Cunsky o no, ci interessa il contenuto…

di redazione
da www.aprileonline.info

Dopo l’annuncio dato dal Ministro all’ambiente Prestigiacomo, secondo cui, dalle prime rilevazioni effettuate dalla Mare Oceano, la nave affondata al largo di Cetraro non sarebbe la Cunsky, date le caratteristiche strutturali diverse, alcuni cominciano a tirare un sospiro di sollievo, mentre altri, soprattutto i calabresi mantengono alta la guardia.

I primi commenti di carattere istituzionale andavano difatti nella stessa direzione: “ Che sia o no la Cunsky ci interessa poco, quello che ci interessa è il suo contenuto…” E, anche su questo, una strana bagarre è quella che riguarda le competenze di indagine. L’assessore Greco ( unica figura istituzionale applaudita dalla folla di Amantea) chiede che anche la Regione possa effettuare analisi autonome, parallelamente a quelle spettanti al Ministero, risposta secca da parte del sottosegretario Menia, con cui Greco già giorni addietro si era scontrato, secondo Menia chiedere analisi indipendenti significa svalutare il lavoro che il Governo sta portando avanti e continuare a creare allarmismo.

Ma Greco non è l’unico ad avanzare una simile richiesta, lo stesso fa oggi con una nota il Comitato civico Natale De Grazia: “ Il Comitato “Natale De Grazia”, alla luce delle dichiarazioni del ministro Prestigiacomo, ribadisce la necessità del recupero integrale del relitto col suo carico per fugare qualsiasi dubbio che si è ormai insinuato nell’opinione pubblica calabrese e nazionale e che si riflette negativamente sulla già fragile economia regionale. Proprio per questo il Comitato chiede che le indagini su questa vicenda siano improntate sulla massima trasparenza.

Per fare questo occorre che a bordo della nave “Oceano” siano presenti tecnici delegati da enti rappresentativi come la Regione Calabria, l’Arpacal e da Associazioni ambientaliste riconosciute. Questo al fine anche di comprendere meglio il protocollo scientifico adottato per portare avanti le analisi sul materiale recuperato a bordo del relitto.” Dati i lunghi anni di silenzio sull’intera vicenda, i depistaggi, le analisi alterate, la richiesta non dovrebbe risultare poi così assurda, del resto a gettare ulteriore allarmismo sull’intera cittadinanza calabrese, concorrerà il libro scritto dal pentito Francesco Fonti, “Io Francesco Fonti pentito di ‘ndrangheta e la mia nave dei veleni”, da oggi disponibile presso tutte le edicole calabresi.

Sempre oggi Fonti verrà ascoltato dalla Dda di Catanzaro. Tornando infine alle competenze investigative i dissidi non contrappongono solo Governo e Regione: la decisione da parte della Commissione bicamerale sui rifiuti di disporre il sequestro del primo bidone che verrà tirato fuori dal relitto, non è stata gradita dall’Antimafia che per bocca di Grasso esprime “perplessità al riguardo”, gli fa eco il presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Pisanu: ”La competenza sulla questione della nave dei veleni compete all’Antimafia”.

E mentre ci si accapiglia su chi deve fare cosa, sulla nave si fanno altre ipotesi, (forse il Cagliari afffondato nel ’43?). Rimangono al momento solo i dati certi: una nave, un contenuto sospetto, un’ordinanza che nel 2006 vietava la pesca… In attesa che la Dda faccia il punto su quanto acquisito finora.

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Volete scommettere che ci diranno che non è la Cunsky?

di Francesco Cirillo

da www.carta.org

I misteri delle navi affondate nel mar Mediterraneo e la frettolosa replica del ministro dell’ambiente ricordano un film già visto in occasione del ritrovamento della Jolly Rosso. Ecco perché non ci possiamo fidare delle rivelazioni del governo circa il nome della nave che sta a largo di Cetraro, sulla costa Tirrenica.

