Un margine che sposta il centro

di Elena Lasida
da “La Croix” del 20 novembre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)

Commercio equo, finanza solidale, servizi di prossimità, organizzazioni di quartiere, sistemi di scambi senza moneta, imprenditoria sociale, partenariato tra produttori e consumatori, giardini collettivi: sono solo alcuni esempi della molteplicità di pratiche spesso associate all’economia solidale. La loro diversità solleva il problema di sapere ciò che hanno in comune e suscita interminabili discussioni per determinare quelle che ne fanno parte e quelle che ne sono escluse.

Per questo piuttosto che cercare di darne una definizione precisa, è più utile cercare di identificare i germi di novità di cui queste iniziative sono portatrici. In generale, le pratiche dell’economia solidale si situano al margine dell’economia di mercato. I principali beneficiari del resto sono spesso persone escluse dal mercato (senza lavoro, senza reddito, senza accesso al credito…).

Per questo certi considerano l’economia solidale come “un’economia per i poveri”, come una forma palliativa all’economia mercantile. Non si tratta però di una semplice “medicazione” delle pecche dell’economia classica, ma proprio di un nuovo modo di concepire il rapporto tra l’economico e il sociale. Questa novità non fa dell’economia solidale un “modello” alternativo all’economia di mercato, ma piuttosto uno spazio e un mezzo per pensare la sua trasformazione.

L’economia solidale appare così come un margine che sposta il centro. Opera un doppio spostamento: uno riguarda la rappresentazione del “sociale”, l’altro quella del “futuro”. Per l’economia classica, il sociale è spesso ridotto ai bisogni di base della persona (salute, alimentazione, educazione, alloggio, ecc.). Nell’economia solidale, esso acquisisce una dimensione più esistenziale.

In tutte le pratiche dell’economia solidale, la qualità relazionale della vita, la prossimità e il tipo di legame instaurato attraverso l’attività economica costituiscono delle dimensioni essenziali. Il sociale non appare più come una costrizione supplementare da aggiungere all’economico, ma piuttosto come un modo differente di pensare il posto e la finalità dell’economia nella società. La dimensione sociale dell’economia solidale rinvia al problema del modo di vivere insieme e di fare società.

L’economia solidale sposta anche la rappresentazione del futuro. Di fronte alle manchevolezze del modello dominante del mercato, e più ancora in periodo di crisi, il futuro è associato alla speranza di un nuovo modello economico e sociale. Questo modello di futuro può essere concepito come un progetto predefinito anticipatamente o come l’emergere imprevedibile di un processo di creazione.

Nel primo caso, il futuro appare soprattutto come il risultato di una “fabbricazione”, mentre nel secondo, si tratta piuttosto di una “creazione”, il cui risultato nella sua forma concreta non è conosciuto prima. L’economia solidale invita a concepire il futuro come un processo di creazione che lascia posto all’emergere del radicalmente nuovo. La forma concreta assunta dalle sue diverse pratiche non è necessariamente una forma da generalizzare o da erigere a modello alternativo.

L’economia solidale fa vedere l’enorme potenzialità dell’essere umano ad inventare e creare nuovi possibili, ed è in questo senso che è portatrice di futuro. Questo doppio spostamento avvicina l’economia solidale a due esperienze profondamente umane e bibliche: quella dell’alleanza e quella della promessa.

L’alleanza, perché la reciprocità ricercata non è valutata in termini di prezzo fissato su un mercato, ma in funzione del rapporto instaurato e del contributo di ciascuno ad uno stesso progetto. Promessa, perché lo scopo finale non è conosciuto in anticipo ma, come la “terra promessa”, mette in cammino verso un nuovo possibile.

Sì, l’economia solidale è dell’ordine dell’alleanza e della promessa, perché coloro che vi partecipano diventano cocreatori di un mondo comune piuttosto che semplici contraenti. L’economia solidale è un margine che sposta l’economia dal contratto verso l’alleanza, e la previsione verso la promessa di un nuovo possibile.