Il rapporto Murphy e gli orrori

di Vania Lucia Gaito
da http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it/

Continuano a definirli “casi isolati”. In Italia, s’intende, perchè fuori dall’Italia ormai la scusa non regge. Negli Stati Uniti, in Irlanda, in tutti i Paesi che hanno istituito commissioni apposite per indagare sugli abusi commessi dagli ecclesiastici, non si può avere la sfrontatezza di parlare di “casi isolati”, ma si può solo scusarsi. Scusarsi con le migliaia di vittime dei religiosi pedofili negli Stati Uniti, in Messico, in Brasile, in Australia, in Africa, in Europa.

Scusarsi con le migliaia di vittime di abusi fisici e sessuali perpetrati dagli ecclesiastici negli istituti residenziali e nelle “scuole industriali” irlandesi. Il Rapporto della Commissione Ryan, diffuso nel maggio di quest’anno, raccontava gli orrori e le sevizie cui erano sottoposti i bambini negli istituti gestiti e controllati da ordini religiosi. Maltrattamenti, violenze sessuali, abusi sistematici, e un costante clima di terrore.

I superiori non solo sapevano, ma incoraggiavano il “mantenimento della disciplina” con tali mezzi. Gli ispettori governativi che avrebbero dovuto vigilare sul benessere dei bambini fingevano di non sapere e non vedere. Un rapporto sconvolgente, che ha costretto i Fratelli Cristiani, la congregazione religiosa che gestiva la maggior parte delle scuole industriali assieme alle Suore della Misericordia, ad offrire un risarcimento di 34 milioni di euro alle vittime.

Altre cinque congregazioni hanno offerto ulteriori 43 milioni di euro. Un Consiglio di Giustizia fu istituito già dal 2002 per risarcire le vittime: al 2008 aveva giudicato 11.337 casi, con risarcimenti individuali tra i 65.000 e i 300.000 euro.

Ora, a sei mesi di distanza, arriva un nuovo rapporto, quello della Commissione Murphy, istituita nel 2006 per verificare come la Chiesa e le autorità statali avessero gestito le denunce di abusi sessuali sui minori commessi dagli ecclesiastici nella sola diocesi di Dublino.

Settecento pagine di testimonianze raccapriccianti, 320 vittime, una sequenza di racconti dell’orrore che coinvolgono un campione di 46 sacerdoti dal 1975 al 2004, costantemente coperti dalle autorità ecclesiastiche, spostati di parrocchia in parrocchia, con l’unico intento di proteggere il buon nome e i beni della Chiesa. Gli ultimi quattro arcivescovi che si sono succeduti alla guida della diocesi di Dublino avevano in comune una regola: coprire gli abusi e gli abusatori, insabbiare, nascondere, negare.

Il rapporto Murphy è dettagliato: ad ogni sacerdote è dedicato un capitolo denso di accuse, di testimonianze, di orrori. Ogni capitolo una storia in cui la pedofilia si fonde col sadismo e con ogni sorta di perversione degli impulsi sessuali. Forse quelle più agghiaccianti riguardano padre Noel Reynolds, che ammise di aver abusato di più di cento bambini nelle otto parrocchie in cui aveva esercitato il proprio ministero negli oltre trent’anni di carriera.

Spostato da una parrocchia all’altra ogni volta che si sollevava uno scandalo sui “comportamenti inappropriati” tenuti dal sacerdote, raccomandato ai vescovi locali senza mai comunicare i suoi trascorsi, Reynolds trovava ogni volta terreno fertile: le madri gli affidavano con fiducia i bambini, nessuno dubitava di lui e della sua dedizione. Le denunce vennero a galla solo nel 1995, quando la polizia irlandese aprì un’indagine sul suo conto.