Ho l’impressione che gli unici bidoni li avremo noi. Ma bidoni pieni di bugie, depistaggi, nuove archiviazioni,falsità. Girano voci strane nel porto di Cetraro. Voci che diventano boatos veri e propri. Voci che, sembra, provengano dalla nave Mare Oceano che da stamane interrompe il suo lavoro. Per una settimana di foto ha preso la bellezza di 350mila euro. Voci che anticipano cose secretate e che andranno direttamente dalla nave posta ad 11 miglia sopra la nave Cunsky fin sulla scrivania del procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Lombardo titolare dell’inchiesta.
Sarà il Procuratore che poi deciderà come interpretare quelle analisi che gli giungeranno sul tavolo e soprattutto se vale la pena di diffonderle stante il clima che esiste in Calabria specie in materia del pescato. Le voci dicono che quella nave non è la Cunsky.

Le misure in possesso della mare oceano non corrispondono a quelle della nave nei fondali di Cetraro. Di conseguenza non è una nave dei veleni e quindi non sarà necessaria più alcun altra operazione , né di recupero dei fusti , né della stessa nave. Arrivederci e grazie, è stato un vero piacere. Questa tesi peraltro era stata suffragata sin dall’inizio della vicenda dallo stesso sottosegretario all’ambiente Roberto Menia in arrivo a Cetraro il 22 ottobre scorso. In un intervista concessa all’agenzia AdnKronos, il sottosegretario ebbe a dichiarare: «Potremmo avere la sorpresa che non sia la ‘Cunsky’ come afferma il pentito, ma qualcos’altro, per esempio una nave in cui non vi è assolutamente presenza di materiale nocivo. Potremmo invece scoprire cose diverse e allora come è giusto e doveroso si agisce in conseguenze e con le dovute cautele del caso».

Il sottosegretario inviato qui dal ministro Stefania Prestigiacomo, che nemmeno si è degnata di fare un viaggio di persona sui luoghi, già sapeva tutto, già sapeva che quella non era la Cunsky . Più che un sottosegretario sembra un mago che conosce il futuro. Ma non è solo il sottosegretario su questa tesi. Anche la Gazzetta del Sud, giornale notoriamente filo governativo vi ha ampiamente scritto. Il giornale calabrese, scrisse che la nave Cunsky venne costruita nel 1956 ad Hartlepool [in Gran Bretagna] con il nome originario di «Lottinge». Ha sempre battuto bandiera inglese e cambiato nome in tre distinte occasioni: nel 1974, quando venne chiamata «Samantha M»; nel 1975, quando venne battezzata «Cunsky» e nel 1991 quando fu rinominata «Shahinaz». Al momento dell’inabissamento – per il pentito avvenuto nell’ottobre del ‘92 – si chiamava dunque «Shahinaz».

Ma questa rielezione non è stata verificata né dalla Procura di Catanzaro nè da nessun altro quotidiano ed è rimasta fine a se stessa. Evidentemente già ci si lavorava sopra, se il sottosegretario l’anticipò prima ancora di salire sulla nave-sonda Mare Oceano insieme ai giornalisti calabresi.

Dire che quella nave non è la Cunsky per il governo e per tanti depistatori e sabotatori della nostra Calabria vorrebbe dire uscirsene da questa storia senza grossi danni. E’ stato un abbaglio, della Procura di Paola e del Procuratore Bruno Giordano per primo, poi della Regione Calabria e dell’assessore Silvio Greco, e poi di r tutte quelle associazioni ambientaliste che fin dall’inizio hanno sostenuto la tesi del traffico delle navi dei veleni. Questo vorrebbe dire che tutto potrebbe ritornare alla normalità, far riprendere la pesca, far riaprire le pescherie, rimettere in moto un immagine della Calabria persa in questi mesi, occultando la prova principale che era la nave.

La cosa mi ricorda l’articolo che uscì sempre sulla Gazzetta del sud il 20 giugno del 1991 dal titolo «Quasi completata l’operazione di demolizione della Rosso». Rileggiamolo: «Amantea: Nessun materiale nocivo all’interno dei container trasportati dalla nave arenata — Si sta quasi completando ad Amantea,l’operazione di demolizione della grossa nave da carico ‘Rosso’ della società Ignazio Mes
sina Spa di Genova, che proveniente da Malta e diretta a La Spezia, si arenò sulla spiaggia in lócalità ‘Le Formiciche’ il 14 dicembre dello scorso anno per una violenta tempesta di mare.

