Lo scandalo del sacro

di Enzo Mazzi
da www.ilmanifesto.it

Questo montante dilagare dello scandalo della pedofilia nel cuore della istituzione ecclesiastica cattolica a tutte le latitudini pone gravissimi problemi al senso di appartenenza ecclesiale in settori sempre più ampi del cattolicesimo mondiale. Il potere ecclesiastico, che per lunghi anni ha cercato colpevolmente di nascondere il fenomeno dietro una cortina di silenzio, sembra aver capito che il tempo dell’onnipotenza del mondo del sacro è ormai finito.

L’abito talare, lo zuccotto rosso o la tiara papale non garantiscono più la immunità di fronte alla giustizia terrena. E il potere della informazione ha stracciato definitivamente il “velo del tempio” penetrando impudicamente nelle oscurità delle sacrestie, dei collegi cattolici, dei conventi, e perfino dei palazzi apostolici.

Di fronte a un quadro così complesso, che richiederebbe tanta saggezza, capacità di rinnovamento e lungimiranza, è sconcertante che i massimi vertici della gerarchia cattolica si attardino ancora nel riproporre i vecchi schemi della unicità-perennità della Chiesa e del centralismo-assolutismo del papato. E che continuino a guardare con sospetto a ciò che si muove alla base della Chiesa e a tentare ancora la via ormai anacronistica della repressione verso lo sviluppo del conciliarismo.

“Ogni volta che nella Chiesa si affronta un periodo di declino – ha detto il Papa ieri – si affaccia anche un utopismo spiritualistico”, che porta alcuni a sognare la nascita di una “altra Chiesa”. Una sorta di “utopismo anarchico”, come quello ispirato nel Medioevo da Gioacchino da Fiore, si insinuò nel Concilio Vaticano II, ma “grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro hanno saputo difendere, con le novità del concilio, anche l’unicità della Chiesa”.

Quello che il papa vede come un pericolo è da molti ormai considerato come l’unica possibilità di futuro per una fede cristiana liberata da dominio medioevale del sacro.

Gioacchino da Fiore, vissuto nella seconda metà del XII secolo, monaco del monastero cistercense di S.Giovanni in Fiore, nella Sila, si rese interprete delle attese delle classi umili di quel tempo. A cominciare già dagli inizi del secondo millennio era avvenuta una grande trasformazione della società feudale: il declino del sistema di dipendenza della servitù della gleba e la nascita di comunità di villaggio dotate di una certa autonomia e formate da contadini non più servi della gleba.

Questo porta una nuova cultura, la cultura della cooperazione e della solidarietà. E’ in questo clima che il monaco cistercense Gioacchino da Fiore lancia l’annuncio della liberazione da tutti i poteri che in diversi modi dominano dall’alto e l’avvento di una società dello Spirito e dell’amore universale. Un annuncio che in diverso modo nutrirà tutte le rivoluzioni moderne, come ci dicono molti storici autorevoli.

Tracce della profezia di Gioacchino da Fiore si possono ritrovare nel modernismo a cui guardava con simpatia papa Giovanni e nei movimenti della liberazione post-moderna come ad esempio nella riflessione di un Teillard De Chardin, nelle comunità di base e nella Teologia della liberazione.

Altro che utopismo anarchico. E’ il futuro che si delinea.

Utopismo lontano dalla realtà appare piuttosto questa insistenza nel blindare la Chiesa nel bunker del sacro illudendosi che in tal modo essa possa sfuggire alle sfide della secolarizzazione. Gli orrori della pedofilia così come tutto il marcio che emerge dal buio degli spazi sacri non si può più affrontare con quell’assolutismo gerarchico che è la radice stessa dei mali della Chiesa. Occorre aprire porte e finestre allo Spirito che alimenta i “segni dei tempi”.