I misteri del ministero. Il pasticcio della Ru 486

di Carlo Flamigni
da www.unita.it

La questione della pillola abortiva, chiamata anche Ru 486, sta assumendo toni pericolosamente ridicoli, in Europa le ragioni per ridere di noi stanno aumentando vertiginosamente. Riassumo. Esiste, ormai da molti anni, una pillola che, se somministrata in un’epoca molto precoce di una gravidanza, la interrompe. È stata studiata, sperimentata, controllata, e alla fine approvata dalle più importanti agenzie che si occupano con riconosciuta competenza di valutare i costi e i benefici della assunzione dei farmaci.

Un gran numero di Paesi l’ha introdotta tra le tecniche di interruzione della gravidanza e centinaia di migliaia di donne l’hanno utilizzata. Malgrado ciò, in Italia, tutte le forze che il Vaticano ha potuto far scendere in campo, in Parlamento e nel ministero della Salute, hanno messo ogni sorta di impedimenti all’introduzione dell’aborto farmacologico e stanno ancora tentando, di evitare che accada l’irreparabile, che cioè il Paese si schieri con la grande maggioranza delle nazioni civili. La pillola abortiva non è la panacea universale: impegna la donna per un tempo più lungo, ha controindicazioni, ha effetti collaterali, può avere complicazioni. Sono anche morte alcune donne per averla assunta, non tante quanto dicono le associazioni pro-life , abbastanza da confermare la necessità di controllarne con saggezza l’utilizzazione.

D’altra parte evita le complicazioni dell’anestesia, le perforazioni dell’utero, la formazione di “sinechie endouterine”: è applicabile in epoche precoci di gravidanza, quando la chirurgia è meno efficace, e impegna assai meno dell’aborto chirurgico le sale operatorie. È una alternativa utile, basta far scegliere alle donne, basta informarle correttamente. Non si tratta di un problema etico. Qui la morale non c’entra: l’etica ha a che fare solo con l’interruzione della gravidanza, non con il modo in cui viene eseguita. Chi dice che renderà più facile la scelta di abortire si è bevuto il cervello: non c’è niente che possa facilitare una scelta del genere, e le donne italiane non sono né stupide né matte.

Eppure un gran numero di parlamentari cattolici e di pinzochere laiche ha continuato a strillare parole di fuoco e ha invocato la necessità di proteggere la salute delle donne, magari agendo persino contro le loro stesse scelte. Un vento di follia solleva polveroni di finta moralità e schiere di ex democristiani e di ex radicali scendono nelle piazze per gridare “viva il raschiamento, arridatece la curette ”. Malgrado tutto ciò, il problema sembrava concluso, l’Aifa (la nostra agenzia per il farmaco) una agenzia tecnica, competente e indipendente, aveva dato il consenso, concludendo una procedura “dovuta” nei confronti dell’Europa e chiarendo puntualmente che l’utilizzo del farmaco deve essere fatto tenendo conto del dettato della legge 194.

I senatori del Pdl e della Lega, la cui competenza in proposito è – salvo un paio di eccezioni – molto vicina a zero, hanno sostenuto che la pillola è contraria allo spirito della legge perché è praticamente impossibile che nella totalità dei casi l’espulsione del prodotto del concepimento si verifichi nel corso del ricovero ospedaliero. Il ministro Sacconi ha chiesto all’Aifa di rivedere il suo documento tenendo conto di queste osservazioni. In realtà la legge 194, all’articolo 8, recita così: «l’interruzione della gravidanza è praticata…. presso un ospedale generale …. e presso poliambulatori pubblici, adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ».

Persino i senatori sanno che i poliambulatori non hanno alcuna possibilità di ricoverare pazienti e in realtà la legge non dice in alcun punto che il ricovero è obbligatorio. Inoltre costringere una donna a restare in ospedale contro la sua volontà è impossibile, assolutamente impossibile. Capisco comportarsi da servitori del Vaticano, ne abbiamo viste di peggio. Ma ho sotto gli occhi due libri, curati dalla stessa persona, la signora Roccella. Nell’ultimo (diciamo Roccella 2), c’è una vera e propria aggressione alla pillola e a chi ne continua a suggerire l’impiego, pena di accuse sgradevoli (saremmo tutti al soldo delle multinazionali) e di dati contestabili (ne uccide più la pillola della spada).

Nel primo (chiamiamolo Roccella 1) prefazione di Adele Faccio, fiche squadrate al ciel nella copertina, titolo «Aborto facciamolo da noi», c’è una proposta per l’aborto libero e gratuito nelle strutture pubbliche e un trattamento alternativo per le donne. A meno che non si tratti di un caso di omonimia – ce ne sono, soprattutto tra i radicali – mi sembra la prova di uno straordinario, vorrei dire miracoloso cambiamento di opinione.

Non è che lo trovi illegittimo (il primo testo è degli anni Settanta), penso solo che ce ne sono un po’ troppi e che mi piacerebbe vederne qualcuno non seguito da una promozione-premio. Trovo invece peculiare che la signora Roccella invochi, per giustificare la sua mutazione, una amorevole attenzione ai problemi della salute della donna. Le suggerisco due temi di cui dovrebbe occuparsi, se la sua è vocazione sincera e se vuole veramente proteggere le donne di questo Paese: le obiezioni di coscienza, troppe (hanno superato il 70%), molto spesso insincere e dettate da miserabili interessi personali, questioni di carriera e di posizione sociale soprattutto.

Queste obiezioni vengono pagate caramente dalle donne in termini di salute, la carenza di personale è responsabile di continui rinvii tanto da rendere spesso necessario rivolgersi altrove, agli ambulatori stranieri o alle mammane. Il secondo tema riguarda le nuove cittadine che si comprano le prostaglandine in farmacia perché hanno paura a presentarsi in ospedale, abortiscono e poi in ospedale ci finiscono ugualmente a causa delle complicazioni. Come fanno a comprarle? Chi scrive quelle ricette? Come è possibile che questo scempio, che molti di noi denunciano da anni, non possa essere fermato? Credo che su questi temi le neocoscienze dei nostri amministratori dovrebbero cimentarsi, anche se capisco che queste cose non interessano al Vaticano.