All’atto dell’insabbiamento del cargo nella zona si era creato un falso allarme facendo supporre che trasportasse container con materiale inquinante mentre gli stessi container da quanto è risultato dall’inchiesta giudiziaria contenevano vettovaglie varie tra cui sostanze alimentari e generi di consumo. L’inchiesta è stata diretta dal sostituto procuratore della Repubblica di Paola, dott. Fiordalisi e coordinata dal comandante in seconda della capitaneria di .porto di Vibo Valentia, capitano di fregata Giuseppe Bellantoni. Il fatto, però, che per oltre sei mesi il è relitto è rimasto arenato nella suggestiva spiaggia ha creato non pochi problemi sotto il profilo turistico-ambientalistico.

L’assessore provinciale di Cosenza Salvatore Caruso, che è anche, capogruppo consiliare del Psi al Comune di .Amantea, per due volte si è rivolto al ministero della Marina Mercantile che è intervénuto opportunamente per sollecitare la rimozione del relitto che in ultima analisi è stato deciso di demolire. Il Consiglio Comunale di Amantea, su proposta dello stesso Caruso, si è costituito parte civile per gli eventuali danni che lo stesso relitto potrebbe causare. ‘0ra – ha ribadito l’assessore provinciale Caruso- vogliamo ché sia ridata alla spiaggia piena efficienza per essere utilizzata nell’imminenza della stagione balneare’.

Dopo altre e considerazioni polemiche Caruso ha rilevato ‘come è difficile in Calabria affrontare problemi di ordinaria amministrazione che; mentre in Liguria o, nél Nord Italia vengono risolti al massimo in qualche mese, da noi ci vogliono almeno sei mesi. E se ora ci siamo finalmente riusciti – ha concluso – debbo pubblicamente ringraziare la Gazzetta del sud che su questo problema ha dimostrato grande sensibilità’.I lavori di demolizione del Cargo sono stati curati dalla società dell’armatore della stessa nave e dalla Mosmode Sas di Crotone.

La capitaneria di porto di Vibo Valentia di cui è comandante il capitano di fregata Vincenzo Milo, ha fatto obbligo all’armatore della Rosso di depositare un miliardo con fideiussione bancaria o polizza assicurativa. E’ stata inoltre ordinata una recinzione con apposite segnalazioni nell’arco di mezzo chilometro con il divieto di navigazione, pesca e ancoraggio. Ultimati i lavori di demolizione si dovrebbe procedere alla pulizia della spiaggia e al suo livellamento per riportarla al suo stato originario. Se ciò non fosse possibile per il cattivo tempo, secondo quanto ci è stato confermato dall’autorità competente, si provvederà a chiudere il pezzo di spiaggia non recuperato».

Una storia di depistaggi come più volte abbiamo detto che per 19 anni ha tenuto tutto sotto silenzio assoluto. Ora tutto potrebbe ripetersi. Per gli ambientalisti questa tesi non regge. Cunsky o non Cunsky le ricerche devono continuare lo stesso. I fusti devono essere presi e controllati, e la nave deve essere rimossa. Così come devono essere cercate le altri navi delle quali parla il pentito Fonti e delle quali si sa bene la loro esistenza.

Come la Yvonne davanti il mare di Maratea e la Sporadis davanti Melito Porto salvo. Ma al di la delle navi segnalate dal pentito esistono altre navi scomparse nei nostri mari. Come la motonave Nikos I, sparita nel 1985 durante un viaggio iniziato a La Spezia per giungere a Lomé [in Togo], probabilmente affondata a largo tra il Libano e Grecia; come la Mikigan, partita nel 1986 dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno calabrese con tutto il suo carico sospetto.

E poi c’è la Rigel affondata il 21 settembre del 1987, a 20 miglia da Capo Spartivento in Calabria unico caso in cui – grazie alle denunce di Legambiente – è stata ricostruita almeno in parte la verità giudiziaria. E poi resta il mistero dei misteri. La motonave Rosso, ex Jolly Rosso. Si sta scavando per questa nave, nella valle del fiume Oliva. Ma l’elenco delle navi affondate non finisce qui. Nel 1989 sarà la motonave maltese Anni ad affondare a largo di Ravenna in acque internazionali mentre nel 1993 la Marco Polo sparisce nel Canale di Sicilia e ancora nel novembre del 1885 affonda a largo di Ustica la nave tedesca Koraline.

