Sciopero degli immigrati. La sfida dell’altra Francia

di Domenico Quirico
da www.lastampa.it

Provate francesi! Una giornata senza di noi: senza la bambinaia che tiene a bada i figli raccontando loro le storie dell’Africa o delle Antille, senza la domestica, senza gli spazzini che portano via la vostra immondizia di ricchi, senza i manovali che fanno quello che voi non volete più fare, senza i lavapiatti nei ristoranti, senza i fattorini, gli uomini della sicurezza. E ancora: provate una giornata senza di noi nei McDonalds, nei cinema, nei supermercati, con i posti vuoti, gli incassi ridotti. Perché anche noi consumiamo e mettiamo in movimento l’economia: ventiquattro ore non cambieranno la Francia ma serviranno per accorgersi quanto sia complicato e difficile per la République tirare avanti.

L’iniziativa è originale e potenzialmente micidiale, destinata a suscitare accalorate controversie. Perché coincide polemicamente con il momento in cui il presidente Sarkozy schiaccia di nuovo il pedale dell’identità francese. Si mette in sciopero l’altra Francia, quella che non ha i documenti e quella che ce l’ha ma è come se… Vuole incrociare le braccia e chiudersi in casa la Francia che popola la metropolitana e i treni di banlieue alle cinque del mattino quando non ci salgono ancora quelli che il ministro per l’immigrazione Besson invita ad andare in prefettura per dichiararsi orgogliosi di essere francesi; e che arriva negli uffici dopo le cinque ma per pulire e lucidare.

Gli spettacolari argomenti sono branditi in un manifesto, titolo «24 heures sans nous»: basta chiacchiere, basta con i simboli, semplicemente senza di noi il paese non va avanti. Perché ci sono settori interi dell’economia, domestica e non (ad esempio l’edilizia) che occupano ormai quasi soltanto immigrati. E’ il proclama fondatore della belligeranza etnica, quanto basta per smantellare le cartilaginose ipocrisie di un paese che si vanta di saper realizzare l’integrazione.

«L’idea ci è venuta dagli Stati Uniti – spiega Nadir Dendouane uno dei portavoce del comitato organizzatore – nel maggio 2006 un gruppo di ispanici organizzò una protesta analoga. Volevano contestare un progetto di legge che intendeva criminalizzare l’immigrazione clandestina. Hanno detto: ok, ci considerate dei criminali, però senza di noi, questo paese non funziona. Noi ci siamo ispirati a questa giornata durante la quale non sono andati a lavorare, e neanche a consumare, sono rimasti a casa. Ecco: una giornata morta. Tutti quelli che si sentono o sono considerati immigrati, anche se come me sono nati in Francia – e sono in tanti questi francesi che vengono considerati male da un’altra gran parte della popolazione, insieme a tutti quelli che si sentono solidali e coscienti del loro contributo si mobilitino.

Il nostro collettivo raduna tutti, bianchi, neri, magrebini, uniti nel rifiuto di essere un capro espiatorio. Settanta anni fa eravate voi italiani a ricevere in faccia del “sale rital”. Oggi è il nero o l’arabo. Ci siamo stufati. Sarà una giornata della dignità». Presentazione martedì prossimo all’assemblea nazionale. Data prevista per lo sciopero, il primo marzo prossimo. Perché è l’anniversario dell’entrata in vigore, nel 2005, del «codice per l’ingresso e il diritto di asilo», detto codice degli stranieri. Il consumo è il motore della crescita, un’idea che Sarkozy trova adorabile, usata come arma contro di lui.

Ma sarà difficile mettere in piedi uno sciopero degli immigrati? «No, quelli che hanno un lavoro non andranno a lavorare quelli senza si asterranno dal consumare. Picchiamo dove fa male per sottolineare con forza l’importanza dell’immigrazione. Vogliamo più rispetto, niente altro. Essere francese? Vuol dire vivere in Francia, pagare le tasse in Francia, parlare, leggere e vivere in francese. Cosa di più? Quelli che ci considerano degli immigrati vorebbero che fossimo tutti uguali, mangiare maiale e bere birra e vino.

Mettono sempre avanti le loro differenze, però vogliono gli altri francesi uguali a loro. Ci sono dei francesi ebrei, altri cattolici, altri che non credono in Dio, altri che sono musulmani, buddisti, etc… Fino a quando uno paga le tasse e riceve il rispetto dalla République, non vedo cosa si dovrebbe fare di più. Se devo anche schiarirmi la pelle o cantare la Marsigliese per essere più francese, non ci sto! Noi partecipiamo alla vita economica e per me è anche questo essere francese. Io che ho la pelle scura, se mi metto a criticare la Francia, diventa un problema d’integrazione. Invece il bianco può dire tutto quello che gli pare, nessuno gli dirà mai nulla. Questa è la differenza».