La profezia che si autoadempie

di Loredana Biffo
da www.peacereporter.net

Politica saremo in grado di porre rimedio a tutti i danni provocati dal miglior statista degli ultimi centocinquanta anni? Dopo la seconda guerra mondiale la ricostruzione è ricominciata subito, e molta era la voglia di ricominciare, ma i danni culturali e morali che questo governo avrà prodotto, saranno macerie su macerie

Attraverso la soggettività, intesa esclusivamente come interesse personale, del particolare, il passato finisce inevitabilmente col perdere ogni autorevolezza.
Attraverso la lente offuscata del bieco egoismo primordiale dell’essere umano, si finisce col guardare soltanto al nuovo, al “novitismo”, che diventa il denominatore comune capace di creare una interazione specie-specifica tra il furbastro e il mediocre, tra il gatto e la volpe.

“Ma è un nuovo senza futuro, perchè meramente ancorato all’oggi, al now: l’uomo pensa solo a godimenti materiali e immediati. Tremo, confesso, che diventino alla fine talmente preda di un vile amore dei godimenti presenti, da non provare più interesse né per il loro futuro, né per quello dei discendenti. Impiombati in un mero presente si perde così il legame fra le generazioni, che la tradizione rappresenta e che garantisce il futuro: Ci si scorda facilmente di coloro che ci hanno preceduti, e non si ha nessuna idea di quelli che ci seguiranno. Solo i più vicini interessano” Alexis De Tocqueville”.

La contemporaneità ci impone un panorama di desolante anarchia della soggettività, che attraverso un guru della comunicazione quale è Berlusconi, la sua personale gestione della politica italiana, è teatro e rappresentazione collettiva di quella che è la mediocrità.
A partire dalla sua rappresentazione pubblica attraverso una sottospecie di politica, ha avuto l’incontestabile capacità di portare a galla gli istinti primordiali umani: Il razzismo nei confronti di tutto ciò che viene identificato come “diverso”, “cultura altra”. Il perseguimento del tornaconto personale svincolato da qualsiasi regola etica, il profitto immediato a discapito degli effetti perversi che questo può consegnare.

La vittoria della soggettività versus edonismo, determina l’affermarsi di una nuova e sconosciuta autorità, per cui dal narcisismo si passa al conformismo del populismo, nelle sue variabili più disparate e che in realtà hanno come sbocco comune l’antipolitica.
Da alcuni anni si è avviata una mutazione genetica del populismo, in patologia della democrazia rappresentativa, dove ogni limite costituzionale, legale ed etico, viene percepito come una insopportabile intrusione delle istituzioni nel tentativo sempre più spregiudicato di decostruzione della società, e degli equilibri (anche normativi) che sono indispensabili alla convivenza civile di una nazione.

Capita sempre più spesso di sentire qualcuno (il popolo), che si prostra nella difesa di Berlusconi, perchè, “ci ha tolto l’ICI”, perchè, se raggira le leggi e fa in modo di non farsi processare non è altro che un merito, è considerato “furbo”, perchè la sinistra, “cosa ha saputo fare per il paese?”. Solo lui ci toglie le tasse, fa i condoni, non vuole un paese multietnico, e via di seguito, si potrebbe procedere all’infinito. Questi sono discorsi che si sentono, nella vita reale, di tutti i giorni, con una frequenza impressionante.

L’antipolitica berlusconiana ha costruito delle forme di attrazione “simbolica” e anche materiale rispetto al paternalismo, il clientelismo, politiche economiche falsamente redistributive (si pensi alla social card), senza in realtà promuovere alcun sviluppo.

Berlusconi e i suoi apostoli, attraverso una retorica dell’infinita “bontà del popolo”, della sua incommensurabile saggezza, moralità innata, condividendone e alimentandone una concezione unificata ed organica con esso, in una sorta di comunità spirituale (si fa per dire) di assoluta armonia con esso.

Il fascismo evocava spesso la sua estrazione popolare, ma quello che in realtà voleva e preferiva, era il consenso della “middle class”. La caratteristica del berlusconismo (non meno della lega) è in più l’abbraccio mortifero con i ceti medio bassi, con la classe operaia. Questo a mio avviso ci autorizza a pensare che Berlusconi è peggio di Mussolini e del fascismo.