D’altra parte che la nave-radar Mare Oceano non fosse idonea a capire cosa contenesse quella nave lo avevamo già visto salendo sulla stessa nave. I tecnici di bordo ci spiegarono per bene cosa potevano fare e cosa no. Non potevano prendere i bidoni per esempio, né analizzarli. Non potevano stabilire la presenza di raggi gamma ma solo di quelli alfa, come spiegò meglio il giorno dopo l’assessore Greco. Non potevano spostare la nave tanto meno recuperarla riportandola in superficie con le dovute cautele.

Insomma vedremo solo delle belle foto e delle belle immagini tridimensionali. Poi la marina militare dovrà stabilire attraverso l’archivio nautico di cosa si tratta. Ma anche se non fosse la Cunsky, di sicuro non sono le uniche navi affondate durante la seconda guerra mondiale ben conosciute dalla Marina Militare ed inserite nelle mappe che anche i pescatori conoscono. Quali la nave Cagliari che venne affondata il 6 maggio del 41, dal sommergibile Taku, ed ha una stazza di 2322 tonnellate. Questa nave si trova nei fondali fra Diamante e Cetraro; la nave Federico C. che venne affondata il 28 luglio del 41 dal sommergibile Utmost, è di 1467 tonnellate ed anche questa , come sanno bene i pescatori a strascico, si trova nella stessa zona . Altre tre navi sono lontane dalla zona di Cetraro, ma sono conosciute come le altre due. Insomma se non è la Cunsky è un’altra nave non militare ed affondata appositamente, in quanto in quell’area non ci sono segnalazioni di naufragi.

Ecco perché la ricerca deve continuare. Quei fusti che sono dentro la nave non possono che essere rifiuti tossici e il governo deve impegnarsi ancora di più per dire la verità. Una verità che sia possibile anche controllare dalla nave stessa mare Oceano dove non esistono a bordo persone terze, avvocati di parte, scienziati delle associazioni ambientaliste, tecnici della Regione Calabria. Ecco perché alla notizia che quella nave non possa essere la Cunsky , bisogna subito alzare un coro unanime, che sia quello , che si continuino le ricerche comunque , senza abbassare la guardia e senza buttare fumo negli occhi ad una popolazione , che nella manifestazione e partecipazione di massa ad Amantea ha dimostrato essere stufa di essere presa in giro.

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E SE FOSSE L’OLANDESE VOLANTE ?

di Carlo Bertani
da http://carlobertani.blogspot.com

Gentile Ministro Prestigiacomo,
quella che può osservare nella fotografia, sarebbe il relitto scovato dalla nave oceanografica “Mare Oceano” al largo di Cetraro, in Calabria. Molto probabilmente lo è, perché la nave “Città di Catania” (all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”) fu affondata nel Marzo 1917 da un sommergibile tedesco – all’Ufficio Storico della Marina lo confermeranno di certo – e siamo dunque felici che la “Città di Catania” (proveniente dall’India e diretta a Napoli) sia stata finalmente ritrovata.

Siamo un po’ più freddi, invece, al riguardo della “cessata emergenza” diramata ai quattro venti poiché – a nostro avviso – la conclusione ci sembra cozzare contro le più elementari regole della logica. Soprattutto della logica delle costruzioni navali. Partiamo dall’inizio.

La presunta “nave dei veleni”, individuata dalla ricerca finanziata dapprima dalla Regione Calabria, doveva essere la Kunsky (che risultava, invece, demolita in Oriente ma, sulle pratiche
di demolizione in quelle aree, meglio non fare troppo affidamento) ed invece si scopre che è un relitto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale. Le vendite di pesce sono crollate dell’80%, ed è dunque un bel sollievo sapere che si tratta di un innocente piroscafo italiano. Ci sono, però, alcune discrepanze fra le due descrizioni, che saltano agli occhi.

Nelle risultanze pubblicate sui primi rilevamenti – quelli ordinati dalla Regione Calabria – si dice che: è lei. E’ la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E’ come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici [1].

