Mumbai un anno dopo

di Gianluca Ursini
da www.peacereporter.net

L’India che si è fermata a commemorare le vittime degli attacchi terroristici di Mumbai è in preda alla paranoia anti-pachistana e anti-islamica, al delirio militarista da superpotenza nucleare. Mentre nel paese, nell’indifferenza generale, dilaga la pove
”Un anno fa: oggi”. Questa la copertina scelta dai maggiori quotidiani nazionali e dai tg di maggior ascolto. Come anche dalla quotata Ibn-Cnn, tv satellitare globale in inglese e hindi.
L’India si e’ fermata per commemorare la strage nata dagli attentati terroristici che videro un anno fa Mumbai come palcoscenico, con 164 vittime civili, 14 poliziotti e soldati morti nelle sparatorie che portarono all’uccisione di 9 membri del commando che per ben quattro lunghissimi giorni riuscirono a bloccare il centro commerciale e turistico di una citta da 17 milioni di abitanti. Solo un cittadino pachistano e’ sopravvissuto ed e’ attualmente detenuto nella stessa citta’, dove pare si lamenti per ”il cibo non abbastanza speziato” (Hindustan Times, ottobre scorso).

Nessuna autocritica. Ma che paese e’ quello che si interroga sui fatti di un anno fa? Isolato, il foglio iper liberale The Hindu domenica scorsa ha pubblicato uno speciale dal titolo ”La risposta dei nostri servizi all’attacco terroristico e’ stata caratterizzata dalla confusione”. Qualche testa e’ saltata per tanta inefficenza? Dieci terroristi sbarcati su dei canotti nel principale approdo della citta’ (Gateway of India) nel pieno della sera, senza incontrare difficolta’, che hanno bloccato per 96 ore il quartiere piu’ affollato della capitale, portano gli indiani a interrogarsi sull efficenza (dubbia) della loro polizia? No. Il sentimento che predomina e’ quello dell’isteria nazionalista anti pachistana.

Nel mirino c’è il Pakistan. Nelle settimane passate e’ stato un rincorrersi di titoli e speciali di tutte le redazioni giornalistiche su “l’allarme Pakistan”. Persino il progressista Indian Express ha titolato in prima pagina: “Il Pakistan ha piu testate nucleari dell’India, ribadiscono gli esperti”. Gli esperti in questione, si e’ appurato, erano un centro studi di intelligence pagato dall’esercito indiano. L’interesse nazionale e’ verso l’Italia, per la notizia che la Digos di Brescia e’ riuscita a rintracciare un centro servizi telefonici e bancari retta da due pachistani che avevano attivato dei conti coi qali venivano pagati servizi Voip attivati in Canada. Attraverso questi canali di telefonia via Internet, la centrale operativa dei terroristi riusciva a comunicare sui cellulari satellitari del commando mentre i dieci pachistani mettevano Mumbai a ferro e fuoco. I servizi di intelligence indiani hanno scovato altri due pachistani che a loro dire ”pianificavano attentati su suolo indiano”: si tratta di K Rana, lavoratore manuale emigrato nel Golfo, e di Tom Hadley, un pachistano di padre statunitense ma madre delle zone tribali, sui quali sono state finora racimolate come prove d’accusa email e telefonate in cui parlavano dell odio verso “gli infedeli Hindu”.

Sui media, in politica. Da settimane The Hindu, Hindustan Times e Times of India si sono lanciati in una campagna per chiedere ”Perche’ gli operativi di Lashkar-e-Toiba (gruppo principale indiziato per l’attentato) circolano liberamenet a Karachi? Perche’ I servizi pachistani non fanno nulla?”. Le proteste ufficiali del governo indiano devono essere arrivate a Washington, in vista dell’incontro a due tra Obama e il premier di Delhi di questi giorni, e il principale contribuente dell’esercito pachistano (Il Congresso Usa, con 650 milioni di dollari annui) si deve esser fatto senire: risale a ieri l’arresto dei 7 principali terroristi di Let in Pakistan, incluso il capo dei capi Zakiur Rehman Lakhvi; una data storica celebrate dai politici e media , come se l’India avesse sconfitto i problemi di malnutrizione che affliggono 400 milioni dei suoi cittadini.
Intanto passa sotto silenzio il rapporto da cento pagine che il giudice Manmohan Liberhan a Delhi andava preparando da 17 anni: la sua sentenza ha accusato della distruzione della moschea Babri il 6 dicembre 1992 e della ‘communal tension’ conseguente tra hindu e mussulmani che ha portato alla morte di migliaia di cittadini, i tre principali politici nazionalisti hindu, uno dei quail ha anche guidato il Paese. Per Libheran, Atal Bihari Vajpayi del Bharatya Janata Party (predecessore di Singh) Murji Joshi del Bajrang Dal e Krishna Advani del Vishwa Hindu Parishad avrebbero attizzato “l’odio collettivo verso i musulmani deliberatamente, per propri calcoli politici, causando un massacro di inedite proporzioni”.

