nella sostanza corrisponde ad una vera e propria sospensione della democrazia, anche perché un’altra caratteristica del rappresentatività in regime democratico è quella di una raffigurazione di tipo simbolico: pensare al portone sbarrato di Montecitorio fa pensare, insomma, davvero al tempo più buio della Repubblica.