Romania, sistema sociale al collasso

di Benedetta Guerriero
da www.peacereporter.net

I rappresentanti del Fondo monetario internazionale, della Commissione europea e della Banca mondiale si recheranno a Bucarest dal 28 ottobre al nove di novembre per discutere con le autorità romene delle riforme da attuare per rilanciare l’economia. A chiedere l’intervento urgente degli organismi internazionali è stato il presidente Traian Basescu, che teme venga revocato il prestito di venti miliardi di euro necessario per finanziare il deficit e sostenere le riforme del governo nel settore finanziario-fiscale e della protezione sociale.

La visita di Banca Mondiale, Fmi e Commissione europea è stata anticipata a causa dell’emergenza. Il nuovo premier Lucian Croitoru ha nel frattempo presentato la lista dei nuovi quattordici ministri che dovranno amministrare la Romania fino alle presidenziali del 22 novembre. Anche il destino del governo Croitoru resta incerto.

Sull’emergenza romena Peacereporter ha sentito Franco Aloisio, rappresentante della Fundatia Parada, che si occupa dei ragazzi di strada di Bucarest, e di Apel, un servizio per l’avviamento professionale e l’integrazione sociale dei giovani in difficoltà.

Che clima politico si respira nel Paese?

Il Paese si trova a vivere una situazione politica molto complessa e questo ha ovviamente delle ripercussioni anche sull’economia. Vivo a Bucarest da dieci anni, ma sono preoccupato. Negli ultimi mesi tutto è andato peggiorando. Dopo la caduta del governo Boc, lo scontro tra il presidente Basescu e la maggioranza parlamentare è andato acuendosi e si è creata una profonda instabilità politica. La Romania ha sempre fatto grande affidamento sugli aiuti provenienti dall’estero ma l’instabilità politica ha bloccato anche quelle entrate. Tutto in questo momento è immobile e la classe politica sembra incapace di fornire delle risposte ai veri problemi del Paese. In Romania non c’è una cultura dello sciopero, della protesta. La popolazione è come se fosse paralizzata. A partire dalla fine degli anni Novanta l’economia del Paese non ha mai smesso di crescere e i cittadini erano abituati a spendere, mentre ora si ritrovano indebitati.

I vostri servizi hanno risentito della crisi?

Moltissimo. Le richieste di sostegno sono aumentate in maniera vertiginosa, anche da parte di quelle famiglie che non erano considerate a rischio. Si rivolgono a noi per poter comprare il materiale della scuola per i bambini, i vestiti, i generi di prima necessità. Gli effetti della crisi li abbiamo sentiti soprattutto attraverso Apel, il servizio che si occupa dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Molte aziende hanno chiuso e per loro non ci sono sbocchi. Apel è attivo sia a Bucarest che a Timisoara e mentre nella capitale la situazione regge, nel distretto industriale di Timis è fuori controllo. Anche il settore pubblico è al collasso. Le cifre in Romania sono sempre controverse, ma c’è un piano per lasciare a casa duecentomila dipendenti pubblici e mancano i soldi per pagare gli stipendi di questi ultimi mesi del 2009. Un tempo, almeno, c’era la prospettiva dell’emigrazione, ma ora che la crisi ha colpito anche gli altri Stati è venuto a mancare anche quello sbocco.

Lidia Dobre è fondatrice dell’associazione Inima pentru Inima (Cuore per Cuore) che promuove i diritti dell’infanzia e si adopera per migliorare le condizioni di vita di minori e ragazzi disagiati.

Come ha gestito la crisi economica la classe politica romena?

Credo che la classe politica romena abbia una grossa responsabilità in questa situazione. Ogni governo pensa solo al potere e al modo di arricchirsi più velocemente. La nostra democrazia fa ancora molta fatica. Viviamo una confusione politica ed economica totale. Il numero dei disoccupati continua ad aumentare e in contemporanea è cresciuto il lavoro nero giornaliero. Sanità ed istruzione sono i settori più colpiti. Il primo, in particolar modo, è al collasso. Mancano i soldi per comprare le medicine e chi viene ricoverato deve portarsi le garze, le siringhe e i farmaci da casa. Il livello di corruzione è alle stelle, tangenti e mazzette in cambio di favori sono all’ordine del giorno. Sono inoltre tantissimi anche gli immigrati che hanno perso il lavoro all’estero e hanno fatto ritorno sperando di trovare condizioni di vita più dignitose. Ma così non è. La miseria causa disperazione e molti hanno ripreso a rubare o a bere. Mi fa male vedere il mio Paese ridotto in questo maniera.

Vede una via di uscita dalla crisi?

In questo momento no, e non so più cosa pensare. Per troppo tempo la nostra classe politica è stata latitante e queste sono le conseguenze. I nostri servizi stanno collassando e non possiamo sostituirci allo stato. Non riusciamo più ad offrire delle opportunità lavorative ai giovani e le famiglie si appoggiano sempre più a noi per ricevere assistenza. Fino a qualche mese fa sostenevamo i genitori dei neonati per tre o quattro mesi, ora i tempi si sono allungati. Le famiglie non riescono più a provvedere ai propri bimbi. A tratti quasi rimpiangiamo il comunismo, almeno il sistema di prevenzione sociale funzionava.