DIBATTITO SUL CELIBATO. Far emergere le contraddizioni è segno di laicità

Comunicato Stampa Ass. sacerdoti sposati
da http://nuovisacerdoti.altervista.org, 30 marzo 2010

Tra le religioni monoteiste, la Chiesa cattolica romana è la sola ad essere fedele alla disciplina del celibato imposta a partire dal Concilio del Laterano, nel 1123.

Il celibato è figlio di un’epoca storica, non ha riferimenti biblici: C’è stata una lunga fase della storia della Chiesa dove questo non era dirimente. Il celibato è figlio di una stagione, è evidente che sarebbe una discussione franca, aperta e molto diversa da quella che fino ad ora si è posta sui giornali. Questo è uno dei tanti ambiti in cui noi cristiani abbiamo bisogno anche di una lettura ecumenica, sulle diverse lettura che sono state fatte anche nel celibato nelle altre Chiese cristiane. Sono i modelli quelli che contano. Se l’abolizione del celibato per i sacerdoti producesse modelli di presbitero così come quelli che abbiamo visto e conosciuto – con tutte le difficoltà e i problemi e anche l’incapacità di rapportarsi ad una modernità in chiave positiva – mi verrebbe da dire sì va bene, però poi non cambia nulla. Dovrebbe cambiare il modello, e quindi ci si dovrebbe reinterrogare su tutta la struttura della comunità, su che cosa vuol dire la necessità di valorizzazione dei carismi all’interno delle comunità, come diceva già Paolo nella prima lettera ai Corinti. Perché quello che manca oggi è questo! Non possiamo prendere un pezzettino, togliere di qua ecc… perché rischiamo di non cogliere il bersaglio, il tema. Il soggetto su cui riflettere oggi che è: che cos’è la comunità? la qualità della comunità?»

Secondo un sondaggio in Svizzera il 92% dei cittadini è contrario al divieto di sposarsi. «Voglia Dio che questo scandalo possa riaprire quanto prima il dibattito sul celibato obbligatorio per il clero diocesano – dice il domenicano Frei Betto, uno dei padri della teologia della liberazione -.Per la Chiesa il matrimonio è un sacramento, come lo è l’ordine sacerdotale. Non c’è nessuna incompatibilità tra matrimonio e sacerdozio. È il tabù sessuale dentro la Chiesa a contribuire a creare il retroterra culturale favorevole alla nascita di aberrazioni come la pedofilia». Frei Betto spera «che la Chiesa cambi quanto prima la norma sul celibato obbligatorio dei sacerdoti». Anche gli scandali, sostiene, possono «rivelarsi utili» per fare passi in avanti nel miglioramento della vita ecclesiale. «Il celibato dei sacerdoti non è un dogma ma una norma ecclesiastica che può essere modificata in base alle condizioni storiche, sociali e culturali – evidenzia Frei Betto -.Nel Vangelo di Marco ad esempio si racconta che Gesù guarì la suocera di Pietro segno che l’apostolo era sposato. E Pietro non è solo uno dei dodici apostoli ma quello che fu scelto da Gesù come primo Papa». Esponenti dell’ala progressista della Chiesa sudamericana hanno invocato più volte in queste settimane la convocazione da parte di Benedetto XVI di un nuovo Concilio, anche per abolire il celibato. E anche il valdese Paolo Ferrero, leader della Federazione di sinistra, chiede al Vaticano di abolire il celibato che «da questione ecclesiologica interna alla Chiesa cattolica è diventata una pratica pericolosa socialmente»

