Elezioni di regime

di Stella Spinelli
da www.peacereporter.net

L’Honduras, piegato dal golpe, procede verso una tornata elettorale misconosciuta sia dalla maggioranza della popolazione che dalla comunità internazionale. Ma ora anche parte della classe politica sta cedendo: oltre 100 candidati hanno rinunciato

“Com’era prevedibile, il coinvolgimento del Dipartimento di Stato e del Pentagono nella
preparazione del colpo di stato che ha destituito il presidente honduregno Manuel Zelaya ha portato a guadagnare tempo per arrivare a una farsa elettorale, organizzata e presieduta dai
golpisti allo scopo di perpetuarsi al potere. Non è bastato che Barack Obama abbia riconosciuto come unico presidente Zelaya, così come hanno fatto Onu e Oea, perché l’establishment statunitense, i repubblicani, la destra dei democratici, (Hillary Clinton e il suo clan), ed il Pentagono, hanno protetto e salvaguardato i golpisti di Tegucigalpa ed ora riconoscono delle elezioni che sono la continuità ed il culmine del golpe e sperano di legittimarlo”.

È così che Guillermo Almeyra, opinionista dell’autorevole giornale messicano La Jornada, commenta quanto sta avvenendo nelle ultime settimane in Honduras, un paese che, vittima del golpe, adesso si prepara ad affrontare una tornata elettorale che è misconosciuta sia dalla maggioranza della popolazione che dalla comunità internazionale, tanto che la Oea non invierà gli osservatori. Ma ora anche buona parte della classe politica sta cedendo. Più di cento candidati, infatti, hanno deciso di ritirarsi. E si tratta di aspiranti alla presidenza, alla vicepresidenza, al parlamento, al posto di sindaci, assessori, tutti convinti che queste elezioni siano irregolari, in quanto scaturite da un golpe militare. E non c’è nessun accordo o pseudo tale che tenga. La sostanza non cambia: i golpisti sono ancora al potere e il presidente legittimo ancora rinchiuso in un’ambasciata straniera che lo ospita. Come accettare una simile farsa?

Intanto in tutto il paese, sulla scia di Tegucigalpa, le manifestazioni organizzate dal Fronte contro il golpe non si placano. E la comunità internazionale ha espresso serie perplessità dato che l’unica condizione per il successo dell’accordo tra golpisti e sostenitori del governo legittimo, che avrebbe dovuto dunque preparare il terreno per elezioni regolari, era la restituzione del potere a Manuel Zelaya. Condizione che non è stata rispettata. A tutt’oggi.

Tra i rinunciatari più prestigiosi si contano l’aspirante sindaco di San Pedro Sula per il Partito Unificación Democrática (Ud), Samuel Madrid, e l’aspirante deputato per Innovación y Unidad Socialdemócrata (PINU), Gustavo Matute. “Non è prudente, né etico partecipare al processo senza aver restituito il potere a Zelaya”, ha commentato Madrid, aggiungendo che in questi casi è necessario mettere da parte l’interesse nazionale e pensare alla nazione.

Hanno rinunciato anche il candidato indipendente alla presidenza, Carlos H. Reyes, e l’aspirante alla vicepresidenza per il Partito liberale, Margarita Elvir. Del Partito liberale è curioso sapere che fanno parte sia il presidente legittimo Mel che quello golpista Roberto Micheletti, e se si pensa che i rinunciatari del Pl sono ormai 55, si comprende che la classe dirigente sta sentendo quanto sia ormai pericoloso continuare a scherzare con il fuoco. E il fuoco, per la prima volta nella recente storia honduregna, sono finalmente i cittadini, ormai coscienti dei propri diritti e per niente disposti a scendere a patti con gli usurpatori.

“Siamo di fronte a una rinuncia collettiva – ha commentato l’ambasciatore honduregno in Venezuela, Germán Espinal – che implica elementi chiari una crisi profonda e una elezione farsa, con poca capacità di legittimarsi”. Una rinuncia molto apprezzata dal Fronte, questo eterogeneo movimento, formato da contadini, sindacalisti, donne, politici progressisti e rappresentanti di molti settori della società civile, deciso portare il paese verso un veritiero ordine istituzionale, che inizierà con la ripresa del potere di Zelaya e terminerà con l’installazione di un’assemblea costituente, che dia all’Honduras una nuova vita. Per questo chiedono intanto l’annullamento della tornata di domenica, per lasciare spazio alla restaurazione, intanto, della democrazia e dello stato di diritto.

“Se gli Stati Uniti avessero congelato l’invio delle rimesse degli honduregni e tutti i beni dei golpisti, se avessero ritirato tutto il loro sostegno all’Honduras, oltre ad applicargli un embargo come quello che attuano contro Cuba, Micheletti e la sua banda non sarebbero durati nemmeno una settimana – continua nella sua analisi il critico messicano – Ma le richieste di Zelaya a Washington, affinché intervenisse in favore della legalità calpestata, giungevano all’orecchio dei promotori di sempre degli assassini di presidenti latinoamericani e degli organizzatori di colpi di stato e dittature”.

Quindi conclude spingendosi a definire “L’era Obama” una “invenzione mediatica”, dato che il presidente non ha il potere di modificare la politica imperialista degli Usa, in quanto non riesce ad agire sui poteri di fatto che da sempre tengono il mondo in pugno. “Il golpe e l’appoggio alle pseudoelezioni organizzate dai golpisti s’inseriscono in una politica che ha portato a creare quattro basi militari a Panama e sette in Colombia, dalle quali poter aggredire qualunque paese del Sudamerica, e a schierare la Quarta Flotta in acque latinoamericane, oltre a rinforzare il Plan Merida ed il Plan Colombia e a preparare l’hondurizzazione di Nicaragua e Paraguay, così come la persecuzione militare contro il Venezuela” Parola di Almeyra.