Rep. Dem. Congo: ‘L’immensa missione di pace Onu è un fallimento totale’

di Peacereporter

Lo rivela un rapporto ordinato dalla stessa Onu e che avrebbe dovuto restare segreto
La più grande missione di pace al mondo dell’Onu, 20mila uomini impegnati nella Repubblica Democratica del Congo, si è dimostrata essere un totale fallimento. Nonostante il dispiego di così tante forze, infatti, la ricchissima regione orientale africana resta nelle mani dei ribelli ruandesi, tra sofferenze senza fine della popolazione civile e complicità delle truppe governative.

A denunciarlo è un rapporto di esperti delle stesse Nazioni Unite consegnato all’inizio di novembre. Pur essendo un rapporto segreto, le fughe di notizie probabilmente pilotate hanno ormai fatto il giro del mondo proprio mentre a New York è prevista una discussione sul tema proprio in serata. L’Est del Congo, il nord e il sud Kivu, resta sotto il sostanziale controllo dei ribelli ruandesi, sostenuti da organizzazioni internazionali – alcune si fingono enti caritatevoli – che li aiutano a veicolare il traffico illecito delle enormi ricchezze naturali. Di qui il totale fallimento dei caschi blu, certo non aiutati dall’esercito regolare congolese, che invece spesso presta il fianco ai ribelli in cambio di laute ricompense.

Tutto questo mentre la popolazione vive un martirio senza fine. Omicidi, stupri, bambini-soldato, adolescenti rese schiave sessuali, villaggi incendiati, spesso con gli abitanti intrappolati vivi nelle capanne. I profughi sono ormai oltre un milione solo nell’ultimo paio d’anni. Il primo nucleo dei ribelli ruandesi di etnia hutu, attualmente si valuta che i miliziani in armi siano 5-6.000, fuggì in Congo nel 1994, dopo il genocidio, per paura di vendette. E qui sono rimasti, creando le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr). Al vertice, ancor oggi, i vecchi spietati ufficiali ruandesi tra i protagonisti della mattanza del 1994.

Largamente tollerati dal governo congolese, e usati in funzione antiruandese quando i due Paesi erano in guerra, hanno finito per diventare i padroni del Nord e del Sud Kivu. Con la pacificazione tra Congo e Ruanda, però, il loro ruolo è divenuto insostenibile. Per cui all’inizio dell’anno i caschi blu, le truppe regolari congolesi (50.000 uomini schierati in Kivu) e per qualche mese persino nuclei di esercito ruandese hanno iniziato l’attacco al Fdlr. Dopo qualche ritirata iniziale, le Fdlr hanno inaspettatamente ripreso il controllo della regione, complici le truppe regolari.

Per questo il rapporto Onu definisce l’azione dei Caschi Blu “inesistente, contraddittorio e fallimentare” persino nell’assicurare un minimo di sicurezza ai civili. Così i ribelli ruandesi controllano le enormi ricchezze della regione: oro, stagno e preziosi, con l’appoggio di reti internazionali. Si parla di due Ong spagnole, nord americane e asiatiche; ma una ricchissima sponda di mercato viene, soprattutto per i diamanti, dai Paesi Arabi. Le reti ricavano da questi traffici illeciti almeno un paio di milioni di dollari all’anno, che garantiscono armi e miliziani. Sullo sfondo, l’impotenza, se non l’ignavia, del più grande schieramento di pace dell’Onu.