Spese militari alle stelle. E mentre la tensione sale, mentre nessuno ti vende un numero telefonico senza attendere 72 ore per attivarlo (“problemi di sicurezza per la minaccia terrosista”, è il ritornello degli operatori telefonici), mentre in nessun hotel con piu di 3 stelle si puo’ entrare senza dover passare da un metal detector, mentre le code per passar i cinque controlli di sicurezza in aeroporto prendono due ore (cronometrate sia a Kochi che al terminal internazionale di Mumbai), gli indiani sono entusiasti che nella visita di questi giorni a Washington del premier Manmohan Singh, il presidente Usa abbia riconosciuto l’India come potenza nucleare’ e si dica pronto (il premio Nobel per la pace) a ‘’discutere dell’arricchimento controllato dell’uranio’’con una nazione che non ha firmato il patto di NON proliferazione nucleare. La settimana passata, politici di ogni colore hanno elogiato il primo ministro dopo l’annuncio che Jacob Zuma del Sudafrica e’ atteso in febbraio per una visita di Stato, durante la quale sicuramente dsi trattera’ l’acquisto di ingenti quantita’ di uranio arricchito; questo nonstante il Sudafrica, come tutti gli Stati africani, sia vincolato da un patto internazionale a non vendere materiale nucleare a paesi che non hanno sottoscritto il Patto di Non Proliferazione. Singh provava da anni a concludere un simile patto anche con Angola e Namibia, senza esiti. Intanto le spese miltiari del Paese salgono al 10 percento del budget annuale , se si includono i costi per sviluppare il programma nucleare. Ma gli indiani sono contenti di avere la Bomba e si sentono “potenza nucleare”. Si sentono piu sciuri dalla “minaccia pachistana”.

I nostri problemi? Il buon Vijay Singh mi fa accomodare su uno dei tappeti della sua gioielleria di Calicut. E’ da quando sono in Kerala che mi accoglie in tutte le sue filiali, di Kochi, Trivandrum: ci conosciamo dai tempi di Goa e prova disperatamente a farmi importare di nascosto rubini dal Myanmar. “Non controllerebbero mai un italiano”. Promette folli commissioni dell’ 8 percento. Sa che non accettero’, ma abbiamo piacere reciproco della nostra compagnia mentre sorseggiamo chai bollenti. Mentre discutiamo, la luce va via almeno tre volte. Il sistema elettrico indiano non e’ adeguato a supportare lo sviluppo del paese. Per strada si affacciano decine di mendicanti: Vijay e’ un Hindu influente e ha qualche rupia per tutti: anche nello sviluppato Kerala le strade sono affollate di straccioni. Vijay e’ anche un infuocato sostenitore del Shiv Sena (Armata di Shiva) il gruppo paramilitare e politico che vuole creare un puro stato Hindu e Marathi al centro della nazione continente, una Lega Padana ancora piu’ arrabbiata, armata e pericolosa. Vijay e’ molto preoccuapto. Da cosa? Dai 300 milioni di indiani che non hanno un tetto per dormire. Dal fatto che un miliardo di persone non ha copertura pensionistica? Dal fatto che la sanita’ pubblica e’ una presa in giro? No, Vijay sbuffa il fumo del suo bidi e dice: “Le elezioni a Mumbai e nel Maharashtra lo hanno confermato: i musulmani sono il nostro principale problema. Dobbiamo far qualcosa per fermare il Pakistan!”. Vita facile per i politici dell’odio in queste lande.