SU BURKA, CROCEFISSO E AFFINI

di Isa Demaria

Osservazioni di una laica, non credente

* Ritengo che indumenti quali burka, niqab o altri che coprono totalmente corpo e volto, al massimo escludendo gli occhi, siano di fatto strumenti di oppressione delle donne, che impediscono loro una normale vita sia pratica ( attraversare in sicurezza una strada, leggere una insegna, guardare un tramonto, guidare) ed anche una vita di relazione al di fuori delle mura domestiche. Neanche le altre donne “coperte” sono infatti riconoscibili, per strada, se non accompagnate da mariti o figli che ne consentano l’identificazione. Da questo punto di vista burka e affini rendono le donne “impedite”, come un tempo i piedi fasciati delle cinesi, e le “cancellano” dalla vita sociale.

* Diverso è il caso del “velo” che copre i capelli ed eventualmente il collo o di un abito a maniche lunghe, indumenti che non impediscono una normale vita sociale e di lavoro a milioni di donne islamiche, ad esempio in oriente.

* Detto questo, ritengo anche che siano solo queste stesse donne “coperte” possano attuare un percorso di liberazione, anche nei loro paese, percorso che non può essere imposto dall’ esterno: Questo non significa rinunciare a fare una battaglia culturale , visto che rispettare le altre culture non significa non denunciarne gli aspetti negativi, allo stesso modo in cui dobbiamo ascoltare e valutare le critiche al nostro modello di vita. Rispetto vuol dire confronto, discussione, non accettazione (altrimenti dovremmo giudicare “indiscutibili” le mutilazioni genitali, il rogo delle vedove ecc..).

* Se la critica all’ uso del burka è inevitabilmente solo un elemento di confronto culturale con chi vive in un paese arabo/islamico, si pone invece un problema diverso con le donne mussulmane che vivono in paesi occidentali. In questo caso ritengo vada tenuto fermo il principio del rispetto delle tradizioni religiose nella misura in cui queste non entrano in conflitto con le leggi del paese di residenza. I simboli religiosi (crocefissi o altro) portati sulla persona sono la manifestazione di una scelta personale insindacabile mentre l’abbigliamento deve rispettare il principio della “riconoscibilità” della persona e del rispetto delle sua integrità personale: quindi non si possono accettare pratiche oggettivamente “mutilanti” e deve essere scoperto l’ovale del volto. Questo vale anche per l’uso non religioso di passamontagna o caschi integrali , ammissibili solo in casi speciali (freddo polare o moto in corsa) : in ogni caso il volto deve essere scoperto a richiesta in ogni caso in cui sia necessaria l’identificazione (es. ritirare una raccomandata, ottenere un libro in prestito….).

* Le donne che non siano disponibili ad accettare queste regole comuni non possono avere accesso ai servizi pubblici e devono essere dissuase anche dall’ uso del burka in pubblico. Non penso siano utili sanzioni, ma una azione di “dissuasione” educata, agita soprattutto dalle altre donne che hanno modo di interloquire con loro in qualche modo (es. madri di compagni di scuola dei figli, assistenti sociali, mediatrici culturali…). Occorre proporre loro una modalità di vestire rispettosa della “modestia” , ma non oppressiva. Ovviamente il “burkini” da bagno con volto scoperto è assolutamente accettabile.

* Come simbolo religioso il crocefisso nei luoghi pubblici (scuole, uffici…) risulta “imposto” a chi ha opinioni diverse. Perché non esporre anche un Buddha, una scritta islamica o un simbolo della Ragione? E gli atei? Per rappresentare la loro opinione va esposto un triangolo con l’occhio e un NO sopra

* Come simbolo “culturale” attestante che la storia dell’ occidente si è intrecciata con il cristianesimo :
1. è un promemoria inutile , per chiunque conosca la storia
2. andrebbe , se deve svolgere la funzione di pro memoria delle radici culturali, affiancato dai simboli delle altre idee forti del mondo occidentale : la filosofia greca, l’umanesimo, l’illuminismo ma tale sfilata di simboli è ridicola

* Attualmente la presenza del crocefisso in alcuni luoghi pubblici non è avvertita in quanto lo stesso costituisce un arredo, come un orologio o un manifesto . Ma tale riduzione a “oggetto insignificante” non risulta lesivo proprio per i credenti?

* Ritengo in sintesi pienamente accettabile la decisione europea di eliminare il crocefisso dai luoghi pubblici.

* Diverso il discorso per chiese, campanili, minareti e simili: è lecita la presenza “pubblica” delle religioni, perché nel rispetto delle leggi e non è possibile affermare il diritto dei singoli ad avere una religione senza consentire anche l’edificazione dei rispettivi luoghi di preghiera, purchè su terreni e con finanziamenti della stessa comunità di credenti.

* Inoltre chiese e campanili sono parte del paesaggio “storico” ed anche chi è di fede diversa o nulla è abituato a vederli e ne apprezza la bellezza. Potrà essere così anche per altri edifici di culto: come ci siamo abituati a vedere sinagoghe, templi valdesi o di altre religioni “occidentali” ci possiamo abituare benissimo a vedere pagode e moschee. Se la società diventa multiculturale anche il paesaggio si modifica di conseguenza, si spera con un aumento di bellezza.