Arrestato nell’ottobre del 1999, a seguito degli abusi commessi su due sorelline di sei e undici anni, Reynolds confessò. Confessò di aver violentato almeno cento bambini, raccontò particolari mostruosi e raccontò anche di come aveva abusato di una bambina piccolissima, violentandola brutalmente utilizzando un oggetto: il crocifisso.

Arrivò perfino ad offrirlo alla polizia, come prova. E tuttavia solo nel 1998, poco prima dell’arresto, era stato rimosso dalla parrocchia e trasferito come cappellano al National Rehabilitation Hospital, anche stavolta senza informare le autorità ospedaliere dei trascorsi del sacerdote e mettendo in grave pericolo i 94 bambini degenti nella struttura.

E poi un altro sacerdote, padre Terentius, che ubriacava le sue vittime e poi le violentava; un altro ancora che ha affermato di aver abusato di un bambino diverso ogni quindici giorni, per 25 anni; e ancora un altro, insegnante elementare, che abusava sistematicamente dei propri alunni.

Una catena di orrori, che ad un’attenta lettura rivela un orrore peggiore: la costante e sistematica copertura dei vertici della diocesi di Dublino, preoccupati esclusivamente di evitare sia lo scandalo sia possibili richieste di risarcimento. Dietro ogni sacerdote pedofilo c’è la figura di almeno un vescovo che sapeva.

“La sola preoccupazione dell’arcidiocesi di Dublino – si legge nel rapporto – era quella di mantenere la segretezza, evitare lo scandalo, proteggere la reputazione della Chiesa e i suoi beni. Tutto il resto, incluso il benessere dei bambini e la giustizia per le vittime, erano subordinati a queste priorità. L’arcidiocesi non si attenne alle procedure del diritto canonico e fece tutto il possibile per evitare l’intervento delle leggi dello Stato”.

Le autorità dell’arcidiocesi che si occupavano delle denunce di abusi su minori avevano un’ampia esperienza in diritto canonico e in giurisprudenza. Eppure l’arcivescovo e i vescovi dublinesi sostennero di non sapere che, oltre ad essere un peccato, l’abuso su minori fosse anche un reato, e pertanto non avevano informato le autorità giudiziarie di quanto accadeva nelle loro parrocchie.

Tuttavia tale presunta ignoranza risulta insostenibile, alla luce del fatto che fin dal 1986, le autorità ecclesiastiche decisero di ricorrere ad una polizza assicurativa per proteggere i beni della Chiesa da possibili richieste di risarcimento da parte delle vittime di abusi.

La pedofilia clericale è ben nota alla Chiesa fin dai tempi delle Indulgenze (1517) di Leone X, che assolvevano gli ecclesiastici dal “peccato contro natura con bambini” per la modica somma di “131 libbre, 15 soldi”.

Senza contare che, da tempo immemorabile, l’abuso sessuale ai danni di minori è oggetto di diritto canonico: la direttiva del cardinale Ottaviani del 1962, Crimen Sollicitationis, istruiva i vescovi su come trattare questo tipo di denunce, e la direttiva di Ratzinger del 2001, De Delictis Gravioribus, sottraeva i processi per abusi sui minori alla giurisdizione dei tribunali diocesani per avocarli direttamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il regime di segretezza era tale che, qualora un sacerdote pedofilo veniva inviato ad un trattamento psicologico, neppure i terapeuti erano pienamente informati della storia del sacerdote. Molti dei rapporti e delle direttive dei terapeuti, del resto, erano completamente ignorati, anche quando psichiatri e psicologi raccomandavano di conferire ai sacerdoti incarichi che non prevedessero contatti con i bambini.

La stessa cultura della segretezza riscontrata nel caso di Dublino è stata riportata da altre inchieste condotte in altri Paesi. Nel 2002, il governatore dell’Oklahoma Frank Keating, presidente del Consiglio Nazionale per il Riesame che si occupava della vicenda dei preti pedofili negli Stati Uniti, rilasciò un’intervista al Los Angeles Times spiegando il motivo delle sue dimissioni dall’incarico dopo appena un anno, paragonando la segretezza della Chiesa a quella della mafia e le gerarchie ecclesiastiche a Cosa nostra: “I preti non obbediscono ai mandati di comparizione, e fanno sparire i nomi degli stupratori. Questa è un’organizzazione criminale, non la mia Chiesa”.

