L’Europa degli inutili

di Fabrizio Casari
da www.altrenotizie.org

Johannes Cornelis van Baalen, parlamentare europeo, è il Presidente dell’Internazionale liberale, una specie di setta degli inutili che potrebbe riunire le sue assisi internazionali in una cabina del telefono. L’influenza dell’organizzazione, poi, è simile al nulla e quindi presiederla non rappresenta certo l’aspirazione massima per nessuno. Ma Johannes van Baalen si sente investito di una vera e propria missione politica; si agita molto e fa di tutto per rendersi utile ai circoli dell’estrema destra europea e statunitense. Le sue recenti avventure l’hanno visto protagonista di un giro per l’America centrale dove, alla testa di una delegazione quantomeno imbarazzante, ha offerto il meglio di sé. La prima tappa del suo viaggio è stata il Nicaragua, dove van Baalen ha incontrato esponenti dell’opposizione e del governo.

Fino a quando gli incontri hanno riguardato gli esponenti politici governativi, l’impressione che van Baalen dava era quella di un personaggio che miscelava arroganza ed ignoranza; pazienza, avevano pensato le autorità nicaraguensi, non è né il primo né l’ultimo esponente politico con siffatte caratteristiche a recarsi in visita nel paese dal 1979 ad oggi. Ma negli incontri con l’opposizione van Baalen ha offerto la definitiva prova delle due qualità già evidenziate, chiedendo letteralmente ed insistentemente ai vertici militari di promuovere un colpo di Stato contro il legittimo governo guidato da Daniel Ortega ed offrendo agli eventuali golpisti l’appoggio sia dell’Internazionale liberale che del Parlamento Europeo.

La risposta dei militari è stata, naturalmente, quella di spiegare al soggetto che l’esercito nicaraguense risponde alla Costituzione ed al potere politico, ma quella della Cancelleria nicaraguense è stata ancora più chiara: l’idiota ha avuto un decreto di espulsione e 24 ore di tempo per lasciare il paese. Ha protestato e minacciato il presunto esponente politico, ma ha capito rapidamente che era meglio sbrigarsi e lasciare il paese di Sandino. E così ha fatto, recandosi in Honduras, dove è corso ad abbracciare il golpista Micheletti al quale ha rinnovato l’appoggio politico suo e della setta di cui è presidente.

A Micheletti non sembrava vero: da quando si è illegittimamente insediato, van Baalen è il primo esponente politico che accetta d’incontrarlo pubblicamente e, soprattutto, dei molti ad averlo appoggiato in silenzio (il Dipartimento di Stato Usa in primo luogo), van Baalen è il primo a farlo apertamente. Avere l’appoggio di ipotetici liberali alla vigilia delle elezioni farsa, era merce politica da esibire.

“E’ stato un piacere dire al presidente Micheletti che il congresso dell’Internazionale liberale, due settimane orsono, lo ha eletto come uno dei suoi Vicepresidenti”. Queste, mica altre, le parole di van Baalen a Tegucigalpa. Parole vergognose cui hanno fatto seguito dichiarazioni da neurodeliri, come “con il suo coraggio, Micheletti ha reso possibile che il processo elettorale abbia luogo il 29 novembre: questo é un atto enorme, e valoroso in favore della democrazia”. Dunque il golpista Micheletti è Vicepresidente dell’Internazionale liberale: due buffonate in una persona sola.

Lasciata Tegucigalpa, l’eurodeputato olandese é rientrato a Strasburgo: ancora euforico per aver visto la sua foto su un paio di giornali golpisti, dev’essersi convinto che la sua uscita dall’anonimato era ormai definitiva. Ha quindi convinto il suo gruppo al Parlamento Europeo a riunirsi ed a proporre un voto contro il Nicaragua. Il voto è stato espresso nell’ambito di una sessione dedicata ai “motivi urgenti” senza che fosse stata data preventiva informazione sul fatto che nella seduta si prevedesse un voto contro il Nicaragua. Il motivo del voto? “Minacce, insulti ed intimidazioni ricevute dalla delegazione dell’Internazionale liberale in Nicaragua”. Il gruppo socialista, i Verdi e la Sinistra Unita (Gue) non hanno partecipato al voto ed hanno protestato per la strumentalità e la scorrettezza dell’agire del gruppo liberale, che non ha avvertito le commissioni di quale risoluzione sarebbe stata oggetto del voto.

Ma la cosa sconcertante è che il Parlamento Europeo non sente il bisogno di una mozione di censura a van Baalen. Sarebbe bene ricordare che l’Unione Europea si è pronunciata unitariamente in maniera durissima contro il golpe in Honduras, contro il quale ha promosso sanzioni politiche e commerciali ed ha ripetutamente chiesto il reintegro al governo del deposto Presidente legittimo, Manuel Zelaya.

Van Baalen e i liberali devono essersi distratti nella circostanza. Avranno pensato che l’essere nati in Europa conferisce loro una patina di superiorità che li esime dal dovere della decenza. Si chiamano liberali ma stanno con i golpisti. Contraddizioni grandi per un gruppetto minuscolo di inutili.

