Contro la Ru486 una crociata oscurantista e antiscientifica

di Giulia Cerino
da www.micromega.net, 2 aprile

Altro che zucchero, questa pillola, in Italia, non va proprio giù. La crociata contro la pillola abortiva Ru486 non si arresta neanche di fronte alle raccomandazioni del ministro della Salute Ferruccio Fazio o di fronte alla tranquillità manifestata dall’Agenzia del Farmaco. “Violazione della legge 194, ricovero ospedaliero obbligatorio, obiezione di coscienza”. Chi osteggia la Ru486 si appiglia a questo e ad altro e prende in considerazione solo il punto di vista statunitense: pochi dati completi, troppe morti provocate dal farmaco e dubbi sulle procedure.

Ma non c’è niente da temere. La pillola è uno strumento sicuro. Tant’è vero che “sostenere la commercializzazione della Ru486 – spiega Vincenzo Spinelli, Direttore sanitario dei consultori dell’Associazione italiana per l’educazione demografica (Aied) di Roma – significa basarsi su dati scientifici prodotti nel corso della ventennale esperienza di uso del farmaco, approvato dalla Commissione europea nel giugno 2007 e da questa riconosciuto come prodotto ‘sicuro ed efficace’”.

Cos’è la Ru486? “Il mifepristone è uno steroide sintetico utilizzato come farmaco per l’aborto chimico fino alla settima settimana completa di gravidanza. Questa molecola – aggiunge il Direttore – è anche chiamata Ru486 e agisce staccando l’embrione dall’utero, dilatando il collo e rendendolo più sensibile agli effetti della seconda pillola: il misopristolo, una molecola assunta a distanza di 48 ore dalla prima che aumenta la contrazione dell’utero e permette l’espulsione del feto. Prese entrambe le pillole portano all’aborto farmacologico”.

Complicare l’accesso alla Ru486 significa spingere le donne a optare per altre soluzioni. “Il mifepristone – spiega un professore lombardo di ginecologia che chiede di non essere citato ‘perché la gente può fraintendere’ – è una molecola già presente in un preparato che serve per curare la gastrite. Fino a due mesi fa bastava andare alla stazione centrale di Milano per comprare pastiglie abortive”. In Francia, per esempio, nel 1982 fu commercializzata la pillola ma le multinazionali scelsero di non fornirla alla Cina. Risultato? I cinesi ne fecero una copia.

L’efficacia della Ru486 è provata al 97% tant’è vero che il Sant’Anna di Torino l’ha sperimentata su 3000 casi, finiti bene. Rispetto all’intervento chirurgico, la Ru486 rappresenta un’alternativa che riduce i rischi correlati alla lesione dell’utero, che non prevede anestesia e può essere praticata molto precocemente, il che è sovente percepito come un sollievo psichico.

Ma il Consiglio superiore di Sanità ha deliberato che “l’unica modalità di erogazione” per la Ru486 è il ricovero ospedaliero. Una procedura, questa, che non è prevista neanche per l’aborto chirurgico. Perché? “Stanno creando una tempesta in un bicchier d’acqua. L’assunzione in ospedale è prevista dalla 194. Quello che non tutti considerano – spiega Spinelli – è che l’aborto farmacologico avviene tecnicamente quando si ingeriscono le pillole”. Tradotto, una donna può masticare il farmaco e andarsene. Senza aver violato la 194. A proposito di sicurezza poi, affinché tutto vada bene, in regime di day hospital, è sufficiente che la gravidanza non abbia superato il 49esimo giorno dall’ultimo ciclo mestruale, periodo in cui non ci sarà bisogno di uno svuotamento chirurgico della cavità uterina per incompleta o mancata espulsione dell’embrione.

Non basta. Ancora da chiarire sono le reali possibilità che le Regioni sostengano i costi dei ricoveri. La Regione Lazio, per esempio, ha già un buco di un miliardo e 700milioni di euro.

E a chi ribadisce il suo no alla pillola abortiva “interpretando appieno le parole del Papa”, e temendo che si possa diffondere la pratica dell’aborto come preannuncia il neo eletto Zaia, replica Ettore Cavilli, medico e professore di ginecologia presso l’Università di Perugina. Per lui infatti “abortire in questo modo è doloroso. Si va incontro a nausea, vomito, e perdite di sangue improvvise. La comunità scientifica garantisce: le donne che accetterebbero di subire un tale trattamento saranno poche”. Si tratta infatti di un aborto “attivo” da decidere in pochi giorni, altrimenti scadono i tempi. “Quello chirurgico – spiega ancora Cavilli – è sempre preferito perché è più ‘silenzioso’, ci si affida all’anestesia. I numeri parlano chiaro. Dal 1982 le interruzioni sono diminuite ogni anno di più. Semmai per fermare gli aborti serve dell’altro: l’educazione sessuale nelle scuole e il potenziamento delle attività cliniche e informative dei consultori, la libera distribuzione dei contraccettivi di emergenza (la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, in Europa è un prodotto da banco ma in Italia occorre ancora la ricetta medica, spesso negata), le politiche per la riduzione del disagio socio-economico delle donne e delle famiglie, i servizi all’infanzia, l’appianamento delle disuguaglianze retributive tra uomini e donne.

Alla fine, la questione del ricovero obbligatorio utilizzata come deterrente risulta malposta. Come se ognuno non fosse libero di scegliere. Quasi come se gli ospedali si fossero all’improvviso tramutati in carceri.