Un supplemento di laicità

di Marcello Vigli
da www.italialaica.it

Di “Legge sulla libertà religiosa” si discute da tempo e si è giunti a formulare proposte e progetti depositati in Parlamento e discussi in Commissione. Durante l’ultimo governo Prodi sembrava che fosse giunto il tempo delle decisioni su una normativa che garantisca almeno parità giuridica. Tutto ancora una volta è stato rinviato. Invocata per porre fine alle discriminazioni, frutto di una situazione inaccettabile, non riesce a veder la luce. I cattolici godono del regime concordatario. Gli ebrei e alcuni cristiani di diverse confessioni sono tutelati da Intese sottoscritte e ratificate. Altri cristiani e fedeli di diversa religione sono in attesa di vedere ratificata la loro. Gli altri credenti compresi restano soggetti alla Legge del 1929 sui “culti ammessi” che tutti ritengono necessario abrogare pur con le sue variazioni.

La nuova proposta, che è stata depositata in questa legislatura per iniziativa dell’onorevole Zaccaria del Pd e si presenta come profondamente differente dalle precedenti, non sembra destinata a sanarla. Anzi, nella premessa si legge: «Sembra innanzitutto importante rilevare che la proposta di legge, fedele all’impostazione costituzionale, non intende disciplinare l’attività della Chiesa cattolica, oggetto di disciplina concordataria, ma mira a dare attuazione soprattutto agli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione, oltre naturalmente alle altre norme costituzionali che si riferiscono oggettivamente, anche se implicitamente, al fenomeno religioso, primo, tra tutte, l’articolo 2».

A tutte le altre confessioni, per uscire dal limbo dei culti ammessi, resta il diritto di acquisire, a certe condizioni, lo stato giuridico chiedendo l’iscrizione in un Registro delle confessioni religiose, ma solo la possibilità di entrare, al termine di un iter burocratico istituzionale lungo e complesso, nel regime delle Intese previste dall’art. 8 della Costituzione. La semplice iscrizione al Registro, infatti, non dà diritto a stipularne una. Possono chiederlo al Governo che, però, non è tenuto a concederla. La proposta non riguarda, ovviamente, chi l’Intesa l’ha già stipulata, ma rafforza la discrezionalità governativa e, soprattutto, sancisce definitivamente l’attuale divisione delle religioni in quattro categorie: concordataria, garantite da Intese, aspiranti a sottoscriverle, semplicemente iscritte nel Registro.

C’è da interrogarsi se questa soluzione, di per sé ingiusta, è almeno adeguata per un’Italia avviata a diventare una nazione di cristiani, musulmani, ebrei, induisti, buddisti, ai quali devono essere aggiunti, non bisogna mai dimenticarlo, atei agnostici … “relativisti”. Sarebbero forse sanate le discriminazioni più scandalose, si perpetuerebbe, però, la contraddizione rappresentata dagli articoli 7 e 8 della Costituzione. I padri costituenti credettero necessario introdurli per salvaguardare una pace religiosa che allora, in verità, non correva alcun pericolo ma che oggi potrebbe essere messa in crisi proprio in conseguenza di una Legge ad essi ispirata. È stato sufficiente che Adolfo Urso, segretario generale di Farefuturo la fondazione dei finiani, proponesse d’introdurre un’ora di religione islamica nelle scuole pubbliche per gli studenti che ne facessero richiesta, per scatenare la dura reazione del ministro Castelli e l’opposizione intransigente della Lega.

Ha ottenuto, invece, il consenso dall’onorevole D’Alema. Favorevole a certe condizioni si è dichiarato il cardinale Renato Martino, Presidente del pontificio Consiglio per la giustizia e per la pace, contrario mons. Angelo Bagnasco Presidente della Cei. Per uscire dall’impasse su questo, che è uno delle questioni più controverse nei rapporti fra lo Stato e gli “enti esponenziali” delle diverse confessioni religiose, l’Associazione ‘31 ottobre per una scuola laica e pluralista’ alla quale partecipano numerosi insegnanti evangelici, ha avanzato il progetto di un insegnamento di ‘religioni nella storia’. Su questa ed altre proposte analoghe già da tempo, si continua a discutere senza acrimonia,mentre è stato sufficiente che qualcuno affermasse che: «Per evitare ogni radicalismo è opportuno considerare l’insegnamento scolastico del Corano» per provocare reazioni dure e accese polemiche a conferma del fatto che oggi la presenza massiccia di fedeli islamici ha reso “nuova” la questione di una Legge sulla libertà religiosa.

C’è persino chi estremizza sostenendo che ogni proposta di legge sulla libertà religiosa in Italia passa attraverso questa necessità URGENTE: non bisogna dare soldi dell’8 per mille ai musulmani, che in Italia sono già oltre il milione! Questa considerazione scaturisce dal fatto che ulteriori soldi al mondo musulmano darebbero potere ad organizzazioni criminali che scatenerebbero un possibile terrorismo proprio contro noi stessi! Allevare un serpente in seno è sempre stato il classico pericolo da evitare. È forse giunto il momento di chiedersi se non sia da mettere in discussione la radice stessa della questione costituita da un assunto rimosso. Le religioni e i loro “enti esponenziali” non sono assimilabili alle altre visioni del mondo e alle agenzie culturali che le promuovono; i cultori di filosofie, ideologie, sistemi di idee del mondo, concezioni di vita… del relativismo puro sono cittadini di serie B ridotti ad essere garantiti “solo” dalle leggi che tutelano la libertà di coscienza, di opinione, di parola, d’insegnamento; per le loro organizzazioni nessun otto per mille!

Per questo si è pensato di risolvere estendendo il finanziamento alle fondazioni culturali e inventando il cinque per mille per l’associazionismo d’ogni genere. Forse è omai giunto il momento di realizzare pienamente quella laicità, dichiarata dalla Consulta fondamento della nostra Costituzione, che non è indifferenza dello Stato nei confronti delle idee, religiose e non, di cui si nutre e vive la società ma imparzialità a tutela della loro pari dignità, se promosse nell’ambito dei suoi principi. Non indifferenza ma imparzialità significa offrire strutture per praticare culti e svolgere convegni, spazi nei media pubblici e agevolazioni fiscali per la carta stampata. Ne fruirebbero i credenti che non intendono fare della religione un fatto privato, ma non pretendono finanziamenti statali per farla diventare “pubblica” proposta – lievito dice il Vangelo – per la crescita morale della società. Servirebbero anche a chi crede che la propria visione del mondo – chiamarla ideologia sarebbe obsoleto – sia utile a promuovere giustizia, libertà, cultura. Non serve quindi una “buona” Legge, che si è rivelata impossibile, ma un supplemento di laicità.