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

La Ue fra trattati e trattative
di Nicola Lillo

“Finalmente”. È questa l’espressione con cui Barroso, presidente della Commissione europea, ha celebrato l’effettiva entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Dal primo dicembre siamo dunque entrati nell’era del Reform Treaty (“trattato modificativo”). Sottoscritto a Lisbona il 13 dicembre 2007, il Trattato era destinato ad entrare in vigore il primo gennaio 2009. La non approvazione da parte dell’Irlanda, tramite referendum, ha però rallentato i tempi. Ma adesso, l’Europa di Lisbona, inizia “finalmente” la sua marcia.

Il Trattato è frutto dell’abbandono del progetto di costituzionalizzazione dell’Unione con la Conferenza intergovernativa di Laeken del dicembre 2001. L’idea era quella di redigere una vera e propria Costituzione europea. Nel 2003 la bozza fu presentata a Salonicco. Ma con i referendum svoltisi in Francia e in Olanda, nel maggio e giugno 2005, hanno prevalso i voti contrari. Anche se nella maggioranza degli Stati membri, fra cui l’Italia, prevalse la ratifica tramite voti di parlamentari, lo sconquasso fu tale che il vertice europeo optò per una “pausa di riflessione” nel processo di ratifica.

Nei successivi Consigli Europei si approdò, dunque, ad un ben più modesto Reform Treaty. Ma quali sono le novità? Innanzitutto la UE ha acquisito una personalità giuridica, e ciò comporta che potrà firmare trattati internazionali e agire sulla scena mondiale come un vero e proprio Stato. Inoltre sul piano istituzionale è previsto il voto a doppia maggioranza per le delibere del Consiglio, sia degli stati che delle popolazioni. L’Unione avrà poi la possibilità di lanciare politiche di cooperazione rafforzata anche in materie di politica estera, sicurezza e difesa.

Punto centrale del cambiamento è senz’altro l’elezione del Presidente del Consiglio, a maggioranza qualificata, che resta in carica per due anni e mezzo. Non ci sarà più, dunque, la durata in carica di sei mesi, a rotazione per ciascuno Stato membro. Altro elemento di novità è l”Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”, Mister Pesc, chiamato a guidare la politica estera e di sicurezza dell’Unione. Il primo presidente stabile del Consiglio sarà il premier belga Herman Van Rompuy, mentre la britannica Catherine Ashton (“ma chi è?” ha detto un esterrefatto Romano Prodi) sarà “ministro degli esteri”.

Entrambi graditi dai leader nazionali, su tutti Francia e Germania, per non rischiare di essere messi in ombra da chi sale sul palcoscenico d’Europa, hanno risposto alle numerose critiche chiedendo di essere giudicati su quello che faranno. In realtà per diversi giorni si è parlato di D’Alema come Mister Pesc, poi cassato da un accordo tra i leader socialisti del Pse, i quali lo hanno sostituito co
n la laburista Ashton, nominata anche vicepresidente della Commissione Europea. D’Alema aveva suscitato forti resistenze nei nuovi paesi membri, che si erano preoccupati per il suo passato da leader comunista. Ma, secondo indiscrezioni, anche i suoi trascorsi di politica italiana, come uomo che aveva abbandonato Prodi, potrebbero aver pesato. Nomina del “leader Massimo” che avrebbe, comunque, imposto il ritiro di Antonio Tafani del Pdl, responsabile UE dei trasporti, ora confermato.

Catherine Ashton, baronessa cinquantatreenne, mai votata da alcun elettore, avendo ricevuto solo una sfilza di nomine, è apprezzata da Blair e ritenuta vicina a Gordon Brown. Le poltrone da lei occupate centrano però poco con il suo incarico attuale (era Commissario al Commercio). Non cimentatasi mai in politica estera, ha riempito due caselle nello stesso tempo, avendo inoltre femminilizzato i vertici europei. La baronessa, avrebbe affermato di essere stata scelta “perché sono la migliore”.

Van Rompuy, settantaduenne, fiammingo democristiano, appoggiato sia dalla cancelliera tedesca Angela Merkel che da Nicolas Sarkozy, ha un profilo certamente più elevato della collega, essendo riuscito a far uscire il Belgio da una lunga e pericolosa lotta interna tra fiamminghi e valloni.
Il ruolo di Von Rompuy si profila, comunque, secondario, come ha fatto capire anche Silvio Berlusconi, il quale si è permesso di riprenderlo per essere arrivato in ritardo al pranzo di prefettura. “Il presidente non ha iniziato bene perché è arrivato con un‘ora di ritardo ma adesso gli insegno io”. Assumerà le funzioni dal primo gennaio 2010, in modo da consentire la fine del mandato di presidenza affidato in questi sei mesi alla Svezia. Proposte, e ormai cariche, di basso profilo. Non delle grandi personalità per l’Unione Europea.

Hanno, dunque, vinto le tre grandi capitali. Due cariche che non faranno certo ombra al binomio franco-tedesco, quello che Sarkozy e Merkel volevano: stabilizzare l’asse Parigi Berlino.