In tale ottica, il benessere dei bambini veniva costantemente sacrificato per proteggere l’istituzione. Il rapporto Murphy sottolinea: “La Chiesa non è una democrazia e non ha procedure di selezione trasparenti, pertanto non è dato conoscere
quali criteri siano utilizzati nella scelta degli Arcivescovi. Le nomine a vescovo sembrano essere state fatte essenzialmente sulla base dell’aderenza all’ortodossia dottrinale. L’abilità di gestione non sembra essere stata un criterio tenuto in considerazione”.

Di fronte alla cultura della segretezza, la Commissione Murphy dovette emettere un ordine formale con il quale veniva richiesto che l’arcidiocesi di Dublino e altre organizzazioni, compresa la polizia stessa, fornissero tutti i documenti in loro possesso riguardanti i 46 sacerdoti coinvolti nell’inchiesta.

Nel settembre del 2006, la Commissione inviò inoltre una richiesta formale alla Congregazione per la Dottrina della Fede “chiedendo informazioni sulla promulgazione del Crimen Sollicitationis”.

Chiedeva inoltre informazioni su tutti i rapporti, riguardanti gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti, “inviati alla Congregazione dall’arcidiocesi di Dublino”. La Congregazione non rispose mai alla richiesta, adducendo come pretesto il fatto che la stessa non fosse stata inoltrata attraverso gli appropriati canali diplomatici.

La Commissione inviò allora, nel febbraio 2007, una formale richiesta al Nunzio Apostolico irlandese, chiedendo di produrre tutti i documenti in suo possesso riguardanti l’indagine in corso. Non vi fu mai risposta.

Non avendo il potere di emanare alcun ordine nei confronti della Congregazione per la Dottrina della Fede nè del Nunzio Apostolico, la Commissione proseguì il proprio lavoro senza alcuna collaborazione da parte del Vaticano. Tuttavia ritenne opportuno, alla conclusione dei lavori, inviare al Nunzio una copia del rapporto Murphy. Ancora una volta, non ricevette risposta.

Di fronte agli esiti del rapporto Murphy, l’attuale arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, ha offerto alle vittime le proprie scuse, il proprio dolore e la propria vergogna. Guardandosi bene dall’offrire anche un risarcimento economico, per quanto nessuna somma possa mai risarcire le violenze e le umiliazioni delle vittime.

Non si tratta dunque di “casi isolati” ma di situazioni “endemiche”, come sottolineano tutti i rapporti redatti fino ad oggi. C’è da chiedersi come mai in Italia non sia mai stata istituita una commissione indipendente che indaghi sui casi di abusi sessuali su minori commessi da religiosi. A scorrere le cronache giudiziarie, i casi non mancano.

Il numero di segnalazioni e richieste di aiuto che pervengono ogni giorno alle associazioni antipedofilia sono centinaia. Eppure si tratta solo della punta dell’iceberg. Molti, moltissimi, non denunciano: per paura, per vergogna, per timore di non essere creduti, ma soprattutto per la certezza di non ottenere giustizia.

L’Italia conta più di settemila scuole cattoliche, frequentate da quasi 630.000 bambini. Tali scuole, parificate alla scuola pubblica, ricevono ogni anno finanziamenti statali sotto forma di “partecipazione alle spese”. Senza contare i 123 seminari minori in cui studiano più di 2700 ragazzi al di sotto dei 18 anni.

