Il bluff dell’emergenza rifiuti [non] risolta in Campania

di Cecilia Anesi e Giulio Rubino
da www.carta.org

Nel napoletano e nel casertano è di nuovo emergenza rifiuti. Ma era davvero finita? Un altro dei bluff del governo Berlusconi smascherato, come a L’Aquila, semplicemente andando a verificare sul campo. Lo hanno fatto due documentaristi, che raccontano una situazione che «puzza» e la popolazione sempre più allarmata per la salute. Intanto è prevista l’apertura di un’altra discarica, ancora nel parco nazionale del Vesuvio

Gli scandali che ultimamente hanno colpito Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi per molti non sono stati una sorpresa. Specialmente in Campania, dove la cittadinanza ha guardato con sconcerto, per tutta la durata dell’ultimo commissariato, ai controversi provvedimenti voluti per risolvere l’emergenza rifiuti. Discariche nei parchi nazionali, grossi impianti di inceneritori che funzionano ancora solo parzialmente, innumerevoli siti di stoccaggio «temporaneo» di rifiuti che prendono fuoco con regolarità. Molte di queste discariche sono state costruite addirittura sopra a vecchi siti di sversamento abusivo, e mai una bonifica, mai un sito di compostaggio funzionante, mai un dialogo costruttivo con la popolazione spaventata dall’aumento di tumori e malattie croniche in tutta la regione.

La confusione che sovrasta la vera data della vera fine dell’emergenza rifiuti parla da sé. Bertolaso ne dichiara la fine il 18 dicembre 2009, mentre la legge 123 del 2008 sancisce il termine ufficiale dello stato emergenziale al 31 dicembre 2009, ma il primo ministro Berlusconi la dichiarava terminata già a luglio 2008 dando nuovamente il benvenuto a Napoli in Occidente. Certo è che adesso la situazione è regolata da un neonato decreto, il 195 del 2009, e gradualmente la gestione dovrebbe passare dalle mani del Commissariato alle mani della Regione e delle Province. Ma basta alzare un telefono e chiamare l’Osservatorio provinciale rifiuti di Napoli chiedendo dei semplici dati sulle discariche per capire in che stato di caos versino le istituzioni locali in materia.

Inoltre, non tutte le discariche previste dal decreto legislativo 123 sono state aperte entro la fine ufficiale del periodo emergenziale, che fornisce allo Stato la possibilità di andare in deroga alle normative nazionali ed europee in materia di rifiuti. É proprio grazie all’emergenza che è stato possibile creare una discarica, quella di Terzigno, all’interno di un’area naturale protetta, cioè all’interno del Parco nazionale del Vesuvio, e di farla diventare un enorme ingurgitatore di un mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti pericolosi quali fanghi industriali e ceneri tossiche di inceneritore. E però, in nome dell’emergenza, quando c’è bisogno di fare le cose in fretta, si può anche fare uno strappo alla regola.

Non si spiega però la decisione dell’ultimo mese di aprire una seconda discarica nel Parco, che, pur essendo prevista dalla legge 123, non è stata aperta fino ad oggi dimostrando di non essere essenziale per la risoluzione dell’emergenza rifiuti. Infatti Bertolaso, giusto in tempo prima che lo stato emergenziale finisse [per decreto], ha convocato una conferenza di servizi a palazzo Salerno a Napoli il 30 dicembre 2009. Alla conferenza viene discussa l’apertura di una nuova discarica nel Parco del Vesuvio, in località Cava Vitiello, che dovrebbe coprire uno spazio cinque volte maggiore a quello coperto dall’attuale discarica in località Pozzelle. Bertolaso non è presente perché si sta occupando dell’esondazione nel Lucchese, ma il prefetto fa le sue veci e la conferenza raccoglie una maggioranza di pareri contrari, inclusi quelli dei tre sindaci di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase e del commissario di Terzigno. Viene detto però che il Commissariato all’emergenza rifiuti, e dunque lo Stato italiano, si riserverà la possibilità di aprire comunque la discarica qualora lo dovesse ritenere necessario. E’ infatti dell’8 febbraio scorso la comunicazione ai quattro comuni vesuviani che annuncia le volontà del consiglio dei ministri: via libera alla nuova discarica. E anche questa dovrebbe ospitare, da decreto, un bel mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti tossici. Ma non viene spiegato come verrà giustificata la deroga alle normative europee, adesso che l’emergenza non c’è più. Il fatto che oggi sia lo Stato a fare quello che prima faceva la camorra sembra non destare alcuno scandalo.

