Pseudocattolici e demagoghi

di Franco Cardini
in “Europa” del 3 aprile 2010

Le decisione dei governatori neoeletti del Veneto e del Piemonte, di “bloccare” la distribuzione
della “pillola abortiva” Ru486 già pronta per essere somministrata alle pazienti previa
ospitalizzazione (per gravidanze di epoca inferiore a 49 giorni), ha provocato un’ondata di
prevedibile e comprensibile entusiasmo presso molti cattolici e alcuni esponenti dell’autorità
ecclesiale; e una non meno prevedibile e comprensibile ondata di proteste e di polemiche in
ambienti laicisti e femministi. Tutto ciò, essendo appunto prevedibile e comprensibile, non appare
granché interessante.

Di grande interesse, invece, sono due punti rimasti finora piuttosto in ombra. Primo: perché non
tutta la Chiesa nelle sue espressioni ufficiali e non tutto il mondo cattolico si sono associati
all’entusiamo di alcuni? Secondo: che cosa può aver spinto due giovani neogovernatori a un passo
che obiettivamente li pone in una situazione giuridicamente difficile e fa dubitare che essi abbiano il
diritto di far ciò che fanno, ammettendo che la loro scelta non dipenda tutta e soltanto da un
profondo convincimento antiaborista? La risposta alla prima domanda non sta nella superficiale
constatazione che esistono, nella Chiesa e nel mondo cattolico, aree di “maggiore” o di “minore”
attrazione per tesi che oggi si definirebbero (impropriamente) “fondamentaliste”, e aree invece nelle
quali è più diffuso e radicato il convincimento che il dialogo con i laici e i noncredenti vada portato
avanti con caratteristiche di prudenza e di cautela che possono giungere fino al compromesso.

Il punto è che, piaccia o no ai cattolici (a me personalmente, lo dico appunto da cattolico, non
piace), noi viviamo oggi in un paese a maggioranza cattolica ma nel quale – come del resto altrove
in Europa e nel mondo – la Chiesa ha accettato dialogo e convivenza con forze e soprattutto con
istituzioni laiche: il che comporta evidentemente un rigoroso rispetto reciproco, una reciproca lealtà.
In Italia, viviamo in un paese nel quale l’aborto è consentito, a patto che venga praticato a
determinate condizioni ed entro il terzo mese. I cattolici sono naturalmente impegnati – in ciò la
Chiesa è esplicita – a usare tutti i mezzi legalmente disponibili affinché una donna sia dissuasa
dall’abortire: ma, se è ammissibile che un medico cattolico opponga “obiezione di coscienza” a
un’operazione chirurgica abortiva, va da sé che per il resto i cattolici italiani siano tenuti, come
cittadini, a rispettare la legge che consente a chi voglia di abortire entro il terzo mese. In ciò, la
prassi medica correlata alla pillola Ru486 introduce comunque una restrizione: il termine d’efficacia
del trattamento è ristretto a sette settimane, due meno di quelle entro le quali è lecito l’intervento
chirurgico abortivo. Se a ciò si aggiunge che il trattamento Ru486 è meno traumatico, rischioso e
invasivo di quello chirurgico, se ne deduce che le cittadine venete e piemontesi che vorranno
comunque abortire – cosa deprecabile, ma non illegale – saranno costrette a scegliere la via
chirurgica, a differenza delle loro concittadine di altre regioni.

È giusto, legittimo, morale tutto questo? Ciò dà ragione del fatto che governatori di regione
dichiaratamente cattolici non si siano allineati sulle posizioni di quelli veneto e piemontese, che fino
a ieri non risultava brillassero per speciale devozione (anche provenendo da un partito che, fino a
pochi mesi fa, praticava sacrifici al dio Eridano: d’altra parte è noto che i neofiti sono sempre più
rigorosi dei vecchi credenti).
Da qui discende la seconda questione: perché Cota e Zaia hanno assunto un provvedimento del
genere? Lasciamo da parte il tema relativo alle loro prerogative e competenze: non si vuole qui
stabilire se abbiano o no il diritto di far ciò che hanno fatto, poiché su ciò si esprimeranno gli organi
competenti.

La faccenda che qui ci riguarda è relativa alle loro intenzioni: e il “processo alle intenzioni”,
sovente antipatico, è pur talora utile e legittimo. Qui siamo nello stesso ambito della lotta leghista
per il crocifisso in tutti gli edifici pubblici (Castelli lo voleva addirittura sulla bandiera nazionale),
la lotta che la Lega ha inaugurato da alcuni mesi nel nome – come dicono innumerevoli scritte per
le strade – “per la civiltà cristiana”.
È evidente che stiamo vivendo un periodo di grave disorientamento e di crisi dei valori che investe
soprattutto i giovani e i giovanissimi. Ma è non meno evidente che questo vuoto preoccupa e spinge
alla ricerca di surrogati.

Senza valori, non si vive: se quelli autentici fanno difetto, se ne inventano di magari meno buoni,
ma di più rumorosi. Nella storia dei tre secoli or ora passati, ciò è già accaduto più volte.
In un mondo di ragazzi che ormai non parlano nemmeno più di sport, di donne e di motori come
una volta, ma di telefonini e di cose da acquistare nei centri commerciali; in un mondo in cui i
ragazzi vogliono andare al Grande Fratello e le ragazzine carine sognano di far la cubista, la
proposta di un nuovo cattolicesimo “duro-e-puro” può essere una ventata di ardente novità.
Ma l’obiettivo ultimo d’una campagna para-ideologica vòlta a proporre un rinnovante radicamento
identitario fondato sui valori della fede, non è certo la diffusione di temi teologici e sacramentali e
tantomeno l’etica sessuale cattolica: la carta che i dirigenti di un partito che si sta ormai proponendo
come il “motore attivo” del centrodestra e che ha bisogno di valori forti da spendere
demagogicamente è il “conflitto di civiltà”. Si semina cattolicesimo antiaborista perché si vuol
raccogliere pseudocattolicesimo xenofobo.

E difatti, se il papa viene applaudito quando parla di aborto e di famiglia, è sintomatico che quasi
non lo si ascolti nemmeno quando parla di ingiustizia sociale e di fame nel mondo.
Viviamo un momento politico difficile e pericoloso. Nonostante l’apparente vittoria, il berluskismo
scricchiola, com’è provato sia dall’episodio dell’insubordinazione dei suoi inquieti colonnelli che
ha provocato la mancata presentazione delle liste nel Lazio, sia dall’inquietudine di Fini ch’è la
punta dell’iceberg dell’insoddisfazione di tutta una parte del centrodestra. Alle ultime elezioni, si
sono affermati i nuovi estremismi: la Lega nel centrodestra, l’Italia dei Valori nel centrosinistra.
La malattia politica del sistema- Italia sta facendo progressi: e di questo passo il postberluskismo
potrebbe essere un passo ulteriore verso il peggio al quale, com’è noto, non c’è mai fondo.
Ecco perché i cattolici non debbono lasciarsi ingannare. La lotta contro l’aborto si vince
convincendo le donne a non abortire e creando istituzioni e strutture sociali che consentano a tutte
loro di mettere al mondo e di crescere in pace un figlio: non inventandosi “rimedi” illegali che
obbligano le più decise o le più disperate a farsi operare.

E gli antiabortisti che auspicano l’affondamento dei gommoni dei clandestini e che vorrebbero
escludere un bambino dal diritto ad avere una casa, a frequentare una scuola, a fruire di un postomensa,
solo perché è extracomunitario, non sono cattolici nemmeno se si riempiono la casa di
crocifissi.