Qual è il destino dell’acqua?

di Rosario Lembo, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’acqua
da www.contrattoacqua.it

Sarà sancita dal voto della Camera nel corso di questa settimana, la definitiva mercificazione della gestione di “sorella acqua” tanta caro a San Francesco, patrono del nostro bel paese, l’Italia. Il destino di questa importante risorsa che rappresenta la sacralità della vita umana e di ogni essere vivente è purtroppo tristemente segnato da due provvedimenti assunti dal Governo Berlusconi

Il Parlamento ha infatti approvato il 6 agosto dello scorso anno, blindandolo con un voto di fiducia, l’art. 23 bis inserito nella legge 6 agosto 2008, n. 133 che ha classificato l’acqua come un servizio di rilevanza economica equiparato agli altri servizi pubblici locali e conseguentemente ha deciso di mettere sul mercato le modalità di gestione del servizio idrico attraverso l’obbligo della messa a gara degli affidamenti per tutti i servizi pubblici locali .

Non contenti di questa decisone che in parte aveva lasciato aperta un piccola finestra a livello di autonomia decisionale degli Enti locali attraverso la possibilità da parte dei comuni di chiedere la riconferma degli affidamenti a società a capitale totalmente pubblico (gestione i house) spacciando la necessità di un adeguamento dell’art. 23 alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, è stato inserito nel DL 135 l’art. 15 che modifica profondamente le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali.

A questo punto sono scattate le reazioni delle principali lobby di settore, che hanno portato alla esclusione dalla scadenza e vincoli legati agli affidamenti, previsti dall’art. 15, i principali servizi a rete (gas naturale, energia elettrica, trasporto ferroviario regionale) limitando quindi di fatto le nuove modalità e la tempistica prevista solo ad acqua e rifiuti.

Il testo che esce dal Senato, con l’approvazione della stessa Lega Padana, e che il Governo si augura passi alla Camera dei Deputati senza troppe modifiche e colpi di scena, presenta in realtà gli stessi rilevi di costituzionalità già presenti nell’art. 23bis che hanno dato vita al ricorso di alcune Regioni ed al preannunciato nuovo ricorso della Regione Puglia – circa la violazione costituzionale di principi di competenza delle Regioni e degli Enti locali rispetto alla gestione di servizi di interesse generale rivolte ai cittadini, autonomia riconosciuta dalla Costituzione (art.114 e art.117) e dal Trattato della UE ( art.5) . Alla luce delle modifiche introdotte dal Senato rispetto sia affidamento a spa miste che agli obblighi imposti per la conferma della durata degli affidamenti in “house – providing”, emergono inoltre possibili profili di violazione dei pronunciamenti della giurisprudenza comunitaria e quindi dei principi comunitari.

Qual è dunque il destino dell’acqua?

Se l’art. 15 licenziato dal Senato non subirà variazioni da parte della Camera tutti i rubinetti d’Italia che finora hanno erogato “l’acqua pubblica del Sindaco” passeranno, a partire dal 2011, in gestione al mercato cioè alle grandi imprese, attraverso l’obbligo della messa a gara del servizio idrico, l’affidamento dei servizi solo a società di capitali, l’apertura del mercato dei servizi pubblici ai privati con le società miste con un tetto di riduzione della presenza e controllo del pubblico ridotto solo al 30% del capitale azionario.

Saranno svendute le acque del nostro sottosuolo, i sindaci trasformati in azionisti, gli enti locali espropriati dal controllo delle risorse naturali presenti sui territori. Sarà chiusa per sempre l’esperienza delle società di gestione dell’acqua totalmente controllate dal pubblico, cioè dai comuni, che come in Lombardia, dapprima attraverso modalità consortili fra comuni e poi con le trasformazioni in Spa totalmente pubbliche, hanno dimostrato in questi anni di garantire acqua di buona qualità, a tariffe contenute, ad oltre 2,4 milioni di cittadini, applicando criteri di efficienza ed efficacia a livello di investimenti, di indice di produttività e di qualità e controllo dell’acqua erogata.

Alla luce di queste valide esperienze a livello di gestione diretta da parte dei Comuni, sorge spontaneo domandarsi a quale modello di federalismo e di sussidiarietà intende riferirsi la Lega Padana se ha accettato che l’art. 15 smantelli questo modello di esperienze dirette rese possibili grazie al totale controllo dell’acqua da parte di Sindaci eletti dai cittadini ? Questo decreto segna un passaggio cruciale per la cultura civile di questo paese e per la sua Costituzione, i Comuni e le Regioni che vengono espropriati da funzioni proprie . E’ in discussione la democrazia e la parità di accesso e di tutela dei diritti di cittadinanza. L’accesso all’acqua sarà diverso per gli italiani a secondo della città , della provincia o della regione di residenza o in cui si vivrà.

Come italiani non avremo più in comune neanche pari opportunità di accesso ed utilizzo di sorella acqua. Ci auguriamo che la Camera non accetti tacitamente questo testo di legge. Il Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’acqua ed il Forum dei Movimenti per l’acqua pubblica considerano il testo approvato dal Senato illegittimo ed incostituzionale, in quanto si espropriano i cittadini di un bene comune e “diritto umano universale”!

Chiedono pertanto alle forze politiche di esprimersi con chiarezza e di ripensare al voto espresso al Senato. Invitano Sindaci ed Enti Locali che da tempo sono scesi in campo per l’acqua pubblica a far sentire forte la propria voce, dichiarando da subito che non ottempereranno ad una legge che li espropria di una titolarità stabilita dalla Costituzione. Da ultimo, un invito ad ogni cittadino, a tutte le realtà sociali e territoriali, alle reti ambientaliste e per la tutela dei beni comuni, ed in particolare alle organizzazioni sindacali e al movimento degli studenti, di aderire alla campagna ” Salva l’acqua” (www.acquabenecomune.org ) e partecipare alla manifestazione del 12 novembre alle ore 10,30 davanti al Parlamento in occasione dell’avvio del dibattito alle Commissioni della Camera dei Deputati.