Lo si potrebbe paragonare a quello che nella fase meiotica della cellula, viene definito “Crossing over”, cioè la frammentazione, e ricombinazione del patrimonio genetico di cromosomi omologhi, il cui risultato è un nuovo soggetto portatore delle caratteristiche genetiche “rimescolate” degli antenati, in modo migliore (potenziato), o peggiore, in questo caso. In sostanza, non ci vuole molto a comprendere la pericolosa deriva in cui si trova la nostra democrazia che viene progressivamente svuotata nei suoi contenuti fondamentali. Tutto in nome del popolo, la sovranità popolare che legittima il Presidente del Consiglio a governare e non farsi processare, facendo della giustizia un “uso e consumo” per evitare le sicure condanne.

Del resto quando si è inventata la sovranità popolare si è cominciato in modo arduo a dire: “io parlo in nome del popolo”. La invoca questa parola, il popolo, chi è al governo, per rivendicare la sua legittimità a governare. Ma la democrazia moderna, dei contemporanei non può prescindere dai “diritti fondamentali”, che nessuno può violare, nemmeno in nome del popolo. La nuova destra rivendica di “essere il popolo”, di dare voce al popolo, e questo (secondo loro) l’autorizza anche smantellare la costituzione, a fare leggi che tutelino il nuovo Duce dalle eventuali condanne per gravi reati di corruzione.

Ha imposto una rilettura poco eterodossa della democrazia, attraverso una torsione plebiscitaria che va oltre il populismo stesso. Ha offerto ai molti soggetti aventi fede solo nel denaro, l’illusione di identificarsi in lui, di sognare di diventare più ricchi, ha offerto loro una fede in cui credere, cosa di cui avevano tanto bisogno.

I suoi adepti vivono la loro piccola gloria proprio grazie a lui, diversamente (sostiene giustamente Scalfari su Repubblica del 22 novembre) avrebbero potuto sperare di avere cariche politiche, come in un paese dove la gente è dotata di buon senso e alfabetizzazione (anche minima basterebbe) politica, si potrebbe concepire che un tale Gasparri sia ministro e poi capogruppo dei senatori? Come uno Schifani diventerebbe presidente del Senato e “seconda carica dello Stato?”

Che dire di un soggetto come Tarantini, amico di casa, Cosentino membro del governo?
Da non perdere il curriculum di Mariastella Gelmini, ministro che punta al merito, ma tenta di censurare Wikipedia che ha reso note informazioni sconcertanti: è credibile un ministro che va in Calabria per conseguire l’abilitazione per fare l’avvocato “perchè ha bisogno di lavorare?” Certo, in Calabria è più facile passare l’esame di abilitazione, lei perciò si trasferisce e ottiene il risultato. Passa l’esame.

Poi inizia la sua carriera politica entrando in Forza Italia, ha ricoperto la carica di presidente del consiglio del comune di Desenzano del Garda fino al 2000, anno in cui su mozione del suo partito, viene sfiduciata con la motivazione di “manifesta incapacità ed improduttività politica ed organizzativa”, (delibera del consiglio comunale n. 33 del 31.03.2000). Dal 2002 è stata assessore al territorio della provincia di Brescia, dal 2004 assessore dell’agricoltura, entra poi nel Consiglio Regionale della Lombardia nell’ aprile 2005, e nel 2006 viene eletta alla Camera dei Deputati, diventa membro della giunta per le autorizzazioni a procedere del comitato parlamentar eper i procedimenti di accusa e della II commissione giustizia. Ovviamente di gente così l’Italia abbonda, ma la concentrazione di talenti intorno al Cavaliere è davvero notevole.

Tocqueville, in qualità di sociologo della conoscenza descrisse: “co
me ad un assetto sociale democratico corrisponda necessariamente una nuova civiltà, la quale sarà radicalmente diversa da quelle aristocratiche del passato. Sarà una civiltà di massa; e quindi non bisogna aspettarla e descriverla avendo in mente i modelli del passato, i saggi, i poeti, ma il modello del futuro, e cioè il grigio uomo comune, capace di imporre i suoi rozzi gusti, i suoi sentimenti edonistici.

Peggio: la società del benessere, col suo intrinseco materialismo, col suo conformismo di massa, con la sua industria culturale, rischia di uccidere. E a questo il liberale Tocqueville non poteva rinunciare – lo sviluppo morale dell’ uomo interiore. Per essere liberi, affermava, bisogna volerlo davvero; e noi siamo solo una nazione snervata e spaventata dall’anarchia: quando questo pericolo cesserà, allora vedremo il tramonto di questo regime”.

La domanda che sorge spontanea è: saremo in grado di porre rimedio a tutti i danni provocati dal miglior statista degli ultimi centocinquanta anni? Dopo la seconda guerra mondiale la ricostruzione è ricominciata subito, e molta era la voglia di ricominciare, ma i danni culturali e morali che questo governo avrà prodotto, saranno macerie su macerie.