Una coscienza chiara

di Enrico Peyretti

Jean Pezet, Tu non ucciderai. Diario di un obiettore di coscienza alla guerra di Algeria, Ediz. Il pozzo di Giacobbe. Trapani 2010, p. 159, € 18,00

Avendo il solo merito di averlo scoperto in Francia, presento questo libro di testimonianza. Jean Pezet lo pubblicò a proprie spese trent’anni dopo i fatti, senza trovare l’ascolto che attendeva nella Chiesa cattolica, a cui principalmente si rivolgeva. Tuttavia contribuì a far vivere il dibattito morale e politico in Francia.

Il vescovo Raffaele Nogaro, nella Prefazione, osservato che neppure il Concilio condannò la guerra come male assoluto, scrive: «Il comportamento della Chiesa in questa indulgenza verso la guerra è una delusione permanente del Vangelo», ma afferma di avere incontrato in Pezet «un obiettore di coscienza allo stato puro», segno di una luce interiore.

Pezet fu processato due volte e condannato a tre anni di prigione. Il momento che spinge irresistibilmente la sua coscienza a rifiutare di partecipare alla guerra è l’esercitazione ad uccidere, sparando su sagome di legno. Più forte di tutto è il principio supremo: neppure imparare a togliere la vita a nessuno. Jean non è un fanatico. La sua decisione non è facile. Argomenti usuali, portati da preti e da militari, e il senso della solidarietà coi compagni, gli pongono ad un certo momento dei dubbi, ma su tutto brilla quella chiarezza interiore decisiva.

Il suo richiamo alla Chiesa cattolica, e in genere alle religioni e spiritualità, è sempre attuale. Da queste forze morali – che spesso intrattengono concordati e patteggiamenti con le forze politiche e le culture dominanti – dovrebbe arrivare ad ogni coscienza personale non un comando, non un’assoluzione politica, ma un sostegno profondo ai cuori tesi a maggiore giustizia e verità di vita.

Il saggio di Sergio Tanzarella, aggiunto al diario di Pezet, ricostruisce accuratamente, seguendo in buona parte l’impegno allora profuso da Lanza del Vasto, il dramma morale francese di quella guerra e la insufficiente denuncia dei metodi disumani largamente applicati in essa, come la tortura. Questa lettura impressiona e fa pensare chi come me era allora consapevole, ma solo parzialmente informato. Su fatti simili che accadono oggi, nelle guerre, nelle azioni segrete della ragion di stato, nei crimini dell’economia, nel trattamento degli immigrati, ci sarà rimproverato fra cinquant’anni dai nostri nipoti di non avere abbastanza oggi gridato e agito in difesa delle vittime?