La puzza di morte causata dalla discarica esistente è gia tale che le persone non riescono a sostare nelle piazze dei quattro paesi, è difficile immaginare lo scorrere di una vita normale in un futuro ornato da due megadiscariche affiancate l’una all’altra. Lo scempio non si ferma alle falde del Vesuvio, lo scempio ambientale in Campania continua, ricordando irreparabilmente la Leonia di Calvino, una città discarica che straripa, che si allarga in una miriade di mini discariche abusive che scivolano sull’orizzonte interrotto solo da mostri di cemento. L’emergenza è ormai parte del paesaggio. Le intercettazioni incluse nell’ordinanza del gip Rossana Saraceno, relativa all’inchiesta «Rompiballe», già da due anni avevano sollevato seri dubbi sulla qualità degli interventi di Bertolaso in Campania: «tu fai tutto quello che può essere utile, che può servire. Io ho un obiettivo preciso: sputtanare i tecnici del ministero dell’ambiente», dice Bertolaso a Marta Di Gennaro, in una conversazione telefonica del 17 maggio 2007, e ancora, parlando della discarica di Terzigno, la Di Gennaro spiega «Noi stiamo parlando di una discarica da truccare e voi ci dovete aiutare». Ci si potrebbe aspettare che simili informazioni, una volta pubbliche, possano avere serie conseguenze sul commissariato, eppure l’ex sottosegretariato all’emergenza rifiuti si è saputo muovere fra le proteste e le polemiche che hanno accompagnato il suo mandato in Campania gestendo bene anche gli aspetti mediatici della questione.

Il 18 novembre 2009 Bertolaso organizza uno «spazzatour» per giornalisti scelti, visitano l’inceneritore di Acerra, che per l’occasione accende tutti e tre i suoi forni [nonostante siano ancora in fase di collaudo]. Ma gli aspetti che il tour di Bertolaso ha tralasciato sono molti: del resto il suo giro turistico è durato una mezza giornata: dalle 11 alle 15,30. Quando Coreri a gennaio ha organizzato un nuovo spazzatour per noi, ci sono voluti quattro giorni. E’ vero, a Terzigno non ci sono i gabbiani. E’ vero, a Ferrandelle neppure. Forse ai gabbiani non piacciono i rifiuti tossici. Ma ai giornalisti non è stato fatto girare l’angolo, non è stato fatto filmare e fotografare Marruzzella 3, dove i gabbiani semplicemente regnano. Maruzzella 2, in particolare, era un sito di stoccaggio di ecoballe. Oggi è difficile riconoscerle: le coperture sono stracciate, e solo in alcuni punti si può intuire che una volta quella massa informe era composta da ecoballe. Ai giornalisti non è stato neppure fatto vedere lo scempio dei Regi Lagni, dove ogni giorni avvengono ingenti sversamenti di rifiuti tossici e speciali, nella piena impunità. Non sono stati portati a Sant’Arcangelo Trimonte, in provincia di Benevento, non sono stati portati a Pustarza, in provincia di Avellino, dove tra campi di grano di un verde cangiante e ulivi secolari sono state costruite delle enormi montagne nere.

In una giornata di vento forte i teli si alzano, volano e svelano cosa ci sta sotto. Monnezza. Cascate di percolato che bucano la vasca di raccolta e si perdono nei campi. La puzza di decomposizione è, di nuovo, un incubo che ti accompagna tutto il giorno, anche dopo che rientri a Napoli, anche dopo la seconda doccia. Ed è proprio questa puzza che costringe le menti a domandarsi: è così che si risolve un’emergenza rifiuti? Spostando la monnezza dalla città alle campagne? Inquinando i terreni che ci permettono di vivere?

Anche fosse. Immaginiamo che fosse stato davvero necessario richiedere questo sforzo immenso alla natura, arrivando quasi a provocare il collasso della sua sostenibilità, e che adesso davvero si fosse risolto tutto: perché si decide di aprire un altro ecomostro a Terzigno? Quale monnezza deve finirci? Se l’emergenza è risolta, gli impianti Stir [ex-cdr] funzionano e la raccolta differenziata ha preso piede, se l’inceneritore termovalorizza e Bertolaso è il nostro eroe, allora a cosa serve un’altra megadiscarica? Forse le cose non stanno esattamente così. Perché da decreto 90 la Cava Vitiello a Terzigno va aperta, e va aperta anche un’altra megadiscarica a Campagna [Salerno], nella valle del Sele. Anche a costo di andare contro tutti, parchi naturali, oasi Wwf e sindaci compresi. Perché? Perché la monnezza è oro.