Nessuno ha messo in discussione il valore morale e culturale del Crocifisso

PERCHÈ HO PARTECIPATO ALL’ITER PROCESSUALE CHE HA PROVOCATO LA “SCANDALOSA” SENTENZA DI STRASBURGO: NO AL CROCIFISSO DI STATO

di Corrado Mauceri
da www.italialaica.it

Nell’estate scorsa una tale gara c’è stata in occasione della sentenza del TAR Lazio che affermava un principio elementare secondo cui una effettiva libertà di scelta di avvalersi dell’IRC non può essere condizionata dal “premio” di una valutazione dell’IRC per i crediti scolastici; ora tale penosa gara si è riproposta a seguito della sentenza della Corte di Strasburgo sulla questione dell’asserito obbligo di affliggere il crocifisso nelle aule delle scuole statali.

Poiché io ho fatto parte del gruppo dei legali che si sono impegnati nell’iter processuale che ha provocato la sentenza della Corte di Strasburgo, vorrei esprimere la mia opinione in merito.

In via preliminare deve essere chiaro che nessuno, e tanto meno la sentenza della Corte Europea (che dovrebbe essere letta!), ha mai messo in discussione l’alto valore morale e culturale del Crocifisso e del cristianesimo (ma tutti gli odierni “crociati” del Crocifisso praticano questi valori?); nessuno mette in discussione le tradizioni culturali e religiose del nostro Paese; i valori del crocifisso e le tradizioni culturali e religiose devono essere rispettati e salvaguardati, ma anche rapportati alla realtà della società di oggi che deve essere sempre più aperta al confronto con altre tradizioni e culture ed alla civile convivenza.

I neo crociati del Crocifisso e dei valori del cristianesimo stiano quindi tranquilli e piuttosto comincino a praticare tali valori, abrogando le leggi razziste recentemente approvate, promuovendo politiche sociali a sostegno delle fasce deboli della società , rifiutando ogni forma di guerra, ecc.

La questione sollevata prima davanti ai giudici italiani (con esiti contrastanti ed a tale proposito sarà opportuno ricordare che la Corte Costituzionale a tal proposito ha precisato che non c’è alcuna legge che preveda l’obbligo di affiggere il crocifisso) ed ora alla Corte di Strasburgo non mette in discussione l’alto valore del Crocifisso e degli altri simboli religiosi che uno Stato laico deve rispettare; la questione è un’altra e concerne la “statalizzazione” di una specifica religione e più precisamente: abolita la Religione di Stato, affermato il principio di laicità dello Stato ha senso continuare ad applicare i regolamenti fascisti del 1924 e 1929 che prevedevano il crocifisso di Stato? Ma soprattutto tali regolamenti fascisti sono compatibili con il principio di libertà religiosa e laicità dello Stato?

L’obbligo di affissione il crocifisso nelle aule scolastiche era stato previsto con i regolamenti fascisti del ‘24 e ‘29 in quanto per lo Statuto Albertino del 1848 e dopo per il Concordato fascista del 1929 la Religione Cattolica era la Religione di Stato; le altre confessioni religiose erano tollerate.

Il presupposto giuridico dell’affissione del Crocifisso nelle scuole era la sua simbolica rappresentazione della Religione Cattolica come la Religione dello Stato; lo Stato, prima sabaudo e dopo fascista, aveva una propria Religione e come in tutti gli Stati confessionali la commistione, anche simbolica, tra Stato e Religione Cattolica era coerente e difatti era prevista in tutte le manifestazioni della vita civile: in questo contesto lo Stato era quindi simbolicamente rappresentato dal ritratto del Re e dal Crocifisso di Stato, come simboli dello Stato confessionale.

Si deve peraltro ricordare che questo Stato Cattolico con il conforto di cappellani militari e delle gerarchie cattoliche ha promosso le odiose guerre coloniali, ha partecipato insieme ai nazisti alla tragica seconda guerra mondiale, ha approvato le leggi razziste, ecc.

La Costituzione Repubblicana non solo non ha riaffermato il principio della Religione di Stato, ma ha affermato, come ha precisato la Corte Costituzionale, il principio supremo della laicità dello Stato.

Tale principio comporta non solo la libertà religiosa per tutte le confessioni religiose, ma il principio dell’uguale trattamento di tutti senza distinzioni per motivi religiosi e di tutte le confessioni religiose (ed anche di non credenti). Questi stessi principi sono affermati nella Carta Europea dei diritti dell’uomo.

Quindi massimo rispetto per la religione cattolica, per i suoi simboli, ma uguale trattamento per tutti perché per lo Stato tutte le confessioni religiose e tutti (credenti e non credenti) sono uguali.
Lo Stato, pur rispettando le tradizioni culturali e religiose, non ha più una sua religione, non ha più suoi simboli religiosi, non celebra funzioni religiose (per la verità ” non dovrebbe”).

Lo Stato si occupa della sfera civile e deve garantire nella sua attività il principio di uguaglianza per tutti; le confessioni religiose hanno tutto il diritto di agire liberamente nella sfera religiosa e, come ha affermato la Corte Costituzionale, possono avere anche rilevanza sociale per lo Stato, ma sempre nel rispetto dell’uguaglianza per tutti e sempre nel rispetto tra la sfera civile e quella religiosa.

Questo il senso della sentenza della Corte Europea, una sentenza rispettosa anche dei sentimenti religiosi di tutti che, non disconosce il valore di nessuna religione e, tanto meno, del cristianesimo, ma che coerentemente supera l’idea ( peraltro poco religiosa) del Crocifisso di Stato, che per un vero cristiano dovrebbe essere poco edificante.

Con questo spirito mi sono impegnato su questa vicenda e, nei limiti delle mie possibilità , continuerà ad impegnarmi su tutti gli aspetti della laicità dello Stato perché divenuto insopportabile questo diffuso conformismo confessionale che, secondo il Segretario del PD, sarebbe “buon senso”. In realtà una forma di subalternità culturale che rende sempre più difficile nel nostro Paese i più elementari diritti civili.