Noi non segnaliamo. La vittoria degli anticorpi (della ragione e della democrazia)

di Salvatore Geraci e Maurizio Marceca
da www.saluteinternazionale.info

L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano” (D. Lgs. 286/98, art. 35, comma 5).

Intorno a queste poche righe (e alla loro proposta di abrogazione) si è consumata, lo scorso anno, un’autentica battaglia sui diritti individuali, sul ruolo sociale degli operatori della salute e sul senso del nostro sistema sanitario, di cui, attraverso i post della nostra area, abbiamo dato periodica informazione e commento. Ora che l’eco dei giornali e delle televisioni si è spenta, qualcuno si chiederà: ma come è finita quella storia?

Ripercorriamola brevemente. Nell’ottobre 2008, all’interno della ‘discussione’ che accompagna il cosiddetto “pacchetto sicurezza, per iniziativa di alcuni parlamentari della Lega viene presentato un emendamento al ddl 773. Tale iniziativa parlamentare include la proposta di abrogare il divieto di segnalazione. La proposta viene approvata al Senato con una netta maggioranza nel febbraio 2009. Va da sé che le tesi che accompagnano tale iniziativa di revisione legislativa appaiono, a molta parte del mondo sanitario e scientifico e della società civile impegnata nel sociale, irrazionali e demagogiche, prive di evidenza scientifica e fondamento giuridico.

Si registra una immediata e netta presa di (op)posizione che vede schierati unitamente gli ordini professionali dei medici, degli assistenti sociali, degli psicologi, i collegi degli infermieri e delle ostetriche, alcune società scientifiche e facoltà universitarie, nonché tutte le forze sindacali, le organizzazioni non governative e le organizzazioni laiche e religiose (tra cui la Chiesa cattolica), diverse Regioni (di cui 10 con atti formali) e singole aziende sanitarie. Ma, politicamente parlando, appare dirompente la lettera con cui 101 parlamentari appartenenti alla stessa maggioranza che aveva approvato il testo (facenti idealmente riferimento al Presidente della Camera), ne chiedono il ritiro. Il 27 aprile 2009 l’articolo del disegno di legge viene stralciato. La vicenda purtroppo non si conclude, poiché l’approvazione finale della legge n. 94 del 15 luglio 2009 recante ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’ introduce nell’ordinamento italiano il reato di ingresso e soggiorno illegale, e pertanto obbliga, essendo reato perseguibile d’ufficio ai sensi di due articoli del codice penale, i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio alla denuncia. Ciò non dovrebbe valere per la sanità, stante la permanenza in vigore del divieto di segnalazione, ma questa situazione di “doppia norma” produce confusione e discrezionalità (a volte pretestuosa) tra gli operatori e diffuso timore da parte degli immigrati.

Ancora una volta si assiste ad una reazione, questa volta prevalentemente istituzionale, e 14 Regioni (Toscana, Piemonte, Puglia, Lazio, Umbria, Marche, Liguria, Campania, Valle d’Aosta, Veneto, Calabria, Emilia Romagna, Molise, Sicilia) e le 2 Provincie autonome (Bolzano e Trento) provvedono ad emanare circolari di chiarimento a sostegno del “divieto di segnalazione”. A seguito di queste iniziative locali e della azione di esercitata da un network che vede unite la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, Medici Senza Frontiere, l’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale e l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, il 27 novembre 2009 il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno emana a firma del Prefetto Morcone, una circolare (vedi risorsa allegata), la numero 12, che fornisce alle autorità competenti chiarimenti riguardo l’attualità del divieto di segnalazione.

La circolare ricorda che la nuova legge 94 non ha abrogato l’art. 35 e di conseguenza continua a trovare applicazione, per i medici e per il personale che opera presso le strutture sanitarie, il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolare che richieda prestazioni sanitarie, salvo il caso in cui il personale stesso sia tenuto all’obbligo del referto, ai sensi dell’art. 365 del codice penale, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Poiché l’obbligo di referto – precisa la circolare – sussiste solo nel caso di delitti per i quali si debba procedere d’ufficio, esso non ricorre riguardo al reato di immigrazione clandestina, trattandosi di un reato contravvenzionale e non di un delitto. La circolare ricorda infine che per quanto riguarda la questione dell’esibizione dei documenti inerenti il soggiorno per l’accesso alle prestazioni della pubblica amministrazione, anche in questo caso restano escluse le prestazioni di carattere sanitario, che lo straniero irregolare può chiedere senza alcun bisogno di esibire i documenti comprovanti la regolarità del suo soggiorno in Italia.

Si conclude così, o almeno lo vogliamo fortemente sperare, una campagna iniziata nell’ottobre 2008 con lo slogan “Siamo medici e infermieri non siamo spie”, che ha rappresentato, a giudizio di molti, una delle più efficaci recenti dimostrazioni di sopravvivenza di anticorpi democratici del nostro ‘sistema salute’. Viene da chiedersi: per quanto ancora possiamo contare sull’azione di anticorpi di memoria?