E tuttavia nessuna commissione d’indagine sull’operato dei sacerdoti è mai stata istituita. Preoccupati di non perdere il consenso degli elettori cattolici, gli esponenti politici si sono sempre schierati a favore della Chiesa. Basti pensare alla gazzarra mediatica sollevata due anni fa per impedire ad Annozero di trasmettere il documentario Sex crimes and Vatican.

Così, in tema di abusi sessuali commessi da sacerdoti, si continua a parlare di “casi isolati”. E le coscienze addormentate, che da tempo hanno abdicato alla dignità, continuano a fingere che sia davvero così.

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Statement on Murphy Report on Clerical Child Abuse in the Catholic Archdiocese of Dublin

News Release from: Voice of the Faithful – Ireland
da www.noisiamochiesa.org

For those whose minds are not closed this report is conclusive proof of the complete failure of a system of church governance that has caused intense trauma to thousands of Catholic children throughout the world. So far the response to the report by Irish Bishops, and by the Holy See, tells us that too many minds are still closed. No bishop has yet admitted what all of us can plainly see: their unaccountable and aristocratic system of governing the church has failed our children and disgraced the Catholic community of faith throughout the world.In the wake of reports on Ferns in 2005, and on Cloyne in 2008 – and a tide of similar revelations in over twenty other countries – this devastating report on the Archdiocese of Dublin can lead to only one conclusion.

The absolute and unchecked administrative power that Catholic bishops have acquired not from God but from history tends inexorably towards their corruption. For the sake of all other Irish victims of clerical abuse, known and unknown, this revelation now demands an inquiry into the remaining twenty-three Irish dioceses.This dangerous and absurd church system must in the meantime be changed. It has failed our children and the people of God on many levels, and is not fit for purpose. It cannot be redeemed by outstanding individual bishops because, in the words of Archbishop Diarmuid Martin on the feast of Epiphany 2009:”We have to have a system whereby people are pushed to be accountable. “

At present, the only forces that push a Catholic bishop to behave accountably are the secular media and the secular state. This is the reason that for over two decades Catholics all over the world have been shocked by a succession of appalling scandals that have held us all up to global contempt. To deny that change is now necessary in the way the church governs itself is to condemn other children of the church to the same trauma, and to condemn the rest of the church to endless derision and scandal. Catholicism cannot survive this. To argue that God supports the present church system is to argue that God approves of child abuse – and that is blasphemy.

We protest especially at the total absence of an internal forum within the church that would allow lay people to ask their own questions and express their own views on this appalling failure of church leadership. This too is clerical abuse of power. It has led to the continuing isolation of the victims of clerical sexual abuse, and to a culture of denial and demoralisation among the rest of the faithful. It has denied to the Holy Spirit the freedom to inform the church through the wisdom of lay men and women – especially the wisdom acquired through suffering.

It has also allowed too many bishops to live in a cocoon of absurd self-delusion, cut off from all reality by a culture of servile deference that belongs to the Middle Ages.If the church is to recover, our bishops must leave this cocoon and engage directly with their people. The age of deference is dead. We Catholic Irish have finally discovered in 2009, at a terrible cost, that deference is the deadly enemy of childhood, of truth and of love. It is therefore the deadliest enemy of the church also.

In a separate open letter we call upon Pope Benedict XVI to explain to us and to the universal church why so many bishops throughout the world – all appointed by the pope – have betrayed so many children. Many of the bishops who have failed in this way are still alive to testify to an inquiry into this. That no such inquiry has yet been launched is deeply disturbing. If it is denied now we will be forced to a conclusion that will be fatal to Catholicism globally: that the papacy also puts the Catholic clerical institution before the interests of children.

In Ireland as in Rome the Catholic Church was a community of faith before it became identified with a clerical institution. That faith has been betrayed by the leaders of the Catholic clerical institution. The relationship between the community of faith and the clerica
l institution is now therefore deeply troubled and almost broken. If this relationship is to be healed the clerical institution must now seek advice from the people of God on how that can be accomplished – and do so urgently.

Sean O’Conaill
Acting Coordinator