Il celibato come tale esiste da sempre, nella storia del Cristianesimo, e nel Vangelo Gesù stesso ne parla come di un“dono dall’alto” dato “non a tutti,ma solo a chi può accoglierlo”. Certamente nella pratica di vita esistono cristiani celibi – uomini e donne – fin dal primo secolo, ma nei primi due secoli ideale cristiano per eccellenza era il martirio. Finite le persecuzioni, emerse l’ideale della verginità, cioè del celibato. Ma non fu regola. Ecco il mio disaccordo: il celibato dei preti non fu regola che molto più tardi, e fu così poco indiscussa che fino ad oggi la stessa Chiesa cattolica non ne fa obbligo per i preti di rito orientale, cattolici come quelli di rito latino, che possono anche essere sposati. Per tutto il primo millennio, preti sposati e preti liberamente celibi, vescovi sposati e vescovi celibi, anche Papi sposati, non meno di quattro, tra cui S. Ormisda, e due Papi sposati erano anche figli di Papi. La “regola indiscussa” risale al 1139, dopo lo scisma d’Oriente, cosa che ha consentito alle Chiese ortodosse di mantenere il presbiterato sia sposato che celibe, e fu confermata dal Concilio di Trento, a metà del secolo XVI, con la curiosa annotazione, però, che ben due dei quattro Papi di quel Concilio avevano figli, e non tutti legittimi. E allora? Allora la disciplina storica del celibato non è “di fede”, e come è invalsa potrebbe essere cambiata.

È la soluzione del problema della pedofilia? No certamente. Una sessualità malvissuta può essere sia di celibi, che di sposati. È il rimedio alla mancanza di vocazioni? Non del tutto, giacché anche le Chiese evangeliche che hanno pastori sposati hanno difficoltà in proposito. E tuttavia c’è un fatto gigantesco, tutto cattolico: oggi ci sono circa 60.000 preti cattolici che hanno lasciato il ministero perché hanno scelto di sposarsi. Ovvio che finché la regola della Chiesa latina resta il celibato legato per principio al Sacerdozio sia giusto così: un prete che ritiene di aver ricevuto il dono dell’amore di una donna ha lo stretto obbligo o di rinunciare a questo dono o di chiedere la dispensa e vivere il suo matrimonio da fedele laico. Lo impone la fedeltà alla promessa di celibato e il rispetto della donna: la doppia vita è una ignominia per chiunque e umilia la donna. La domanda vera è se sia giusto e conveniente che la regola del celibato resti universale e obbligatoria. Molti, anche ai vertici della stessa Chiesa cattolica, oggi pensano di no.

Il mondo della laicità,la professionalità e, implicitamente, l’opera di disintossicazione mentale ed emotiva sono degli ambiti di depurazione per i sacerdoti sposati non più in servizio respirando a pieni polmoni l’aria della libertà.

Se è sicuro che l’abito non fa il monaco, è altrettanto vero che non basta sostituire la tonaca con anonimi Jeans per dire che non si è più preti. È l’abito mentale quello che più conta.

Cambiare non è facile. Certe forme patologiche riscontrate nella struttura ecclesiale, come la difesa della vera fede, il fanatismo che rifiuta il diverso la tendenza alla scomunica fanno parte della storia della chiesa fin dalle sue origini e permangono in certi atteggiamenti di chi dai suoi vincoli si è sciolto.

Occorre esserne consapevoli e mantenere fede al principio dell’unità nella diversità. La globalizzazione con la tendenza al pensiero unico trova nella chiesa un solido appoggio. La nostra associazione è la dimostrazione che andare in controtendenza si può.

Le contraddizioni stanno facendo scoppiare la struttura ecclesiale, proprio per mancanza di dialogo e di democrazia: la schizofrenia fra la dottrina e la prassi, l’ipocrisia dei grandi principi contraddetti dai comportamenti, sono atteggiamenti non più tollerabili nell’epoca della comunicazione globale. L’esempio dei preti pedofili è la dimostrazione planetaria che la repressione sessuale presenta dei conti salati. Il celibato non sarà il tema d’elezione o di rivendicazione dei sacerdoti sposati ma è emblematico, assieme al tema dei divorziati e risposati, dell’eutanasia, delle coppie gay, della procreazione assistita, di un perverso modo di agire. Far emergere le contraddizioni è segno di laicità. Squarciamo il velo del tempio. Ma prima quello che copre ancora le nostre menti!