Ci sono dei fusti. Fusti in metallo, ovviamente. Peccato, Ministro Prestigiacomo, che lo stivaggio di materiali in fusti metallici non fosse assolutamente in uso agli inizi del ‘900: all’epoca, tutto veniva stivato in barili di legno, tanto che le tabelle d’armamento, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, prevedevano che a bordo vi fosse almeno un mastro bottaio con alcuni aiutanti. Controlli, la prego. Ci sono dei fusti nei pressi della “Città di Catania”? Approfondisca.

Altro capitolo che non ci convince riguarda le dichiarazioni della “Grande Silenziosa”, la Regia Mar…pardon, oggi Marina Militare Italiana. Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina Militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (CS) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale. [2]

Ohibò, vuoi vedere che alla gloriosa Marina Italiana era sfuggita la povera “Città di Catania”? Oppure qualcuno se n’era scordato? Per di più: una nave che porta il nome della sua città natale… Insomma: furono oppure no affondate navi, per eventi bellici, nel mare di Cetraro? Controlli, la prego: se desidera, posso inviarle i riferimenti dell’Ufficio Storico della Marina, ma sono certo che lei già li possiede.

Se il mistero dei fusti e dei barili, più le incertezze della Marina, ancora non la convincono, le sottoponiamo la relazione stesa durante i primi rilevamenti. L’epoca della costruzione della nave affondata, secondo quanto emerso dai primi rilievi, risalirebbe agli anni `60-´70. Secondo quanto riferito dal procuratore Bruno Giordano, infatti, non sarebbe visibile la bullonatura, il che indurrebbe a pensare che sia stata costruita in quegli anni. Il relitto è coperto da numerose reti da pesca [3].

Non vorremmo tediarla con inutili dissertazioni sulle costruzioni navali, ma vorremmo ricordarle – questa è Storia, non invenzioni – che le prime navi a non avere bulloni per collegare le lamiere alle ordinate furono le corazzate “tascabili” tedesche della classe Admiral Graf von Spee (più precisamente, Admiral Graf von Spee, Admiral Scheer e Deutschland, poi Lützow), le quali – dovendo sottostare ai limiti imposti dalle Conferenze Navali di Londra e Washington – non potevano dislocare più di 10.000 tonnellate.

I tedeschi, per risparmiare il peso dei bulloni, “inventarono” la saldatura della lamiere alle ordinate, il che consentì di costruire navi con cannoni di maggior calibro (280 mm) al posto dei 203 mm dei “classici” incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate. Tutto questo, per dirle che – come afferma il Procuratore di Paola – se la nave in questione non ha bulloni nello scafo, non può essere la “Città di Catania” (varata nel 1906, quando si “bullonava” sempre, da non confondere con l’omonima nave affondata in Adriatico durante il secondo conflitto mondiale), ma un’altra.

Che la Kunsky sia solo un poco più in là? Perché chiudere così frettolosamente le indagini? “Caso chiuso”: così in fretta? Rimane il mistero del Cesio 137 ritrovato nei molluschi [4], proprio in quel mare: siccome il Cesio 137 non si trova in natura, chi ce lo avrà messo? Lei ha un’idea? Che siano stati gli iraniani?

Le ricordo, infine, che le precedenti rilevazioni stabilirono che – nel mare di Cetraro – il SONAR aveva individuato ben sette “macchie scure”, che non indicano necessariamente una nave, ma che forniscono alte probabilità che lo siano. Ciò che insospettisce, è che la notizia fu pubblicata da AdnKronos e – proprio mentre scrivevo questo articolo – è sparita! Sì, ritirata dal circuito!
Credo che, anche per lei, la cosa risulterà assai strana.

Non vorremmo che, per correre dietro all’urgenza economica di garantire la pesca, per ovviare alle proteste dei pescatori e per tacitare chi fa “allarmismo”, aveste semplicemente scambiato una nave per un’altra. Capita. In fin dei conti, quel che conta è la verità mediatica: il resto… Provi a rifletterci un poco; se mai, chieda lumi a Bertolaso ed alla Marina: vedrà che – con un poco di calma e di riflessione – tutto si chiarirà. Come sempre, in Italia.

[1] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/trovata/trovata.html
[2] Ibidem.
[3] Fonte: Il Secolo XIX – 12 Settembre 2009.
[4] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/risultato-indagini/risultato-indagini.html